IMPORTANTI MAIOLICHE RINASCIMENTALI

Firenze, 
mer 20 Ottobre 2021
Asta Live 1099
53

SCODELLA, RIMINI O LIONE, 1580-1620 CIRCA

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SCODELLA, RIMINI O LIONE, 1580-1620 CIRCA

in maiolica dipinta in policromia; al verso la scritta La rouina del tempio per segnali Reuela a, suoi discepoli ‘l Signore; diam. cm 24,7, alt. cm 3,5

 

A BOWL, RIMINI OR LYON, CIRCA 1580-1620

 

Bibliografia di confronto

J. Lessmann, Italienische Majolika. Katakog der Sammlung, Brunswick 1979, p. 227 n. 239;

T. Wilson, The Golden Age of Italian Maiolica Painting, Torino 2019, p. 338 n. 147;

R. Gresta, O. Delucca, La ceramica a Rimini nel Cinquecento. Maioliche istoriate e documenti d'archivio, Misano Adriatico 2020, pp. 166-167 n. 64

 

Il piatto a scodella mostra un cavetto largo e profondo con tesa orizzontale, dipinto in policromia sull’intera superficie con una scena sacra. Al centro Gesù in dialogo con i propri discepoli indica nella piazza di una città, che si intravvede sullo sfondo alta e turrita, sulla destra un tempio circolare. Sul retro verso in caratteri corsivi con un tratto veloce si legge La rouina del tempio per segnali Reuela a, suoi discepoli ‘l Signore, ad indicare l’episodio evangelico della predizione della distruzione del tempio da parte di Gesù.

L’autore del piatto rielabora la probabile fonte incisoria, per ora non identificata (Bernard Salamon?), con tratto rapido e sicuro: disegna con il colore, sottolinea con sottili tratti di manganese, creando la profondità e dando carattere alle figure, soprattutto nei loro tratti somatici e fisici; e sembra anche avere confidenza con le incisioni che utilizzano le prospettive architettoniche, che sa rendere pienamente, con tetti arcuati nei quali sottolinea le tegole o nel tempietto rotondo nel quale crea le finestre e i fornici con sicuri tratti di arancio.

L’opera, che trova alcuni confronti tra i piatti di area adriatica che da Urbino portano verso Venezia, di cui numerose testimonianze sono nelle collezioni dei musei tedeschi, riscontra però a nostro parere una grande affinità con alcune opere francesi, ed in particolare con un piatto di grandi dimensioni, di recente pubblicazione, attribuito al periodo urbinate della carriera di un pittore itinerante che sarà attivo a Lione dal 1585. Questo piatto raffigura la flagellazione di Cristo e mostra affinità stilistiche soprattutto nella resa dei tratti somatici dei volti dei personaggi barbati, ma anche in dettagli minori come i piedi del Cristo o le dita delle mani, non sempre riuscite, talvolta appuntite. Le architetture delineate con tratti più celeri nel nostro piatto mostrano soddisfacenti analogie, che ritroviamo anche nella maniera del tutto personale di tratteggiare le piccole pietre del selciato con tocchi rapidi di bianco di stagno. Si ravvisano le stesse modalità stilistiche anche in piatto, anch’esso con il piede limato, conservato al Museo del Louvre (inv. n. OA 6428), nel quale si ritrovano caratteristiche somatiche molto prossime nella resa dei volti con guance scavate con zigomi sottolineati e occhi con sopracciglia ravvicinate, simili architetture come pure la resa dei ciottoli sul selciato. Tale piatto, già attribuito dalla Giacomotti tra l’Italia o Lione, è stato recentemente associato alle manifatture di Rimini.