Antonio Pirri
(Bologna? – documentato nel 1511)
PRESENTAZIONE DI GESÙ AL TEMPIO
olio su tavola, cm 69x53,5
THE PRESENTATION OF THE CHRIST CHILD IN THE TEMPLE
oil on panel, cm 69x53,5
Provenienza
Roma, Palazzo Caetani
Bibliografia
A. Martini, Un inedito di Antonio Pirri, in “Arte Antica e Moderna” 1961, 13-16, pp. 195-96, tav. 77; M. Natale, Museo Poldi Pezzoli. Dipinti, Milano 1982, p. 129; S. Tumidei, voce “Pirri, Antonio” in La Pittura in Italia. Il Cinquecento, a cura di Giuliano Briganti, Milano 1988, p. 806
Referenze fotografiche
Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione; Fototeca Federico Zeri, scheda 59713.
Presentiamo qui per la prima volta la preziosa tavoletta nota fino a questo momento solo grazie alla fotografia pubblicata nel 1961 da Antonio Martini che la aveva rintracciata nell’archivio di Corrado Ricci, pioniere negli studi sulla pittura romagnola.
Se le note di quest’ultimo riferivano l’opera alla produzione di Francesco e Bernardino Zaganelli da Cotignola o, in alternativa, ad Antonio Pirri, il confronto con le opere firmate di quest’ultimo, in particolare la Visitazione del Museo Poldi Pezzoli a Milano suggerì invece a Martini di restituirgli l’opera con assoluta certezza, in seguito condivisa da quanti si sono occupati del pittore.
Sebbene le tavole firmate del Poldi Pezzoli (oltre alla citata Visitazione, un San Sebastiano) fossero note fin dagli inizi del XX secolo, si deve a Roberto Longhi la prima lettura critica di Antonio Pirri e la sua collocazione accanto agli Zaganelli, ad Amico Aspertini e al primo Mazzolino, ovvero tra gli episodi salienti intercorsi tra Bologna, Ferrara e la Romagna ricostruiti nelle pagine dell’Officina ferrarese, dove Longhi rendeva nota un’altra tavola firmata di Antonio Pirri, la terza e ultima che di lui si conosca.
Sorprendente è poi constatare come le righe dell’Officina che lo riguardano seguano immediatamente il noto passo sulla “civiltà delle grottesche” trasmesse da Roma all’Italia del nord attraverso l’Umbria e la Romagna grazie ad artisti itineranti come Amico Aspertini, e diffuse dalla “brigata” a cui Longhi, pur non conoscendo l’opera qui presentata, aggregava anche il Nostro.
Sono appunto i motivi classicheggianti liberamente rielaborati nei modi più eccentrici ed esaltati dalla vivace policromia sul fondo dorato a caratterizzare il nostro dipinto, ripetuti sulle lesene e gli archi delle campate dell’improbabile loggiato “all’antica” ove ha luogo la presentazione del Bambino. Al rigore geometrico dello spazio prospettico, sottolineato dalle specchiature di marmi variegati, fa contrasto il gusto nordicizzante delle figurine, forse esemplato su modelli incisi non rintracciati, evidente nelle vesti e nelle acconciature delle protagoniste femminili, come nel profilo aguzzo del personaggio anziano a sinistra dell’altare. Motivi che ritroviamo testualmente nella Visitazione milanese e, declinati in modo appena diverso, nella predella con miracoli di Sant’Antonio di Francesco Zaganelli a Berlino, Gemäldegalerie e in altre opere dell’artista romagnolo.
La coesistenza di motivi nordici con altri derivati dall’antico ma piegati a un’intenzione anti-classica quando non decisamente grottesca caratterizza la produzione di Amico Aspertini in opere di formato esiguo come in quelle monumentali, quali gli affreschi nell’Oratorio di Santa Cecilia, verso il 1506. Sono questi probabilmente, insieme alle prime prove di Lorenzo Costa, presente anche lui nell’oratorio bolognese, i testi su cui si forma Antonio Pirri. L’unico documento che a lui si riferisca, la perizia sulla pala d’altare licenziata nel 1511 dal bolognese Antonio Rimpatta per la chiesa napoletana di San Pietro ad Aram lo ricorda infatti come “Maestro Antonio Pirro di Manfreda da Bologna”.
Opera dichiarata di interesse culturale particolarmente importante dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo. Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Firenze e le province di Prato e Pistoia il 29 aprile 2020 (n. notifica 597).
The Italian Soprintendenza considers this lot to be a work of national importance and requires it to remain in Italy; it cannot therefore be exported from Italy.