COPPIA DI TORCERE MONUMENTALI, LONDRA, 1830 CIRCA
in bronzo dorato, pedana di forma triangolare sagomata sulla quale poggiano tre zampe ferine alate a sorreggere il sostegno tripode, ornato agli angoli da maschere leonine con lunghe corna di montone e cesellato ai lati a motivi vegetali ricorrenti, sul quale poggia la base, realizzata in foggia di grandi foglie di acanto che si aprono con andamento svasato verso il basso e strette in alto da un nodo ornato a baccellature; da qui si diparte il fusto rastremato e percorso da scanalature, scolpito alla base da lunghe foglie rivolte verso l’alto cui segue una fascia cesellata a fogliette lanceolate sovrapposte e ricorrenti e culminante in un capitello a lunghe foglie lanceolate; sullo stretto nodo sostenuto dal capitello poggia un piattello inciso a baccellature posto a sostenere un vaso a foglie di acanto svasate, dal quale si elevano quattordici bracci realizzati in foggia di volute e ornati da ramages vegetali disposti su due ordini a inquadrare un braccio centrale; cm 250x62x62
Provenienza:Livorno, Palazzo Larderel;Firenze, Collezione privata
Questa imponente coppia di torcere trova numerosi confronti nella produzione inglese del periodo Regency, momento nel quale si assiste a una vera e propria riscoperta degli esemplari antichi, spesso impiegati come modelli e come fonte di ispirazione per la produzione dell'epoca. In particolare, mentre in Francia spetta agli architetti Charles Percier e Pierre François Léonard Fontaine il merito di ravvivare, nel loro Recueil de Décorations Intérieures del 1801, l’interesse nei confronti delle forme dell’antica Roma, in Inghilterra nel 1814 Moses pubblica il repertorio Vases, Altars, Paterae, Tripods, Candelabra, Sarcophagi dove i modelli antichi, in molti casi marmi esposti al Louvre, sono studiati e illustrati. Ed è proprio questo il punto di partenza per una produzione proficua e ricca di successo le cui testimonianze sono ancora presenti in alcuni esemplari giunti fino a noi, confrontabili con le torcere proposte in questa sede. In particolare, è con la produzione di William Collins che le nostre torcere trovano precisi riscontri, tanto nell’impianto quanto nella scelta dei motivi decorativi. Attivo a Londra negli anni tra il 1808 e il 1852, Collins ebbe tra i suoi committenti più importanti il terzo Duca di Northumberland per il quale, dal 1822 al 1839, fornì tutta l'illuminazione, in bronzo sia dorato sia patinato, inclusi “5 Altar Pedestals with 5 Lamps for Grand Staircase” citati in una fattura del 23 marzo 1823 (C. Sykes, Private Palaces Life in the Great London Houses, New York 1986, p. 239) che condividono numerose caratteristiche con le nostre torcere. Un modello, questo, la cui produzione continuò anche nei decenni successivi al periodo Regency, dando vita anche a piccole variazioni come, e il nostro caso ne è un esempio, l’aggiunta dei bracci alle estremità superiori.
Francesco Larderel (vedi foto 1) nacque a Vienne in Francia nel 1789 e si trasferì a Livorno in età napoleonica, dove era descritto negli almanacchi del 1814 come «chincagliere». Nel successivo quindicennio, sfruttando le risorse geologiche dei lagoni del Volterrano, promosse e sviluppò l’industria dell’acido borico, accumulando un cospicuo patrimonio. Nel 1818 infatti, insieme con Ana Gurliè e Francesco Prat dà vita all’impresa dell’acido borico. I legami con la Francia, in una prima fase stretti e giocati tramite i nuclei franco-livornesi soprattutto nella zona di origine, e poi, in una seconda fase a Parigi, capitale del mondo finanziario francese, si intrecciano con gli interessi inglesi in Toscana e si consolidano con l’inserimento nella società toscana. Nel 1830 l’acquisto a Livorno di due lotti lungo la via dei Condotti Nuovi per costruire un palazzo di quattro piani (vedi foto 2), terminato nel 1832 con la spesa di ben 70.000 lire toscane, rappresenta il consapevole inizio di un’ascesa sociale, momento questo che gli aprì le porte del notabilato cittadino e fece della sua residenza un centro della vita sociale e mondana della città. Arricchito di arredi e di una collezione d’arte antica e moderna, il palazzo pose il Larderel nel novero dei mecenati e dei benefattori cittadini. A tal proposito il 15 giugno 1858, dopo aver avuto notizia della morte di Francesco de Larderel, i concittadini livornesi scrivevano: “In una città tutta commerci, com’è Livorno, bello è vedere la galleria de Larderel pregiata per i quadri e statue dei nostri antenati più reputati” e “se tutti sentissero della patria nostra come il Benemerito Cittadino Livornese che manteneva del proprio a Firenze e a Roma i giovani ingegni perché si educassero alle scuole del bello, che raccoglieva, se si guarda alla brevità del tempo, ricca e preziosa galleria con intendimento di renderla pubblica; le arti sarebbero maggiormente in fiore”. La collezione dei Larderel, sistemata nel palazzo di Livorno, divenne presto, una delle attrazioni cittadine da segnalare anche ai forestieri, tanto è vero che le guide turistiche dell’Ottocento e del Novecento la indicano come una delle cose più pregevoli da vedere. L’identificazione con la città è opera già compiuta nel 1874, quando Riccardo Marzocchini pubblica quattro fotografie dei “Salotti e Gallerie” del palazzo de Larderel (vedi foto 3) nel volume intitolato Album di vedute antiche e moderne di Livorno e dei suoi contorni. Il palazzo e la collezione rispecchiano la carriera sociale di Francesco de Larderel: del 1837 infatti è l’editto sovrano che gli permise di assumere e usare il titolo di conte di Montecerboli, la località nella quale aveva «eretto i grandiosi stabilimenti di sal borace», e non a caso nello stemma nobiliare risalta l’immagine dei soffioni e delle fabbriche (vedi foto 4). Fregiato di tale titolo, poi riconosciuto come ereditario, di quello di cavaliere di San Giuseppe, onorato dell’ingresso al casino dei nobili di Firenze e della nomina del figlio Enrico a regio ciambellano (1851), il Larderel poté accedere alla corte granducale, con la conseguente opportunità di stringere legami matrimoniali con famiglie di grande prestigio e antica nobiltà, come i Rucellai e i Salviati, infine anche con i Savoia (nel 1872 la nipote Bianca sposerà il figlio morganatico del re d’Italia, il conte di Mirafiori Emanuele Alberto)
Bibliografia di riferimento
L. Frattarelli Fischer, M.T. Lazzarini (a cura di), Palazzo de Larderel a Livorno. La rappresentazione di un’ascesa sociale nella Toscana dell’Ottocento, Milano 1992