MOBILI, DIPINTI E SCULTURE: RICERCA E PASSIONE IN UNA COLLEZIONE FIORENTINA

Firenze, 
mer 16 Ottobre 2019
Asta Live 313
34

Scultore ligure-piemontese attivo sulla metà del sec. XV

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Scultore ligure-piemontese attivo sulla metà del sec. XV

SAN GIOVANNI EVANGELISTA E LA VERGINE MARIA DOLENTI

due statue in legno dipinto, San Giovanni cm 195x48x35; Maria cm 197x46x38

 

Ligurian-Piedmontese sculptor active in the half of the 15th century

THE MOURNING VIRGIN MARY AND SAINT JOHN THE EVANGELIST

two polychromed wood statues, Saint John cm 195x48x35; Virgin Mary cm 197x46x38

 

Bibliografia

Mobili, dipinti, oggetti d’arte provenienti da una raccolta privata, catalogo della vendita (casa d’Aste Semenzato), Venezia, 25 - 27 aprile 1975, n. 495

 

La coppia di Dolenti, di dimensioni superiori al naturale e di elevato impatto emotivo, dovevano in origine affiancare l’immagine del Cristo crocifisso in un complesso scenografico raffigurante il Calvario destinato alla venerazione dei fedeli sul vertice del tramezzo di un importante edificio di culto. Le due sculture trovano delle stringenti concordanze iconografiche con il gruppo di medesimo soggetto della chiesa di Santa Maria di Castello ad Alessandria, assegnato da Raffale Casciaro alla mano di Urbanino da Surso, scultore lombardo con una fitta parentesi operativa anche nel basso Piemonte. I due Dolenti alessandrini presentano infatti posture e atteggiamenti degli arti del tutto analoghi alle nostre figure comparendo, per giunta, sopra ad un basamento intagliato a emulazione di uno sprone roccioso, in grado di evocare la scenografia della loro originaria destinazione (R. Casciaro, La scultura lignea lombarda del Rinascimento, Milano 2000, pp. 248-249, n. 9).

Il San Giovanni e la Vergine Maria, completamente svuotate nella zona tergale e fornite ancora in parte dell’antica cromia, rientrano nel novero di una vasta e variegata produzione di scenografici complessi plastici spesso correlati a immagini monumentali del Crocifisso, la cui genesi e proliferazione è stata individuata tra la Liguria di ponente e il Piemonte meridionale durante tutto il Quattrocento (F. Boggero, F. Cervini, Crocifissi lignei tardomedievali nella Liguria di Ponente, in Restauri in provincia di Imperia 1986-1993, a cura di F. Boggero, B. Ciliento, pp. 25-36; F. Cervini, Modelli e botteghe tra Liguria e basso Piemonte, in Scultori e intagliatori del legno in Lombardia nel Rinascimento, atti del convegno di Milano, a cura di D. Pescarmona, Milano 2002, pp. 65-83; S. Piretta, Premesse tardogotiche tra il maestro del Compianto di Castel Sant’Angelo e la famiglia da Surso, in La Sacra Selva. Scultura lignea in Liguria tra XII e XVI secolo, catalogo della mostra di Genova, a cura di F. Boggero e P. Donati, Ginevra-Milano 2004).

La loro esecuzione può inserirsi in questo gioco di maestranze e botteghe liguri, piemontesi e lombarde cui oggi si riconducono opere quali il Compianto oggi conservato presso il Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo a Roma (1450 ca.; S. Piretta, in Alessandria scolpita 1450-1535. Sentimenti e passioni tra Gotico e Rinascimento, catalogo della mostra di Alessandria, a cura di F. Cervini, pp. 208-209, Genova 2018, n. 7), quello del Museo d’Arte Sacra di Lucinasco (Imperia) (A. Sista, in La Sacra Selva. Scultura lignea in Liguria tra XII e XVI secolo, catalogo della mostra di Genova, a cura di F. Boggero e P. Donati, Ginevra-Milano 2004, pp. 200-201) e quello diviso tra la chiesa del Marzale e la parrocchiale di Ripalta Vecchia nei pressi di Cremona (1440-1450) attribuito a Urbanino da Surso (R. Casciaro, Op. cit., p. 251, n. 10).

Le analogie tra il nostro San Giovanni e quello del Compianto di Ripalta Vecchia pur molto marcate si risolvono essenzialmente in derivazioni di ordine compositivo ed espressivo, sintomo di come in quegli stessi anni l’interazione tra le botteghe di sculture attive in area lombarda e le maestranze piemontesi siano davvero molto intense. Con gli altri due gruppi invece salvo le peculiari varianti compositive e stilistiche registrabili in ciascun gruppo, le nostre due figure condividono una medesima cronologia sulla metà del secolo, la predilezione per anatomie molto allungate ed esili che si perdono sotto le schiacciate volute delle vesti dai panneggi ampi, ma di contenuto risalto volumetrico e dal pesante appiombo che si risolve cadendo in pieghe angolari e accartocciate. Analogamente le mani, possenti e squadrate, si articolano in gestualità schematiche, mentre i tratti dei volti risultano essenziali e segnati dalla patetica apertura delle bocche o dalla potente sagomatura delle tese arcate sopraccigliari.

Le affinità più stringenti si possono però registrare nello specifico con le figure del Compianto di Lucinasco che con i nostri Dolenti condividono il pronunciato ma elegante allungamento dei corpi, la compressione volumetrica conferita dall’affastellarsi reiterato delle volute e dalla cadenza magniloquente delle creste, e il morigerato tono patetico dei personaggi. Questi elementi ci spingono a considerare l’ipotesi che la loro esecuzione sia avvenuta in stretta contiguità cronologica all’interno di quella stessa bottega attiva sulla cerniera appenninica compresa tra Piemonte e Liguria tra la metà e la fine del XV secolo.

 

G.G – D.L