Oggetti d'arte e Scultura, Porcellana e Maiolica

Firenze, 
gio 31 Maggio 2018
Asta Live 255
51

Scuola toscana, secolo XVIII

Offerta Libera
€ 12.000 / 15.000
Stima
Offerta Libera
Valuta un'opera simile

Scuola toscana, secolo XVIII

CARAMOGI

quattro sculture in terracotta, alt. cm 75 circa

 

Nella terza edizione del Vocabolario dell’Accademia della Crusca (1691, vol. 2, p. 287, consultabile on-line: www.lessicografia.it) alla voce Caramogio si legge: “Dicesi di persona piccola e contraffatta”. Si tratta infatti di un’accezione tutta toscana del genere della caricatura nella quale si distinse, nei decenni centrali del XVII secolo, il fiorentino Baccio del Bianco con le sue scenette giocose di nani impegnati a bere, a suonare strumenti musicali o a darsi battaglia a colpi di ciambelle, quelle “storie de’ caramogi” che secondo Filippo Baldinucci, “fece egli [Baccio] in atti e gesti sì nuovi, e sì bizzarri, che non è chi abbia veduto ancora cosa simile” (F. Baldinucci, Notizie de’ professori del disegno (1681- 1728), edizione a cura di F. Ranalli, Firenze 1847, vol. V, pp. 33-34).

Pur inserendosi all’interno di una tradizione che potrebbe essere fatta risalire alla poesia satirica e burlesca toscana che ebbe come protagonista all’inizio del Cinquecento Francesco Berni, è nella produzione grafica di Jacques Callot, e in particolare nella serie di acqueforti intitolata Varie figure di gobbi, venti tavole disegnate a Firenze nel 1616 ma pubblicate poco dopo il rientro dell’artista francese a Nancy, tra il 1621 e il 1625 - come indica il frontespizio -, che secondo la critica si inaugura in Toscana la moda delle figure caricate e dei caramogi (cfr. D. Ternois, Jacques Callot. Catalogue complet de son oeuvre dessiné, Paris 1962-1999, vol. I, pp. 40-41).

Lo stesso Callot e conseguentemente il già menzionato Baccio del Bianco e il più noto Stefano della Bella, nel mettere in scena goffi cavalieri e maldestre coppie che ballano dalle proporzioni deformate, oltre che ridotte, poterono senz’altro alimentare la loro fantasia dalla documentata presenza di nani alla corte dei Medici, protagonisti di spettacoli teatrali e, durante il carnevale, impegnati per esempio in singolari competizioni a cavallo di tartarughe (S. Cheng, Parodies of Life: Baccio del Bianco’s Drawing of Dwarf, in Parody and Festivity in Early Modern Art. Essay on Comedy and Social Vision, a cura di David R. Smith, Farnham 2012, pp. 127-141). Se la presenza di nani non è cosa inusuale nemmeno in altre corti europee, i Medici furono una delle prime famiglie a includerli nei manufatti artistici da loro commissionati: celebre è il nano Morgante la cui buffa figura, scolpita da Valerio Cioli nel 1560, andò a decorare, per volere di Cosimo I, una delle fontane del giardino di Boboli di Palazzo Pitti.

Concepiti per l’arredo di un giardino furono senz’altro anche i quattro allegri caramogi qui presentati, due abbigliati come giullari di corte mentre gli altri come gentiluomini.

Interessante e significativo è il confronto con i nani in terracotta che tutt’oggi decorano i pilastri e alcune panche all’interno del giardino del Casino Guadagni a Firenze, oggi meglio conosciuto come Palazzo San Clemente, sede della facoltà di Architettura (via Micheli 2, angolo via Gino Capponi). Si tratta di due contadine e due villani, intenti l’uno a mangiare e l’altro a bere, unici superstiti del cospicuo nucleo di statue di soggetto villereccio e venatorio, realizzate per lo più da uno dei principali scultori fiorentini di metà del Seicento, Domenico Pieratti, a partire dal quinto decennio del Seicento. La loro ideazione è stata accostata proprio alle bizzarre invenzioni di Baccio del Bianco, attivo all’interno del Casino Guadagni negli affreschi di alcune sale (cfr. R. Spinelli, Indagini sulle decorazioni secentesche del Casino Guadagni “di San Clemente” a Firenze, in “Centro Internazionale d’Arte e di Cultura di Palazzo Te”, 1996, pp. 63-64).

I nostri caramogi, forse un’allegoria dell’autunno, per i grappoli d’uva che tengono trionfalmente nelle loro mani, possono essere collocati nella seconda metà del XVIII secolo.