DIPINTI DEL SECOLO XIX. I MAESTRI TOSCANI DALLA COLLEZIONE OLSCHKI E DA ALTRE RACCOLTE ITALIANE

Firenze, 
mar 13 Novembre 2018
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124

Plinio Nomellini

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Plinio Nomellini

(Livorno 1866 - Firenze 1943)

IL RICHIAMO DELLA FORESTA

olio su tela, cm 165x126

firmato in basso a destra

retro sul telaio: cartiglio con titolo

 

THE CALL OF THE FOREST

oil on canvas, cm 165x126

signed lower right

on the reverse of the framework: label with title

 

Bibliografia

M. Biancale, Plinio Nomellini, Roma 1946, p. 22

 

"Anche l'umanità inserita in tali complessi naturali prende non so che carattere spontaneamente allegorico, pure in quelle opere nelle quali il Nomellini non s'era proposto di dare nell'allegorico o nel pagano, esempio: La figlia dell'artista, Il Mese delle rose, Idillio amoroso, Vendemmiale, Nudo, I Gigli, Figura nel mare, Ragazza. Tale disposizione lo porta talvolta a quadri allegorici veri e propri quali l’Offerta, o a non so che senso panico come in Ditirambo, Pastorale, Idillio marino.

Tale disposizione a superare il dato della realtà non deve interpretarsi, dal lato strettamente pittorico, come un superamento delle ragioni eterne della pittura, ché, in tal caso s'avrebbe, della pittura, la fase scioccamente illustrativa. Nomellini è sempre pittore e pittore classificabile tra quelli toscani, e a chi osserva i suoi dipinti non viene fatto di porre a foco il proprio interesse soltanto per la favola in essi rappresentata ma anche, e forse più, per il modo con cui essa è dipinta. Tale modo, si è visto, da puntuale e circoscritto è diventato largo, corsivo, aderente alla composizione su d'un motivo ideale. Esso esprime adeguatamente quei singolari motivi nomelliniani nei quali la realtà si va lentamente colorando di mito, sì che una fanciulla seduta sulla scogliera in vista d'una placida marina può atteggiarsi come l'omerica Calipso e due nudi giovanili d'ambo i sessi nel fitto d'un bosco si rappresentano all'artista come il Richiamo della foresta. Che tale procedimento si determinasse in Nomellini dal suo estro di livornese che lo faceva agevolmente passare da Garibaldi a Ulisse, per le strettissime connessioni tra i caratteri dell'eroe e del mito, non negheremmo; ma forse influiva sul suo spirito la poesia di scrittori ch'egli frequentava, quali Pascoli e D'Annunzio".

 

M. Biancale, Plinio Nomellini, Roma 1946, pp. 21-22