Giovanni Battista Spinelli
(Bergamo o Chieti; documentato dal 1640 al 1655)
AGAR E L'ANGELO
olio su tela, cm 145x114
AGAR AND THE ANGEL
oil on canvas, cm 145x114
Esposizioni
Civiltà del Seicento a Napoli, Napoli, ottobre 1984 – aprile 1985.
Bibliografia
N. Spinosa, Aggiunte a Giovan Battista Spinelli, in "Paragone" XXXV, 1984, 411, p. 33 e fig. 13; D.M. Pagano, in Civiltà del Seicento a Napoli. Catalogo della mostra, Napoli 1984, p. 470. n. 2.249 (con ulteriore bibliografia); N. Spinosa e D.M. Pagano, Giovan Battista Spinelli, in I Pittori Bergamaschi. Il Seicento, IV, Bergamo 1987, n. 25, ill. 36.
Pubblicato per la prima volta nel 1984 da Nicola Spinosa, cui si devono gli studi più significativi sull’artista seguiti alla riscoperta da parte di Roberto Longhi nel 1969, il dipinto qui offerto, molto noto agli studi ma da decenni assente dal mercato, fu presentato nello stesso anno a un pubblico più ampio in occasione della storica rassegna sul Seicento napoletano fortemente voluta da Raffaello Causa e realizzata dopo la sua scomparsa dalla Soprintendenza napoletana.
Oltre che con un gruppo di fogli in parte provenienti dallo storico nucleo delle collezioni medicee conservato agli Uffizi, Spinelli era presente in quell’occasione con ben dieci tele in una sala a lui dedicata: una scelta che dava conto della sua personalità appena risarcita e della sua situazione anomala nell’ambito della scuola napoletana, più che del peso che in quella scuola l’artista di origini bergamasche aveva effettivamente rivestito.
Cruciale si era rivelata in effetti la scoperta della patria d’origine del pittore e della sua documentata presenza a Chieti tra quinto e sesto decennio del secolo, un dato che veniva a spiegare l’esistenza delle numerose opere di sua mano segnalate da Ferdinando Bologna in chiese e collezioni d’Abruzzo, e consentiva di disporle plausibilmente in un arco di tempo più lungo di quello suggerito dalla “vita” di Bernardo De Dominici che lo diceva scomparso in circostanze oscure nel 1647.
Ignoti restano comunque il luogo e la data di nascita del pittore, il cui padre, ricco mercante di granaglie documentato a Chieti dal 1628, vi si era trasferito da Bergamo in data non precisata. Non sappiamo quindi dove avvenisse la formazione di Giovan Battista Spinelli, condotta in primo luogo sulle stampe degli autori nordici del Cinquecento individuati da quanti, a partire da Walter Vitzthum, si sono occupati della produzione grafica del pittore. Incisioni nordiche circolavano senza dubbio a Napoli nel tempo dell’educazione dell’artista, fra terzo e quarto decennio del secolo; ma la scelta costante dei tipi bizzarri e a volte stravolti che in misura diversa rendono inconfondibili le opere di Spinelli potrebbe indurci a ricercare in area bergamasca, come sostiene Lanfranco Ravelli, le ragioni del suo programmatico rifiuto del classicismo
In assenza di opere datate o documentate, la sua fitta produzione tra Napoli e l’Abruzzo è stata circoscritta fra i primi anni Trenta e la metà degli anni Cinquanta in relazione agli scambi con protagonisti diversi della scuola napoletana: il tardo Battistello Caracciolo, il Maestro degli Annunci e Massimo Stanzione, quest’ultimo ricordato da Bernardo De Dominici come suo maestro e indubbio riferimento di Giovan Battista Spinelli nelle opere più mature e felici, tra cui le importanti storie di David agli Uffizi.
E sono proprio le raffinate scelte cromatiche di Stanzione, che ritroviamo nel contrasto tra toni azzurri e dorati nel nostro dipinto, a suggerirne una datazione nella fase relativamente classicheggiante che Giovan Battista Spinelli attraversa nella seconda metà degli anni Quaranta, periodo a cui l’opera è generalmente riferita.