Importanti maioliche rinascimentali

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BOCCIA, VENEZIA, DOMENICO DE’ BETTI DETTO MASTRO DOMENICO E COLLABORATORI, TERZO QUARTO SECOLO XVI

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BOCCIA, VENEZIA, DOMENICO DE’ BETTI DETTO MASTRO DOMENICO E COLLABORATORI, TERZO QUARTO SECOLO XVI

in maiolica dipinta a policromia su rivestimento a smalto spesso e brillante; alt. cm 36, diam. bocca cm 16, diam. piede cm 17

 

A BULBOUS JAR, VENICE, DOMENICO DE’ BETTI CALLED MASTRO DOMENICO AND COWORKERS, THIRD QUARTER 16TH CENTURY

 

Bibliografia

A. Alverà Bortolotto, Maioliche veneziane del Cinquecento da collezioni private. Paolo Canelli, Milano 1990, n. 20

 

 

Il contenitore farmaceutico ha corpo globulare di grandi dimensioni e orlo “gittato”, noto comunemente come ‘boccia’, interamente decorato con una veduta con personaggi. Il paesaggio si sviluppa attorno al corpo del vaso con quinte costituite da alberi o rocce entro le quali si intravvedono larghi scorci lacustri con alte montagne, un soldato in abiti da antico romano che cavalca brandendo una lancia, ed una città turrita con edifici porticati e alte torri appuntite. Sul collo del contenitore una corona robbiana con fioretti multipetali e piccoli frutti.

L’opera, di grande impatto decorativo è attribuibile all’attività di Domenico da Venezia e della sua bottega tra il 1550 e il 1580. I suoi vasi, dall’inconfondibile policromia caratterizzata da smalti lucenti in cui dominano i gialli, le ocre, gli azzurri e i verdi, recano solitamente cartouches entro le quali campeggiano figure di santi e teste di fantasia, mediati probabilmente da fonti incisorie.

Domenico de’ Betti, che aveva sposato la figlia del vasaro Jacomo da Pesaro, lavora a Venezia presso la contrada di San Polo e la produzione della sua bottega raggiunge grande fama alla fine del Cinquecento.

La più grande raccolta di questa tipologia di vasi farmaceutici, in tutte le declinazioni del repertorio morfologico e decorativo, è conservata presso la Fondazione Cini all’isola di San Giorgio (M. Vitali, Omaggio a Venezia. Le ceramiche della Fondazione Cini. I, Faenza 1998). Ma anche tra i vasi della donazione Fanfani al MIC di Faenza, uno con figure di santi e ampio paesaggio costituisce un valido confronto per morfologia e decoro, ornato con un paesaggio con architetture, rocce e specchi lacustri che molto richiamano quello del nostro vaso (C. Ravanelli Guidotti, Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza. La Donazione Angiolo Fanfani. Ceramiche dal Medioevo al XX secolo, Faenza 1990, pp. 310-311 n. 152). Suggestivo il raffronto con opere veneziane presenti nella spezieria di Messina di cui però ancor poco si sa riguardo a un’eventuale committenza direttamente a Venezia o se il corredo si sia formato per donazioni in più tempi.

Il soldato romano e il paesaggio trovano evidenti riscontri nei piatti o nelle forme aperte prodotte dalla bottega veneziana di cui sono noti alcuni esemplari firmati. La figurina del cavaliere così sottile e allungata ha riscontro sia nei piatti di Mastro Domenico, sia nelle figurette di santi presenti nei vasi generalmente in medaglioni con cartouches (si veda al riguardo J. Lessman, Italienische Majolica Aus Goethes besitz, Weimar 2015, p. 212 n. 80 e p. 244 n. 95, dove la roccia del nostro vaso trova riscontro nell’arco del sepolcro di Gesù).