AGENORE FABBRI
(Pistoia 1911 - Savona 1998)
Maternità
terracotta dipinta
h 115 cm su base diam. 28x35 cm
firmato alla base
iscrizione V&D
Maternità
painted terracotta
h 115 cm on base diam. 28x35 cm
signed on the base
inscription V&D
Provenienza
Collezione Giueseppe Verzocchi
Collezione privata
Courtesy © Sala Personale di Agenore Fabbri alla XXVI Biennale Internazionale d’Arte di Venezia, 1952
Mart, Archivio del ‘900, Fondo Agenore Fabbri.
[...] In questo saggio dedicato alla vita e all’opera di Agenore Fabbri, la censura di cui abbiamo parlato non va intesa soltanto come l’ora zero del generale corso della storia dopo i sommovimenti bellici che si stavano concludendo proprio allora; essa definisce piuttosto e soprattutto una palese trasformazione riscontrabile dopo il 1945 nella concezione che Agenore Fabbri aveva dell’opera d’arte, trasformazione che coincide con totale cambio di paradigma nei suoi soggetti preferiti, e allo stesso tempo è da intendersi come una radicale revisione del suo stile e del suo linguaggio. La guerra è oramai conclusa, tuttavia le immagini di lutto, sofferenza e terrore non sono scomparse, anzi si sono impresse nella coscienza dell’artista e pretendono ora che egli ne dia ragione. A questo punto possiamo chiederci se il repentino allontanamento dal canone formale perseguito fino al 1945 sia da intendersi come una cosciente rottura autocritica dell’artista rispetto a una impostazione che, rispondendo agli standard estetici allora vigenti, gli aveva consentito di ottenere notevole consenso durante l’era fascista, o se invece non furono i traumi psicologici causati dalle drammatiche esperienze della guerra a imporsi come materiale di una rielaborazione che lo portò ad allontanarsi da un modello armonioso di figura umana. In ogni caso, la sua arte diventa per lo più uno strumento finalizzato all’ espressione di sentimenti, affetti e stati di inquietudine dal forte valore soggettivo ed emozionale, in cui pena, sofferenza, tormento e paura vengono articolati con espressiva drammaticità e drastico realismo. La scultura diventa insomma lo strumento attraverso cui Agenore Fabbri da’ voce, sul piano figurativo, alla sua personale protesta contro ogni forma di violenza, oppressione, persecuzione, assassinio e brutalità; le sue opere diventano vive testimonianze di un tragico sentimento della vita, di emozioni passionali e di una volontà di ribellione e senso critico; esse devono toccare l’osservatore del profondo dell’anima, stimolarne la reazione emotiva, provocare in lui turbamento e compassione. In tal modo Agenore Fabbri si rifaceva anche, più o meno consapevolmente, alle tradizioni iconografiche dell’arte cristiana medievale, per esempio ai soggetti della Passione, della Pietà, dell’Ecce Homo e del martirio che l’arte cristiana aveva rappresentato - sia nello stile figurativo delle sue opere in generale che, più in particolare, nei gruppi scultorei che mettono in scema quei soggetti - con brutale realismo; un realismo che, nella toccante rappresentazione di lutto e sofferenza, ci lascia ancora oggi sgomenti. [...]
Volker W. Feierabend, Lo scultore Agenore Fabbri, Il 1945, un punto di svolta per l’arte e le finalità espressive di Agenore Fabbri. La figura umana come “medium” di una protesta contro la violenza e il dolore, Agenore Fabbri Catalogo generale - scultura - Edizione Vaf Fondazione Silvana Editoriale pag. 44