Firenze, 
mar 15 Maggio 2018
Asta Live 250
36

Giovanni Battista Gaulli, detto il Baciccio

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Giovanni Battista Gaulli, detto il Baciccio

(Genova 1639 – Roma 1709)

RITRATTO DI GIOVINETTO DI CASA MATTEI

olio su tela ovale, cm 64,5x48,5

 

Iscritto al retro della tela antica "RITRATTO DAL PENNELLO DEL SIG/GIO: BATTA GAULLI, DETTO, BACICCIA/L'ANNO 1681 D'APRILE”

Incollato al retro della tela, un cartellino ottocentesco di collezione iscritto a inchiostro “Ritratto di Personaggio di casa Mattei lavoro del Baciccia”.

 

Provenienza

Roma, collezione privata.

 

Bibliografia

F. Petrucci, Baciccio. Giovan Battista Gaulli 1639 – 1709, Roma 2009, p. 161, fig. 204 (riprodotto a colori); pp. 434-35, A 67.

 

Reso noto da Francesco Petrucci nella sua monografia sul pittore genovese, il dipinto qui offerto si caratterizza innanzi tutto per l’importante provenienza documentata dalla scritta al retro, così precisa nel ricordarne l’esecuzione nel mese di aprile del 1681 da non potersi ritenere di molto successiva a quella data.

È poi il cartiglio ottocentesco a indicare nonostante il silenzio degli inventari l’identità del ritrattato nell’ambito di quell’antica famiglia romana, nota innanzi tutto per la ricchissima collezione di antichità, la committenza di opere al Caravaggio e ai suoi primi seguaci, e la protezione accordata al giovanissimo Pietro da Cortona.

In considerazione dell’età dell’effigiato alla data del 1681 Francesco Petrucci suggerisce trattarsi del duca Alessandro Mattei, ancora minore all’epoca della scomparsa del padre, Girolamo Mattei marchese di Giove, nel 1676.

Il giovane aristocratico è qui ritratto in maniera del tutto informale, i lunghi capelli inanellati sciolti sulle spalle ed esaltati dalla seta dorata della veste da camera ricamata, lo scollo aperto con negligenza sulla camicia bordata di trine.

Una presentazione inusuale, nella ritrattistica del Gaulli per lo più dedicata, peraltro, ai più eminenti personaggi della curia romana. L’intimità con cui il nostro giovanetto si propone appare invece sensibile alle suggestioni di modelli internazionali proposti a Roma dal fiammingo Ferdinand Voet e destinati a grande attualità nel Secolo dei Lumi quando anche negli ambienti delle corti europee si tenderà a preferire immagini improntate alla più informale spontaneità.