OROLOGIO CARTEL, REAL FABBRICA FERDINANDEA, MODELLO DI FRANCESCO CELEBRANO, 1780 CIRCA
in porcellana dorata e policroma, cm 62x45x13; quadrante in smalto bianco con numeri romani per le ore, numeri arabi per i minuti e foro di carica a ore 6
L'opera è corredata di certificato di libera circolazione
Bibliografia
A. Caròla-Perrotti, Le porcellane del Marchese della Sambuca, in Gli amici per Nicola Spinosa, Roma 2019, pp. 217-229
La cassa in porcellana è un felice esempio di barocchetto napoletano, modellata a volute naturalistiche ispirate al mondo vegetale che si snodano con eleganza ad andamento asimmetrico intorno al quadrante. Alla sommità, all’interno di una grande foglia riecheggiante una conchiglia, un puttino saldamente seduto trattiene con gesto affettuoso il compagno seduto in bilico, la gamba sinistra sporta pericolosamente in fuori, come a protendersi a guardare le ore. Ai due lati del quadrante, in corrispondenza delle ore 9 e delle ore 3, due volute a ricciolo volte all’esterno sorreggono altri due putti seduti su pudichi panneggi svolazzanti, l’uno giallo, l’altro porpora. La decorazione policroma accentua la leggerezza del movimento avvolgente grazie all’utilizzo della bicromia del blu fiammato posto nelle rientranze e dell’oro, che ne esalta le sporgenze sul fondo bianco latte della bella porcellana tenera del primo periodo ferdinandeo. Il ricciolo terminale in basso racchiude uno stemma principesco con le armi del Marchese della Sambuca, già alludente al suo futuro titolo di Principe di Camporeale.
L’elegante oggetto ferdinandeo costituisce uno fra i più felici esempi di modellato attribuibili a Francesco Celebrano, pittore e scultore di corte al tempo di Ferdinando IV di Borbone -grandemente stimato anche da Raimondo de Sangro Principe di San Severo per il quale aveva eseguito il paliotto marmoreo in alto rilievo per la sua celebre Cappella - nominato inoltre dal re Direttore Artistico della fabbrica borbonica della porcellana, dove coprì anche il doppio ruolo di Direttore dei pittori e degli scultori a partire dal 1771, quindi anche durante gli anni “clandestini” di Portici (1), e fino al 1780, quando con decisione per lui inattesa venne dimesso e le sue cariche suddivise fra Domenico Venuti, per la Direzione Artistica, e Filippo Tagliolini, per la scultura. L’attribuzione a Celebrano è indubbia sia per le affinità con le sue opere maggiori certe, sia per lo schema compositivo del nostro cartel, che si presenta come una traduzione tridimensionale di un affresco, quasi un bozzetto, per uno dei suoi celebri soffitti a volta - e citiamo ad esempio quello da lui realizzato nella dimora del Principe di Casacalenda a piazza San Domenico Maggiore – e, ancora, per il più che calzante confronto di modellato tra i nostri quattro puttini in porcellana e i suoi tipici angioletti presepiali che con grazia era solito creare per movimentare il momento dell’Avvento.
A queste analisi stilistiche vanno aggiunte altre considerazioni logiche e di opportunità legate all’importanza del destinatario, sia che ne sia stato il committente, sia che il nostro cartel sia stato eseguito come dono reale a lui destinato. Perché Sambuca, nominato Primo Segretario di Stato nel 1776 subito dopo la caduta in disgrazia di Bernardo Tanucci, nel 1780 era considerato uno dei personaggi più importanti e più noti del governo borbonico, l’uomo che grazie al suo incarico sorvegliava e dirigeva i ministeri determinanti per la politica del Regno. Nel quadro generale della revisione delle amministrazioni borboniche egli aveva fra l’altro affrontato anche la gestione dei Beni Allodiali da cui dipendevano le Manifatture Reali, affidandone nel 1777 la conduzione all’Abate Galiani, noto economista e persona di sua fiducia. A seguito di una personale ricerca pubblicata di recente si è potuto scoprire che questo intervento fu determinante per l’evoluzione della Real Fabbrica Ferdinandea della Porcellana, e non solo. A partire dal 1780, infatti, la manifattura poté effettuare un grande salto di qualità proprio perché Sambuca, avendole destinato ben diversi mezzi economici e servendosi dei suoi personali buoni rapporti instaurati in precedenza con la corte di Vienna durante il suo soggiorno trascorso in Austria come Inviato Plenipotenziario tra il 1770 e il 1775, era riuscito ad ottenere che Filippo Tagliolini e il tecnico delle fornaci Magnus Fessler venissero “prestati” dalla fabbrica di Vienna a Napoli per rimodernare i vecchi forni e rivedere l’organizzazione dell’intera produzione napoletana.
