Arte Moderna e Contemporanea

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CAGNACCIO DI SAN PIETRO

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CAGNACCIO DI SAN PIETRO

(Desenzano del Garda 1897 - Venezia 1946)

Due bambini nell'aia  

1923

olio su tavola                     

cm 48,5x64,8  

firmato e datato in basso a destra           

 

Two children in the yard

1923

oil on canvas

cm 48,5x64,8  

signed and dated lower right         

 

 

Cagnaccio di San Pietro - pseudonimo di Natale Bentivoglio Scarpa -  nato a Desenzano nel 1897. Artista ribelle e anticonformista, prese come nome d’arte quello di Cagnaccio, a cui poi aggiunse anche il nome del luogo a cui era più legato: il borgo di San Pietro in Volta, nell’isola di Pellestrina, la striscia di terra che chiude la laguna di Venezia. Frequentò per un anno i corsi di Ettore Tito all’Accademia di Venezia, nel 1917 viene chiamato alle armi, entra a far parte dell’esercito e incontra Filippo Tommaso Marinetti, partecipando per un breve periodo al Movimento Futurista. Dal 1920 approfondì lo studio del disegno e della prospettiva dando avvio all’elaborazione del realismo magico, Dario Biagi  definì Cagnaccio : “ è un realista ad altissima definizione e tuttavia innaturale, surrealista senza simboli”. Nelle sue opere mette in atto un’ immagine prospettica che destabilizza la scena e crea un’atmosfera straniante, associando alla costruzione delle figure e degli oggetti un uso della luce che rendono le rappresentazioni statiche e irreali. Le figure femminili,  i disadattati, i pescatori, i poveri, i bambini, scene del quotidiano vivere sono i soggetti prediletti di Cagnaccio, che denotano, da parte dell’artista, una sentita e costante osservazione della realtà, in particolare di quella popolare legata alla sua terra. Nel 1916 circa decise di prendere il nome di Cagnaccio, forse per meglio rappresentare il suo spirito ribelle e anticonformista, si narra che fosse il soprannome con il quale veniva appellato nel suo paese,  e successivamente, dopo il 1925, aggiunse  San Pietro, quale segno di appartenenza all’anima popolare veneziana che così vivamente  rappresentò in tutta la sua carriera, ritraendo un mondo apparentemente stabile, quieto quasi immobile, capace di  aprirsi ad un spazio interiore ed emozionale. Cagnaccio, da sempre considerato uno spirito libero, era sperimentatore di tecniche pittoriche applicate con una perizia magistrale, apprezzato più dai colleghi artisti che dalla critica. L'indisponibilità di Cagnaccio di aderire a manifesti e movimenti legati al fascismo, le procurerà notevoli problemi: alla Biennale del '28, di cui fu commissaria Margherita Sarfatti, Cagnaccio presentò “Dopo l'orgia” l’opera venne respinta perché in netto contrasto con l’immagine che il  regime fascista dava di se. Per conservare la propria libertà espressiva, si finse squilibrato,  preferendo così il ricovero nel manicomio di San Servolo. Ci fu un riscatto a fronte di tale “esilio”, nel 1934 Hitler visitò la Biennale di Venezia vide “Il Randagio”, dipinto dal Cagnaccio nel 1932, e cercò di acquistalo, quando gli fu detto che era impossibile perché si trattava di opera ipotecata per i numerosi debiti contratti dall’artista, Hitler insorse così che Mussolini condonò i debiti e permise l’acquisto. Cagnaccio ne fu fieramente felice. A causa dei numerosi interventi e della conseguente salute cagionevole, mori nel 1946 all’età di 49 anni.