GRANDE BACILE DA ACQUERECCIA, MONTEUPO, 1620 CIRCA
in maiolica dipinta in policromia, diam. cm 49, alt. cm 5,5
A LARGE EWER STAND, MONTELUPO, CIRCA 1620
Bibliografia
G. Conti, L’arte della maiolica in Italia, Milano 1980, nn. 359-360
Bibliografia di confronto
F. Berti, Storia della ceramica di Montelupo. Vol. II, Montelupo Fiorentino 1998, pp. 203-204, pp. 386-387;
C. Ravanelli Guidotti, Maioliche di Montelupo, Firenze 2019, p. 47 fig 26
Il grande bacile con centro umbonato ha forma baccellata nell’umbone, nell’ampia fascia di stacco e nella breve tesa. Il bacile è apodo. Il decoro policromo interessa l’intera superficie e mostra al centro del cavetto l’emblema della famiglia Visdomini (inquartato, al canton destro campo d’oro, al canton sinistro fasce bianche e nere, in basso all’inverso al canton destro della punta fasce bianche e nere e al canton sinistro campo d’oro) in uno scudo ovale incorniciato da una mossa cornice a cartouche. Intorno all’umbone, disposti a raggera, una serie di sottili e complessi elementi “a candelabro” accompagnati, negli spazi triangolari tra una baccellatura e l’altra, da piccole testine di arpia. Un cordolo a rilievo separa l’umbone da una seconda sezione del cavetto, pure baccellata e interamente decorata da elementi di grottesche che vedono susseguirsi senza soluzione di continuità arpie, fauni alati, elementi ferini sostenuti da gioielli, cartouche, cammei e elementi velari. Sulla tesa i medesimi elementi sono ripetuti in versione singola. Sul verso, ove si leggono elementi decorativi a serpentina e girali fogliate delineate in blu acquarellato, al centro di una riserva circolare sottolineata da linee concentriche e da una ghirlanda delineata in rosso–arancio spicca la marca della bottega: Fo sopra omega.
Il grande bacile da acquereccia, probabilmente in origine associato a un versatoio, appartiene alla produzione cosiddetta da “pompa”, che vede nella produzione di Montelupo alcuni importanti esempi e confronti, spesso associati a l’emblema di famiglie nobiliari e motivo decorativo a raffaellesche, a partire da esemplari databili con certezza ancora al XVI secolo e altri già del XVII secolo, come i bacili conservati al Museo di New York e al Bargello di Firenze, datati 1617 e 1626. Il nostro figurava tra i sei noti elencati da Fausto Berti nel 1998, già pubblicato da Conti come “esemplare toscano tardo cinquecentesco”. Pur essendo prossima per morfologia a un bacile con decoro floreale con emblema Medici-Austria di collezione privata datato 1628, tuttavia a livello stilistico e iconografico l’opera in esame mostra una cura particolare nella realizzazione delle raffaellesche che fa propendere per una produzione di poco anteriore.