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Scipione Compagno  

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Scipione Compagno  

(Napoli, 1624 circa- post 1680) 

IL PARADISO

olio su tela, cm 114x154

 

THE PARADISE

oil on canvas, cm 114x154                                                              

 

La tela si inserisce nella tipica produzione di Scipione Compagno, ricostruita grazie a una serie di opere firmate e datate tra gli anni quaranta e i sessanta del Seicento, caratterizzata da composizioni affollate di piccole figure, un po' prese dal vero e un po' inventate, che risentono della tradizione manierista del Cavalier d’Arpino, di Belisario Corenzio, di Filippo Angeli e di François Nomé.

A differenza di quanto affermava Bernardo De Dominici, nelle sue biografie dedicate ai pittori napoletani, che lo indicava quale allievo di Salvator Rosa, le opere note di Scipione Compagno risultano estranee alla tradizione di Castiglione, Falcone e Lanfranco e quindi anche di Domenico Gargiulo, suo coetaneo, ma piuttosto vicine a quella precedente: il suo corpus pittorico ha infatti iniziato a prendere consistenza a partire da un gruppo di dipinti che il Longhi nel 1957 aveva riconosciuto della stessa mano ma attribuendoli ipoteticamente a Filippo Napoletano. Si deve a Luigi Salerno (Il vero Filippo e il vero Tassi, in Storia dell'arte”, 1970, 6, p. 148), sulla base di un dipinto firmato "Compagno" e datato 1658, la loro annessione all’opera di Scipione. 

Le stesse folle che popolano le sue note scene di martirio, quali la Strage degli Innocenti della Galleria Nazionale d’Arte Antica di Roma, firmato “Scipione Compagno F. 1642” o il Martirio di Sant’Orsola conservato presso il Kunsthistorisches Museum di Vienna, si ritrovano anche nel Paradiso qui offerto, realizzato con le stesse tinte chiare e quel suggestivo controluce che investe le figure in primo piano, volto ad accentuare il senso della profondità. Un altro esemplare con analogo soggetto, ma su rame e di più piccole dimensioni, è stato pubblicato sempre da Salerno e messo in relazione a quell’”elemento elsheimeriano” notato da Longhi nel contributo prima citato (cfr. L. Salerno, Inediti di Filippo Angeli e di Scipione Compagno, in Scritti di storia dell’arte in onore di Federico Zeri, Milano 1984, tomo II, pp. 553-560). Nelle ampie aperture paesistiche con l’orizzonte basso delle sue opere sono state infatti individuate anche suggestioni dai pittori nordici attivi a Napoli a inizio Seicento.