Abbiamo detto “non solo” perché fra le tante innovazioni introdotte da Sambuca, e dimenticate fino ad oggi dalla storia, non possiamo non ricordare la sua felice intuizione di creare il grande Museo Farnesiano, che verrà poi chiamato Real Museo Borbonico e oggi noto come Museo Archeologico di Napoli. Progetto grandioso e lungimirante che comportò lo sgombero dell’Università dal Palazzo degli Studi - e il suo spostamento nel Palazzo del Salvatore dove ancora oggi risiede - per riunivi le antichità Farnese, i reperti Ercolanesi e le due Biblioteche, la Farnesiana e Palatina, dislocate fra diverse scomode sedi. Da notare che i marmi Farnese erano a Roma e che per realizzare questo progetto venne organizzato da Sambuca, in tandem con Venuti, un impegnativo lavoro di restauro delle statue coinvolgendo i più noti scultori romani, Albacini in primis, in previsione del noto trasporto delle opere da Roma a Napoli, immortalato per la sua straordinarietà in una celebre incisione. Il trasporto avvenne per sfortuna di Sambuca nel 1790, quattro anni dopo la sua caduta in disgrazia e le sue forzate dimissioni. Questa circostanza ha fatto sì che venisse dimenticato, probabilmente volutamente, il suo determinante ruolo di ideatore del grande Museo Borbonico (2). Ricordiamo questa sua complessa impresa, benché non strettamente pertinente alla storia del nostro cartel, in quanto è stata celebrata in due importanti lavori della Real Fabbrica Ferdinandea: il celeberrimo Servizio Farnesiano - il primo servizio decorato con vedute del regno - che oggi sappiamo essere stato eseguito espressamente per Sambuca, e il suo ritratto in biscuit a mezzo busto “grande al naturale” (datato 1781) modellato, riteniamo per riconoscenza, da Filippo Tagliolini con apposta la scritta in oro BONARUM ARTIUM RESTITUTORI, che esplicitamente lo commemora come promotore delle arti (3).
L’orologio che qui presentiamo, conservato fino ad oggi dai diretti discendenti, costituisce l’esempio esplicito del passaggio del testimone da Francesco Celebrano a Domenico Venuti, segnando stilisticamente la fine del barocchetto napoletano e l’instaurarsi del neoclassicismo sotto l’entusiasmo per la scoperta degli scavi borbonici. Un oggetto raffinatissimo e sfornato per un tale destinatario non poteva che essere ideato e realizzato dal Direttore della fabbrica, Celebrano appunto, peraltro noto per aver modellato tra il 1778 e il 1780 altri notevoli orologi da tavolo su committenza reale (due tanto particolari da venire commentati da canzoni), citati nei documenti ma purtroppo non pervenutici. Per il solo altro esempio a noi noto dobbiamo fare riferimento alla straordinaria “Pendola del Tempo”, giunta di recente come generoso lascito al museo napoletano Duca di Martina alla Villa Floridiana (4).
Celebrano, forse già intuendo la sua prossima caduta in disgrazia, pensiamo abbia tentato di conquistare il potente marchese con un esempio di quanto egli sapeva fare al meglio, un orologio appunto, un lavoro di grande raffinatezza che a nostro avviso costituisce il suo ultimo capolavoro in porcellana. Opera simbolica che chiude un ciclo produttivo, spezzando quel filo rosso che ancora legava la porcellana di Ferdinando IV alla precedente di Capodimonte.
Angela Caròla-Perrotti
1) Per il periodo “clandestino” di Portici cfr. A. Caròla-Perrotti, Le Reali Manifatture Borboniche, in La Storia del Mezzogiorno, Napoli 1993, v.XI, pp. 669-671.
2) Per la storia del trasporto delle statue Farnese cfr. A. Gonzàlez Palacios, Il trasporto delle statue farnesiane da Roma a Napoli, in Antologia di Belle Arti, n.6, 1978; e anche F. Rausa, Le statue Farnese storia e documenti, Napoli 2007.
3) Per la ricerca inedita su Sambuca cfr. A. Caròla-Perrotti, Le prcellane del Marchese della Sambuca, in Gli amici per Nicola Spinosa, Roma 2019, pp. 217-229 (saggio nel quale è anche pubblicato il Cartel commentato in questa sede).
4) Cfr. Asta Christie’s Italia, Roma 29/11/1989, lotto 293.