IMPORTANTE VASO IMPERIALE FAMIGLIA ROSA, MARCHIO IMPERIALE QIANLONG ROSSO FERRO A SEI CARATTERI E DEL PERIODO (1736-1795)
Il vaso di forma a balaustro ha un collo elegantemente affusolato a cui sono applicate due anse con draghi arcaistici stilizzati. Il collo, a fondo rosso rubino, è decorato su ciascun lato con dei grandi pipistrelli e delle monete sopra una fioritura di loto e crisantemi stilizzata, dipinta con smalti leggeri. Sulla spalla troviamo due fasce a tutto tondo: la prima con fiori e rami di colore rosa, e la seconda, posta al di sopra, composta da petali e fiori stilizzati. Il corpo ovoidale è finemente smaltato a scena paesaggistica continua raffigurante corteo di figure femminili che suonano, incorniciata da teste di Ruyi, il bordo è rigorosamente dipinto in oro e l'anello di base ricoperto da un color rosso ferro con greche anch' esse dorate, l’interno e la base del vaso sono smaltati in monocromia nei toni del turchese; alt. cm 75 e diam. cm 40 (circa)
清乾隆 胭脂红地粉彩仕女奏乐纹双螭耳撇口瓶《大清乾隆年制》款
L'opera è corredata di certificato di libera circolazione
Questo magnifico vaso combina una ricchezza di motivi tradizionali di buon auspicio con il fascino imperiale. Le grandi dimensioni e l'eccezionale qualità del dipinto lo contraddistinguono come particolarmente importante, tanto da ritenere sia stato commissionato per un'occasione speciale. Lo stile, la forma, la grandezza e la raffinata qualità della pittura dei fiori, dei ramage e dei simboli ben augurali sono molto simili a quelli raffigurati sull'importante vaso imperiale venduto da Pandolfini Casa d’aste il 28 ottobre 2014 (lotto 31). In entrambi i casi gli smalti della famiglia rosa sono di un’eccellente qualità.
Sul vaso sono presenti vari simboli di buon auspicio: pipistrelli, fiori di loto e monete, nonché volute vegetali finemente rappresentate.
Su entrambi i lati del collo spiccano figure di pipistrelli capovolti. I pipistrelli simboleggiano la felicità, mentre la parola “capovolto” in cinese è un omofono che significa anche "arrivare". Il motivo, quindi, simboleggia l'arrivo della felicità, per rafforzare questo messaggio di buon auspicio, nella loro bocca i pipistrelli tengono il simbolo della longevità.
La felicità e la longevità sono, su questo vaso, accompagnati dalle monete d’oro. Infatti, la più famosa forma di denaro dell’antica Cina è la moneta di rame con un foro quadrato al centro: questa forma rimanda all’idea dell’universo rotondo e della terra quadrata in esso contenuta; questa forma fu scelta durante il regno del primo imperatore della Dinastia Qin per uniformare tutte le monete cinesi. Tale rappresentazione è emblema di benessere ed elevata posizione sociale, volta a fortificare il significato di abbondanza e ricchezza.
Ai lati del collo troviamo le due anse: due draghi kui di colore blu. La forma arcaistica di questi, così come quella del vaso stesso, era di uso comune per la produzione delle porcellane imperiali durante il regno Qianlong. Altro particolare molto frequente di questo periodo, era l’impiego di smalti della famiglia rosa, qui utilizzati nella vivace decorazione che circonda il corpo principale del vaso, composta da figure nel paesaggio
Le grandi dimensioni hanno fornito al decoratore un’ampia "tela" su cui lavorare, che ha sfruttato appieno, dipingendo una scena complessa ed interessante. Sullo sfondo, la meravigliosa montagna Kunlun si staglia a ovest, oltre il mitologico deserto di Liúshā (流沙). Questo luogo si narra fosse ubicato tra la regione di Tian Shan ("montagna del cielo") dell'Asia centrale e la sorgente del fiume Giallo. Kunlun è, nell’immaginario popolare cinese, un luogo mistico al di fuori del tempo, senza dolore o morte, dove fiorivano tutti i piaceri e le arti: musica gioiosa, danza, poesia e feste divine.
