Andrea Donducci, detto il Mastelletta
(Bologna, 1575 – 1655)
ADORAZIONE DEI MAGI
olio su tela, cm 250x200
Ricondotta alle dimensioni originarie e alla smagliante e preziosa cromìa che appena si intuiva all’epoca della sua prima apparizione in asta come opera anonima di scuola bolognese, la splendida tela qui offerta si è confermata una preziosa acquisizione al pur nutrito catalogo del Mastelletta, cui l’aveva immediatamente restituita Vittorio Sgarbi nel suo acuto intervento sul Corriere della Sera (Le allucinazioni senza storia del Mastelletta. Riappare (senza essere ricordata dalle fonti) una sua Adorazione dei Magi e racconta i fantasmi anti-caravaggeschi del sontuoso coetaneo bolognese. In “Sette” 09-04-03 2016, p. 25).
Pare incredibile che un’opera di questa portata – imponente nelle dimensioni, appena inferiori a quelle di una pala d’altare; brulicante di personaggi ben oltre i protagonisti di rito, e quindi certamente costosa in un’epoca in cui i pittori erano pagati a figura; smagliante di lacche e di velature iridescenti – conservi ancor oggi il segreto della sua committenza.
Tutta da verificare, infatti, è la possibile identificazione con il Presepio censito nel 1689 in casa del nobile Giovanni Francesco Davia (The Getty Provenance Index), le cui dimensioni non sono indicate nell’inventario, né altri indizi sono emersi nella pur circostanziata “vita” del Malvasia o nelle carte di Marcello Oretti.
Se tuttavia consideriamo le provenienze documentate dei dipinti di Mastelletta confrontabili al nostro per impegno e ambizione, ci imbattiamo nei nomi dei più grandi collezionisti del suo tempo, e non solo bolognesi per quanto legati a Bologna in virtù della propria carriera: in primo luogo Maffeo Barberini, futuro Urbano VIII, committente nel 1614 di un Ratto di Europa e di Cleopatra si reca da Antonio, e i fratelli Vincenzo e Benedetto Giustiniani fautori, tra l’altro, dell’affidamento al pittore dei “teloni” nella cappella dell’Arca in San Domenico a Bologna, capolavoro della sua produzione pubblica.
Dalla collezione di Vincenzo Giustiniani venivano invece le due grandi scene vetero-testamentarie (David e Abigail e Sansone e Dalila) ora nella Pinacoteca di Bologna per lascito di Eugenio Busmanti (si veda l’analisi di Anna Coliva in Caravaggio e i Giustiniani. Catalogo della mostra, Milano 2001, pp. 268-271) e ancora la Aspasia e Artaserse ora in una diversa raccolta (A. Coliva, ibidem e in Il Mastelletta, Roma 1980, p. 117, n. 57, ill) databile, a differenza delle precedenti, nei primi anni del quarto decennio del secolo.
Anche la tela qui offerta, smagliante di colori ricondotti però nelle campiture ben definite di forme monumentali ci sembra riferibile agli anni Trenta, in prossimità dell’altrettanto imponente Ritorno del Figliol Prodigo recentemente ammirato a palazzo Fava, dalla raccolta di Michelangelo Poletti (n. 56) e commentato in più occasioni da Daniele Benati (Il Mastelletta “…. Un genio bizzarro”, Bologna, Fondantico, 10 maggio – 10 giugno 2007. Catalogo della mostra, pp. 48-49, n. 16; con bibliografia precedente), con un’ipotesi di provenienza da palazzo Bonfiglioli in Strada Maggiore.
Una analoga data per la nostra Adorazione sembra infine suggerita da una serie di citazioni reniane: il paggio biondo che al centro porge a Baldassarre il dono da offrire al Bambino richiama immediatamente l’angelo annunciante nella pala ora nella Pinacoteca di Ascoli Piceno, dalla chiesa di S. Maria della Carità, appunto dei primi anni Trenta.
Opera dichiarata di interesse particolarmente importante dal Ministero della cultura, Segretariato Regionale per la Liguria con decreto n. 100 del 23/7/2021.
The Italian Soprintendenza considers this lot to be a work of national importance and requires it to remain in Italy; it cannot therefore be exported from Italy.