Jacopo Negretti detto Palma il Giovane
(Venezia, 1549 - 1628)
SANSONE E DALILA
olio su tela, cm 122x146
firmato “IACOBUS PALMA F.” in basso a sinistra sul gradino
SAMSON AND DELILAH
oil on canvas, cm 122x146
signed “IACOBUS PALMA F.” on a step at left
Provenienza
Firenze, collezione privata
Bibliografia
N. Ivanoff – P. Zampetti, Jacopo Negretti detto Palma il Giovane, in I Pittori Bergamaschi. Il Cinquecento. III, Bergamo 1979, p. 538, n. 66; p. 676, fig. 6; S. Mason Rinaldi, Palma il Giovane. L’opera completa, Milano 1984, p. 85, cat. 96; p. 395, fig. 531; J. Zapletalovà, Palma il Giovane: Sansone e Dalila, in “Arte Cristiana” XCIX, 2011, 865, pp. 303-311 (in particolare: pp. 306 e 309; fig. 9 a p. 309; p. 310, note 26-28).
Da tempo noto agli studi sul pittore, se pure attraverso riproduzione fotografica, il bel dipinto qui offerto si iscrive in un gruppo di tele di destinazione privata dedicate ai personaggi femminili dell’Antico Testamento (Susanna, Betsabea, e appunto Dalila) realizzate da Jacopo Palma tra primo e secondo decennio del Seicento.
Tratta dal Libro dei Giudici (16, 4-21) la storia di Sansone e Dalila fu elaborata dall’artista veneziano in versioni tra loro diverse nella composizione e nel momento raffigurato. Se infatti il nostro dipinto e la tela in collezione Colloredo-Mannsfed in Boemia mostrano la bella Filistea nell’atto di tagliare i capelli del guerriero addormentato, la tela conservata a Roma all’Accademia di San Luca illustra invece il momento successivo, ovvero Dalila nell’atto di mostrare, vero e proprio trofeo, la chioma recisa del guerriero che ha privato della sua forza leggendaria.
Tutte le redazioni del tema sono legate a prove grafiche che ne costituiscono lo studio preparatorio o, in alcuni, la documentazione d’après. Alla versione boema si lega infatti un foglio presso l’Accademia Carrara di Bergamo (n. 2322) mentre quella romana trova riscontro in due studi preparatori su un unico foglio al British Museum.
Al nostro dipinto si lega invece un disegno nelle raccolte del Museo Correr, parte di un album appartenuto a Anton Maria Zanetti, che costituisce un primo “pensiero” per la composizione, poi variata in molti dettagli. Ne derivava invece, con ogni probabilità, il disegno (non rintracciato) inciso all’acquaforte e pubblicato da Giacomo Franco nel volume edito a Venezia nel 1611 De Excellentia et Nobilitate Delineationis (The Illustrated Bartsch, 33, pp. 148-49), illustrato insieme al dipinto dalla Mason Rinaldi (1984, fig. 533) ma già citato da Ivanoff e Zampetti che per primi resero nota la tela qui offerta.
La data del volume, 1611, ne costituisce un utile termine di datazione.