La leggendaria montagna è abitata da esseri fantastici ed emissari sciamanici, tra loro ci sono anche le fanciulle di giada e Xi Wangmu, dea della antica religione cinese, dispensatrice di prosperità, longevità e felicità eterna. Le fanciulle di giada fungono da messaggeri della dea, concedono rivelazioni mistiche e presentano cibi divini a coloro che, benedetti dalla dea, sono invitati a prendere parte ai suoi banchetti. Il poeta Wei Ying-wu le descrive come: "stormi sublimi che volano verso la Divina Madre". In questa rappresentazione il corteo di fanciulle di giada è intento a intrattenere Xi Wangmu con musica e danze: suonatrici di campane, flauti e organi a bocca si uniscono a portatrici di vasi e lanterne, in una festa continua.
Fu infatti a Kunlun, nel periodo Tang, quando la musica aveva raggiunto un ruolo principale, che iniziarono a costruire varie tipologie di flauti in bambù i quali avrebbero dovuto riprodurre il suono “Fondamentale” e fu sempre qui che vennero fondate scuole femminili di musica per suonare a corte.
Il dipinto, a tutto tondo, è incorniciato da fiori e scettri Ruyi su un fondo rosso rubino nella parte inferiore e su fondo giallo su quella superiore. La testa degli scettri Ruyi, (letteralmente "tutto come lo desideri") viene spesso associata all’iconografia del fungo “lingzhi” il quale secondo la credenza popolare sarebbe apparso quando un sovrano virtuoso era sul trono e l'impero era pacifico e prospero. La loro inclusione nella decorazione è quindi un complimento all'imperatore regnante.
Famiglia Rosa
La “Famiglia Rosa” rappresenta, per perfezione tecnica e abilità decorativa, il momento cruciale della produzione ceramica cinese. L’introduzione dello smalto rosa nella produzione artistica cinese si colloca intorno al 1720, nel momento in cui la nuova colorazione ottenuta attraverso la miscela di cloridrato di oro e stagno comparve su alcuni manufatti smaltati e porcellane realizzati contemporaneamente nelle manifatture imperiali di Pechino e nelle botteghe artistiche di Canton.
Il caratteristico colore rosa è ottenuto da uno smalto ricavato dalla Porpora di Cassio, introdotta in Cina dai Gesuiti europei. Presso la corte dell’imperatore Kangxi (regno 1662-1722) lavoravano infatti numerosi missionari occidentali, molto apprezzati dal sovrano per le loro conoscenze in ambito scientifico e artistico. La porpora di Cassio è stata scoperta nel 1650 dal fisico olandese Andreas Cassius di Leida, sebbene la scoperta in Europa che la polvere d’oro potesse trasformarsi in rosso ha in realtà origini più antiche, tanto che anche lo scultore fiorentino Benvenuto Cellini ne parla nel suo Trattato dell’oreficeria e della scultura.
L’introduzione del rosa nella tavolozza dei ceramisti cinesi fu un fenomeno che contribuì a cambiare i gusti e la moda, non solo in Cina, ma anche in Europa, dove le nuove tonalità, più morbide e color pastello rispetto agli smalti brillanti della Famiglia Verde, incontrarono un grande apprezzamento, poiché si adattavano perfettamente alle caratteristiche cromatiche del Rococo.
La nuova colorazione, nota ai cinesi con i nomi di fencai o ruancai (entrambi traducibili con “colori tenui”) e yangcai (“colori stranieri”, per sottolineare l’origine non cinese di questa tavolozza), si adattò perfettamente a tutto il vasellame prodotto dalle fornaci di Jingdezhen, sia che esso fosse destinato al mercato interno sia che fosse esportato sui mercati europei, grazie all’intermediazione delle Compagnie delle Indie Orientali attive in quegli anni lungo le coste meridionali della Cina.
Le decorazioni a smalti della Famiglia Rosa ebbero successo per tutto il Settecento, perdurando anche nel XIX secolo e poi ancora nel Novecento. Come il termine Famiglia Verde, anche la denominazione Famiglia Rosa fu coniata nel 1862 da Albert Jacquemart e Edmond Le Blant, nel volume intitolato Histoire Artistique, Industrielle et Commerciale de la porcelaine. Si tratta però di una definizione piuttosto generica, che abbraccia una straordinaria varietà di porcellane a decoro policromo, nelle quali risulti però presente lo smalto rosa. Nonostante la qualità nella produzione sia altrettanto variegata, l’impasto rimane comunque di altissimo livello.
