Lippo d'Andrea (Pseudo Ambrogio di Baldese)
(Firenze, 1377 – ante 1457)
MADONNA COL BAMBINO
tempera e oro su tavola, cm 47x37,5
MADONNA WITH CHILD
tempera and gold on panel, cm 47x37,5
Bibliografia di riferimento
L. Pisani, Pittura tardogotica a Firenze negli anni trenta del Quattrocento: il caso dello ‘Pseudo Ambrogio di Baldese’, in “Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz”, XLV, 2001, pp.1-36; S. Chiodo, Lippo d’Andrea: problemi di iconografia e stile, in “Arte cristiana”, 90, 2002, pp. 1-16.
Noto alla storiografia artistica come Pseudo Ambrogio di Baldese, l’autore di questa dolcissima immagine della Madonna col Bambino è stato identificato con Lippo d’Andrea, citato da Giorgio Vasari nella vita di Lorenzo Monaco e documentato a Prato quando partecipa nel 1411 alla decorazione della facciata del Palazzo del Ceppo di Francesco Datini insieme a Niccolò di Pietro Gerini, Ambrogio di Baldese, e Alvaro di Pietro, mentre nel 1424 è registrato un suo intervento nell’ospedale di Santa Maria Nuova di Firenze. Nello stesso 1424 è citato insieme a Masolino e dodici anni dopo con Bicci di Lorenzo, Rossello di Jacopo e Giovanni di Marco, in riferimento agli affreschi dell’abside del duomo di Firenze.
Molti sono i confronti con altre sue opere conservate in importanti istituzioni museali che, per le formule attardate impiegate, testimoniano la fortuna del tardogotico ancora nella Firenze del Quattrocento.
Si ricordano la Madonna col Bambino del Museo di Worcester, assai vicina nella posa e nell’espressione della Vergine e nelle pieghe del velo che scende sul manto aperto per mostrare la sontuosa veste damascata, e la Madonna dell’Umiltà, della collezione del Museo Bardini di Firenze, già collezioni Corsi (cfr. F. Zeri, A. Bacchi (a cura di),_^ý[ýýLWýý[]ý[ýýýýýýÈýý]ýH[Hý[ýXHýýHý[]ý[ýýý[ý_^ý[ýýLýýýNNLKýýýýÈý[ýýKýýýHHýýHJKõýýýsC•ýýG&6ýý6ýýýWýýýýR6ý'6ýýFýýýFýýF–ýFýýýbýýb6V6ýýýõýýýsCýýG&6ýýýýýý1qýýýýýýý4ýý$ýýAýeýýýUýýqýýTýqeýýýýýuýýTýýýýýýýýEýdýýýýýýýýUDýýUUýEýdýýýýýeýýýýýýýýýýýýDýEýýýýýýýýýDýýýýýýýýDýýýýýýýUeýýýýEDýýqýýýqdýqDýqHýqýýýqiqýýýý4)ýqýqýýýqdýqDýqHýqýýýqiqýýýý4)ýqýqýýýqdýqDýqHýqýýýqiqýýýý4)ýqýqýýýqdýqDýqHýqýýýqqqýýýý4)ý4