Attribuito al Maestro del 1343
(attivo nell’Umbria meridionale, sec. XIV)
SANT’ANTONIO ABATE E SAN LORENZO CON STORIE DELLA LORO VITA
tempera su tavola, cm 186x164
iscritto nella fascia che separa il registro centrale dalla predella “S(ancto) Lorenzo di Iovanni … (Anno) D(omi)ni MC(C)CXLIII”
Provenienza
Montemurlo (Prato), Villa del Barone, collezione Loni-Coppedè; Lucca, Galleria Vangelisti (1-8 maggio 1974, n. 671); Firenze, collezione privata.
Bibliografia
F. Todini, La Pittura Umbra dal Duecento al primo Cinquecento, 1989, I, p. 99; figg. 391-394, pp.188-190.
Repertoriata da Filippo Todini come namepiece e unico esemplare del catalogo di un ancora ignoto artista ribattezzato Maestro del 1343 - per via della data presente nell’iscrizione frammentaria che compare nella fascia che separa il registro centrale dalla predella - la pala d’altare presentata, strutturata a forma di trittico attraverso un’architettura dipinta a tre archi, è un’eccezionale testimonianza della produzione pittorica trecentesca tra Umbria e Abruzzo.
Singolare si rivela la morfologia dell’impaginato in quanto la ripartizione in storie si estende dalla predella allo scomparto laterale sinistro: al centro campeggia la figura di Sant’Antonio abate assiso in trono e adorato da due committenti, a destra San Lorenzo in piedi sulla graticola – lo strumento del suo supplizio – con ai suoi piedi un monaco benedettino, mentre a sinistra si trovano, una sopra l’altra, le scene di San Giovanni Battista che presenta Gesù al tempio, San Michele arcangelo pesatore di anime e l’Ultima comunione della Maddalena con il ritratto della committente inginocchiata in basso nell’angolo. Nella predella sono raffigurate due storie di Sant’Antonio (Penitenza nel deserto e Tentazione del santo) e due storie di San Lorenzo (Martirio e Discesa al Purgatorio).
Si distinguono inoltre due stemmi, dipinti rispettivamente ai piedi di Sant’Antonio e di San Lorenzo: quest’ultimo, rosso alla colomba d’argento avente nel becco un ramo d’ulivo, con capo d’azzurro caricato di tre gigli d’oro separati da tre verghette di rosso, è stato identificato da Todini con quello della famiglia Pamphily di Gubbio che effettivamente corrisponde.
“In rapporto con la pittura perugina, ma fortemente influenzato dal gusto gotico” come era stato definito da FilippoTodini che riscontrava affinità con Pace di Bartolo, pittore attivo ad Assisi tra il 1344 e il 1368, (cfr. Todini 1989, p. 99), allo stato attuale degli studi non sembra possibile accostare al Maestro del 1343 altre testimonianze superstiti.
La vivacità nella narrazione e la plasticità delle forme rimandano ai modi degli artisti attivi nel Trecento in area appenninica, tra l’Umbria meridionale e l’Abruzzo (Maestro di Cesi, Maestro del Crocifisso di Trevi, Maestro di San Ponziano e il Maestro del Crocifisso d’Argento), qualificando la pala d’altare quale interessantissimo caso di studio, oltre che per la comprensione del panorama pittorico in territorio umbro, per le sue peculiarità tipologiche e iconografiche. La presenza di vari donatori e soprattutto di due armi araldiche sono ulteriore prova della sua rilevanza storica e artistica: l’identificazione dello stemma al di sotto della figura di Sant’Antonio si rivelerà senz’altro la chiave di volta per una più circonstanziata collocazione topografica di questo unicum pittorico.
Opera dichiarata di interesse particolarmente importante dal Ministero per i Beni, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma, Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio della Liguria (D.P.C.R. n. 130/058 TUT del 18/09/2020).
The Italian Soprintendenza considers this lot to be a work of national importance and requires it to remain in Italy; it cannot therefore be exported from Italy.