Laurent Pécheux
(Lione, 1729 – Torino, 1821)
GIOVE E SEMELE
olio su tela, cm 85x128
firmato e datato in basso a sinistra “Pécheux/1751 (o 1753)”
JUPITER AND SEMELE
oil on camvas, cm 88x128
signed and dated lower left “PECHEUX / 1751 (o 1753)”
Bibliografia
S. Laveissière, Pècheux, peintre romain, in Laurent Pécheux, Un peintre français dans l’Italie des Lumières, 1729 - 1821. Catalogo della mostra, a cura di Sylvain Laveissière (Dole, Musée des Beaux Arts, 2012), Milano 2012, p. 14, fig. 21; S. Laveissière, voce Laurent Pécheux, in Dizionario Biografico degli Italiani, 82, 2015.
Comparso per la prima volta sul mercato antiquario francese nel 1993, il dipinto è stato ripetutamente pubblicato da Sylvain Laveissière cui si deve la più recente e completa ricostruzione della biografia e del catalogo dell’artista francese.
La rara scena mitologica costituisce, più esattamente, la sua prima opera nota, datandosi nel breve periodo di ritorno a Lione dopo la formazione parigina nello studio di Charles-Joseph Natoire o, se la data deve leggersi 1753, immediatamente dopo l’arrivo a Roma nel gennaio di quell’anno. Se si eccettua un breve ritorno in patria nel 1800, Pécheux trascorse tutta la vita in Italia, a Roma fino al 1777 e poi a Torino, come pittore di corte di Vittorio Amedeo III. Autore di pale d’altare per la città natale, di sofisticate mitologie per i maggiori committenti romani, da Marcantonio IV Borghese al Balì de Bréteuil, di ritratti ricercati da tutte le corti europee – dai Borbone di Parma a quelli di Napoli, dal “Young Pretender” Charles Edward Stuart a Caterina di Russia – Pècheux fu inoltre legato ai circoli scientifici e filosofici dell’Età dei Lumi di cui ritrasse i protagonisti: la Marchesa Teresa Boccapaduli, mostrata come studiosa di scienze naturali nel bel dipinto ora al Museo di Roma a palazzo Braschi, o il padre Jacquier, illustre matematico raffigurato alla lavagna nel dipinto ora tornato al convento di Trinità dei Monti, dove egli risiedeva.
Il tema del nostro dipinto, ispirato alla Teogonia di Esiodo ripresa da Ovidio nelle Metamorfosi, si riferisce agli amori di Giove per donne mortali e alle loro funeste conseguenze: avendo chiesto all’amante di rivelarsi, Semele è ridotta in cenere dal suo fulgore soprannaturale cui allude, per l’appunto, l’insolita dominante cromatica del dipinto, declinata con diversa intensità nei panneggi e nell’atmosfera infuocata che avvolge la figura divina. Preziosa e sofisticata è poi la natura morta in primo piano.
Lo stesso tema, con diversa composizione, sarà ripreso da Pécheux in un disegno ora al Musée des Beaux Arts di Dijon.