DIPINTI DEL SECOLO XIX

Firenze, 
mar 14 Maggio 2019
Asta Live 296
109

GRANDE VENTAGLIO DECORATO DA DUE ACQUARELLI DI GIACOMO FAVRETTO (1849 – 1887) E IMPREZIOSITO DA OLTRE 60 IMPORTANTI AUTOGRAFI E DEDICHE, DI CUI 14 AD OPERA DI CELEBRI MAESTRI DI MUSICA, LETTERATI E ATTORI, 1883 – 1993

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GRANDE VENTAGLIO DECORATO DA DUE ACQUARELLI DI GIACOMO FAVRETTO (1849 – 1887) E IMPREZIOSITO DA OLTRE 60 IMPORTANTI AUTOGRAFI E DEDICHE, DI CUI 14 AD OPERA DI CELEBRI MAESTRI DI MUSICA, LETTERATI E ATTORI, 1883 – 1993

 

in carta bianca con bordi superiore e inferiore dorati, intelaiatura in legno laccato di rosso con decorazioni floreali in verde e oro solo sulle stecche portanti; larghezza del ventaglio aperto 91 cm, altezza 50 cm, conservato in apposita scatola di legno con coperchio (53,2 x 4 x 6,5 cm) con sopra intestazione manoscritta "Gentil Signora Amalia Tibaldi, Verona" e sigilli in ceralacca (uno con iniziali "G.V."); l'interno del coperchio reca, su striscia di carta bianca incollata, una lista parziale dei nomi degli autori di dediche e autografi, presumibilmente stilata dalla proprietaria del ventaglio, e completata da due fogli sciolti con elenchi di nomi custoditi sul fondo della scatola. Tracce d'uso.

 

 

Nei secoli, il ventaglio è stato un'arma di seduzione tipicamente femminile. La gestualità ad esso associata costituiva addirittura un "linguaggio" che permetteva di comunicare in segreto con l'universo maschile. Questo particolare ventaglio, tuttavia, forse troppo grande per assolvere al suo compito tradizionale, fu invece adibito dalla proprietaria, Amalia Martinez Tibaldi, ad inusuale supporto per una straordinaria collezione di "souvenir" artistici, musicali e letterari di grandi protagonisti della cultura italiana dal 1883 in poi. Trasformato dunque in un oggetto unico e magnifico, ecco che il ventaglio di Amalia si fa portatore di un tipo di un tipo di seduzione più sottile e più nobile: quella del piacere estetico e intellettuale.

 

I "souvenir" più antichi risalgono al 1883. Tra essi figurano due acquerelli di Giacomo Favretto, uno per ogni lato del ventaglio: il ritratto di dama giapponese in kimono reca appunto la data "1883" sotto alla firma del pittore. L'ornamentazione di questo lato del ventaglio, affidata a campiture di colore piatte, include anche una decorazione floreale costituita da tralci di fiori e foglie argentei e verdi, e da un piccolo passero in volo. Sul lato opposto, Favretto dipinse invece un intenso ritratto femminile (forse la stessa Amalia?) caratterizzato da tenui sfumature, e tralci viola disseminati di grandi fiori e uccelli fucsia e oro. L'espressione della donna, che ha i capelli scuri raccolti ed indossa uno scialle color lilla, è languida, con gli occhi quasi assonnati e le labbra appena dischiuse in un sorriso.    

 

Appartiene al 1883 anche il primo degli importanti autografi del ventaglio, ovvero quello di Giuseppe Giacosa, drammaturgo e librettista, che vi scrisse versi della commedia La sirena, rappresentata per la prima volta proprio nell'ottobre di quell'anno. A seguire, uno dei nostri più grandi scrittori ottocenteschi, Giovanni Verga, intervenne sul ventaglio di Amalia citando anch'egli una delle sue opere teatrali, il dramma In portineria, portato sulle scene milanesi nel 1885.

 

Gli anni successivi, ed in particolare l'ultima decade dell'Ottocento, videro l'avvicendarsi di dediche di illustri maestri di musica, tra cui: Pietro Mascagni nel 1892, con battute musicali dalla Cavalleria Rusticana; Giacomo Puccini nel 1893, con le celebri battute "Manon Lescaut mi chiamo"; Ruggero Leoncavallo nel 1896, con le battute del suo "ridi pagliaccio"; Arrigo Boito, senza data ma presumibilmente nello stesso periodo, con battute da Il primo Mefistofele; Don Lorenzo Perosi nel 1901, con battute da Il Natale del Redentore.

