Capolavori da collezioni italiane

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Raffaello Sorbi
(Firenze, 1844 - 1931)

Raffaello Sorbi

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Raffaello Sorbi

(Firenze 1844 - 1931)

LA REGATA SULL'ARNO

olio su tela, cm 40,5x73,5

firmato in basso a destra

L'opera è corredata di certificato di libera circolazione

 

Bibliografia

A. Parronchi, Raffaello Sorbi, Firenze 1988, n. 112

 

Il dipinto di Sorbi Regata in Arno ben s’inserisce in quella produzione di scene in costume storico che l’artista esegue tra gli anni ’60 e ’70 dell’800. Il dipinto presenta un ampio scorcio sulla zona meridionale di Firenze, circondata da colline, così come Sorbi la immaginava in epoca medievale.

Un allegro convito di fanciulle sorridenti, con abiti eleganti e sgargianti e curate acconciature, assiste dalla terrazza di un edificio medievale la gara dei barchini che si svolge sul fiume Arno, evento a cui accorrono donne e cavalieri che affollano la sponda del fiume in cerca del punto migliore per osservare la competizione. Sul lato destro della riva dell’Arno vediamo la Torre di San Niccolò, la più antica delle porte cittadine che prende il nome dall’omonimo quartiere nella parte orientale di Oltrarno. Edificata nel 1324 forse su progetto dell’Orcagna, è l’unica porta fiorentina che ancora oggi conserva la sua altezza originale. A lato della torre vediamo le mura della città e il complesso della pescaia che bloccava l’accesso al fiume a imbarcazioni nemiche provenienti da est (stesso scopo aveva a ovest la pescaia di Santa Rosa) e che continua idealmente le mura verso la torre della Zecca Vecchia che vediamo a sinistra. La pescaia aveva inoltre la funzione di regolare il livello delle acque, garantendo ai mulini della zona, ai tiratoi, agli opifici e ai conciatori e ai tintori un approvvigionamento idrico sufficiente e costante nel tempo.

Il dipinto presenta una prospettiva rigorosa; l’impianto grafico e l’alternanza dei piani rispondono all’esigenza di una definita costruzione scenica mentre delicate velature di tinte ingentiliscono il segno. La memoria della lezione macchiaiola, seppure evidente nel paesaggio collinare dello sfondo, è sconfessata dal nitore della luce e dei colori.

L’opera può essere datata tra il 1874-1876, anni a cui risalgono opere di analogo soggetto e simile composizione: ritroviamo le stesse figure di giovani riuniti in conviti gai e spensierati in Una terrazza sull’Arno olio su tela, cm 51x66, firmato e datato 1874, Concertino all’aperto olio su tela, cm 50x63, del 1875 e Il Decamerone olio su tela, cm 45,5x88,7, del 1876.

 

Palio dei navicelli

L’Arno ha sempre avuto un ruolo centrale per la città di Firenze, come dimostrano le innumerevoli vedute fiorentine degli artisti che hanno operato in Toscana fin dal medioevo. È anche grazie al patrimonio artistico se possiamo ricostruire la storia del rapporto tra la città di Firenze e il suo fiume. L’Arno era perfettamente integrato nella vita cittadina, essendo il fulcro dell’attività economica fiorentina, ma anche un luogo identitario, in cui si rispecchiava l’immagine della città.

Secondo una tradizione, recuperata di recente dal comune di Firenze, fin dal lontano 1250, ogni 25 luglio si svolgeva, in onore di San Jacopo (così veniva chiamato dai fiorentini l’Apostolo San Giacomo Maggiore), il palio dei “navicelli” o “barchetti”. In occasione di tale ricorrenza veniva disputata la regata cittadina,la cui partenza avveniva dal greto su cui ancora oggi aggetta la chiesa di San Jacopo, sui caratteristici sporti. Esisteva presso San Jacopo Soprarno una Cappellanìa, al cui priore incombeva l’obbligo di pagare la spesa del Palio de’ Navicelli; si trattava infatti di un evento importantissimo a Firenze. Il Palio veniva disputato dai tipici barchini in legno utilizzati dai renaioli, i lavoratori che trasportavano la sabbia per le imprese edili nell’Arno. Anche nei secoli successivi venivano impiegati i barchini, uno per ciascuno dei quattro quartieri: Santo Spirito, Santa Maria Novella, Santa Croce e San Giovanni. Nel dipinto qui offerto riscontriamo infatti la presenza di quattro imbarcazioni, caratterizzate dai colori che rimandano ai quattro quartieri: il rosso, il bianco, il verde e il blu. Alla fine del Settecento, con le soppressioni del granduca Pietro Leopoldo di Lorena, anche l’antica regata cessò.

Sembra che l’idea di festeggiare la festività dell’Apostolo con un palio di “navicelli” derivi dalla leggenda relativa alle reliquie del Santo decapitato: dopo il supplizio, le sue membra furono, secondo il racconto, imbarcate dai suoi discepoli su un navicello privo di vela e di timone (come quelli usati nel Palio) ed approdò quindi miracolosamente sulle coste della Galizia, dove il suo corpo fu sepolto nella località divenuta in seguito Santiago de Compostela. 

Secondo un’altra versione la corsa sull’Arno sembra essere sorta come imitazione delle naumachie degli antichi Romani, allo stesso modo in cui il Palio dei Cocchi, che si disputava in Piazza santa Maria Novella, altro non era se non una riproduzione della corsa delle bighe nel Circo Massimo.