Per quanto riguarda le tipologie di manufatti ascrivibili alla Famiglia Rosa, si passa dal vasellame d’uso (piatti di varie forme e dimensioni, tazze, coppe e altre stoviglie destinate alla tavola) particolarmente richiesto dai committenti europei ma caratterizzato da un ornato policromo, agli straordinari pezzi riservati alla corte imperiale di Pechino, i quali sono quasi sempre dotati di marchio (nianhao) dell’imperatore. Per delicatezza di accostamenti cromatici e raffinatezza di disegno, si distinguono i manufatti realizzati durante il regno dell’imperatore Yongzheng (1723-1735).
L’Età d’oro di Qianlong
Il Settecento, secolo d’oro dell’Impero Celeste inizia con l’Imperatore Kangxi (1662-1723), proseguito poi col figlio Yongzheng (1723-1735) e terminato da Qianlong (1735-1795). Questi Sovrani meritano l’appellativo, che viene riconosciuto anche ad alcuni Sovrani Europei, di «despoti illuminati».
Nel corso di questa epoca d’oro in Cina si verifica l’aumento della popolazione e una grande espansione territoriale, un miglioramento della vita intellettuale e culturale e un incremento dei commerci con il mondo occidentale.
L’Imperatore Qianlong non era soltanto il Figlio del Cielo per i suoi sudditi cinesi, ma anche il Khan dei Khan per i Mongoli, il Chakravartin («Sovrano i cui movimenti sono inarrestabili», Sovrano assoluto) per i Tibetani, era il Sovrano di un Impero multietnico la cui unità risiedeva nella sua persona.
La caratterizzazione di Qianlong come Sovrano guerriero era molto forte, fatta strumentalmente dallo stesso Imperatore per creare un collegamento con la memoria del nonno Kangxi, grande condottiero artefice della conquista manciù, ma non era la sola immagine che Qianlong lasciò di sé.
L’Imperatore Kangxi aveva riunito alla sua Corte gli intellettuali e scienziati più illustri (tra le sue grazie in primis i Gesuiti in missione evangelica), anche Qianlong ebbe un ruolo importante nello sviluppo e nella valorizzazione della cultura cinese. Egli stesso poeta, l’Imperatore promosse studi e opere che recuperavano le tradizioni manciù (lingua, storia e religione), preoccupato che l’eccessiva integrazione con l’etnia maggioritaria han potesse in qualche modo «inquinare» l’autenticità della stirpe dominante.
Le vittorie militari contribuirono all’espansione delle conoscenze geografiche e Qianlong si impegnò a diffondere nell’Impero le notizie dell’acquisizione dei nuovi territori, promuovendo gazzette locali, ma soprattutto facendo realizzare nuove carte geografiche che comprendessero le recenti conquiste, sfruttando per questo compito le competenze degli scienziati gesuiti presenti a Corte (carte che grazie ai contatti di questi con l’Europa furono conosciute quasi contemporaneamente nel nostro continente).
Ma l’iniziativa culturale più importante di Qianlong fu senza dubbio la realizzazione della Siku quanshu, la Biblioteca Completa dei Quattro Tesori, un’antologia comprendente tutto quanto scritto fino a quel momento in cinese, senza distinzioni di genere, epoca o lunghezza (Quattro Tesori si riferisce appunto alle quattro sezioni in cui sono classificati i testi cinesi, classici, storici, filosofici e raccolte). Copiata a mano tra il 1773 e il 1782 con la collaborazione di trecentosessantuno studiosi, questa imponente raccolta comprendeva 36.000 volumi, per un totale di 4,7 milioni di pagine, le quali riproducevano interamente 3.500 opere diverse. Qianlong si augurava, patrocinando quest’opera, di entrare nel pantheon dei grandi uomini di lettere, come il nonno.
L’ultima fase dell’era Qianlong concise col declino dell’Impero Cinese, che si concluse dopo la sua morte con le sconfitte nelle guerre dell’oppio fino alla definitiva fine della millenaria istituzione imperiale. A mandare definitivamente in crisi il Celeste Impero, furono le aggressive politiche commerciali inglesi che si concretizzarono nelle due guerre dell’oppio che misero la parola fine all’epoca d’oro del Settecento Cinese.
IMPORTANTE VASO IMPERIALE FAMIGLIA ROSA