 

Arricchiscono il ventaglio di Amalia anche numerosi "souvenir" di artisti teatrali, tra cui spicca Eleonora Duse, che vi appose la sua firma nel 1922. Un'altra celebre attrice, Sarah Bernhardt, nel 1899 vi scrisse in francese "sono le donne che rendono gli uomini affascinanti, pieni di attenzioni e buoni, e vostro marito è tutto questo". Nome e attività del marito di Amalia, Eugenio Tibaldi, tenente, si desumono da altre dediche, dalle quali si intende anche che, occasionalmente, fosse proprio lui a chiedere agli artisti che ornassero della loro presenza il ventaglio della moglie. Ne è brillante esempio il "souvenir" del pittore Cesare Pascarella, che nel 1885 scrisse un sonetto in romanesco seguito dalla frase "Caro Tibaldi mi chiedi così per la tua signora un sonetto ed un somaro. Il sonetto l'hai letto ... Eccoti il somaro..." E qui Pascarella aggiunse un piccolo autoritratto con monocolo e pipa.

 

I grandi del Novecento che figurano sul ventaglio sono: Gabriele D'Annunzio, con un autografo datato 1919; Ignacy Jan Paderewski, pianista, compositore e politico polacco, autografo datato 1932; Richard Strauss, firma in inchiostro verde non datata; Arturo Toscanini, grande autografo in inchiostro rosso datato 1955; e, infine, Luciano Pavarotti, con la sua tipica dedica "per caro ricordo", datata 1993.

  

Non è chiaro chi abbia proseguito l'opera di Amalia Tibaldi fino ad anni così recenti (presumibilmente i suoi discendenti), né si sono ritrovate notizie precise in merito a questa signora e al marito. Tuttavia, dalle dediche si intuisce molto della loro vita. Amalia ed Eugenio erano ben inseriti nell'alta società dell'epoca e appassionati di teatro ed opera. Che Amalia amasse raccogliere dediche su questo ventaglio era risaputo, come dimostrano le parole del giornalista Baldassarre Avanzini "O la frase o la vita! – mi domanda Amalia dalle stecche, in imboscata. Ecco la frase! ... No! ... Non l'ho trovata ... Ma la mia vita è qui, se la comanda". Intervenne similmente, aggiungendo una bella citazione di La Rochefoucauld, Giacinto Gallina, commediografo: "Mi chiedi un pensiero, mio caro Eugenio? Eccotene uno di La Rochefoucauld che vale anche per l'amicizia: L'absence diminue les médiocres passions, et augmente les grandes, comme le vent éteint les bougies et allume le feu."

 

Consapevoli di aggiungersi ad un nutrito gruppo di personaggi celebri, alcuni "souvenir" rimarcano in modo scherzoso la propria inadeguatezza. Ferruccio Benini, attore, nel maggio 1900, scrisse in grafia minuta, poco distante dall'autografo di D'Annunzio, "In questo ventaglio vi sono tante illustrazioni sublimi dell'arte che io mi metterò qui, mogio mogio ... in modo da passare inosservato!" Armando Falconi, attore e comico teatrale, nel novembre 1933, sbottò in uno spassoso: "Qui ci sto come un cane in chiesa!"

 

Tra le altre numerose dediche argute si segnalano quella di Augusto Sindici, poeta, "La donna nasce donna, e nelle sue pupille / Nascendo l'uomo guarda, e diventa imbecille", quella di Enrico Panzacchi, poeta e critico, "Il Cor disse al Cervello: / – Perché stai lassù in vetta? – / Fu risposto – Fratello, / Per essere in vedetta, / E d'alto sorvegliare / tutta la grulleria che tu sai fare", e, infine, quella bellissima di Renato Fucini, poeta e scrittore, che così chiosa sul ventaglio e la vita "Chiese al ventaglio un detto Archimandrita: / – Dimmi, Ventaglio, che cos'è la vita? / – E il ventaglio, con molto ondeggiamento: / – E' tutto vento, vento, vento vento".