Giuseppe Bezzuoli
(Firenze 1784 - 1855)
RITRATTO DI GENTILDONNA CON FIRENZE SULLO SFONDO
olio su tela, cm 107x86
firmato e datato "Giuseppe Bezzuoli fece 1834" a sinistra
PORTRAIT OF A LADY WITH FLORENCE IN THE BACKGROUND
oil on canvas, 107x86 cm
signed and dated "Giuseppe Bezzuoli fece 1834" on the left
La tela qui presentata, passata a un’asta di Pandolfini nel 1985 come un quadro di anonimo del XIX secolo e con il titolo Ritratto di donna con sfondo di paesaggio, fu dipinta nel 1834 da Giuseppe Bezzuoli, il maggiore rappresentante della pittura romantica toscana, noto soprattutto per quadri di tema storico e maestro di pittori come il macchiaiolo Giovanni Fattori (1825-1908). La nobile giovane ritratta, elegantemente abbigliata secondo la moda del tempo, è seduta di tre quarti e fissa lo sguardo sull’osservatore mostrando il volto dai tratti morbidi, rotondi, che inquadrano gli occhi di celeste intenso. La veste, di velluto rosso, contrasta con la tenda verde alle sue spalle la quale incornicia una bella veduta di Firenze illuminata dagli ultimi raggi di un sole che tinge di toni rosati il cielo su cui si stagliano l’elegante profilo di Palazzo Vecchio, la cupola del Duomo e le morbide vette appenniniche sullo sfondo. Il nostro ritratto anticipa nella composizione quello illustre dipinto da Bezzuoli due anni dopo a Maria Antonietta di Borbone (1814-1898), granduchessa di Toscana e seconda moglie del granduca Leopoldo II (1797-1870), oggi conservato alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti a Firenze. La posa delle due donne è infatti la stessa (Maria Antonietta è ritratta per intero, in compagnia del fedele cane), così come l’idea di inserire le ritratte all’interno di uno spazio chiuso ed elegante sullo sfondo di un grande tendone in parte aperto sull’amata città di Firenze, osservata, in entrambi i casi, dal medesimo punto di vista e nella stessa ora del giorno. Si tratta dunque, anche nel nostro caso, di un’immagine impostata nel rispetto di un impianto scenografico e compositivo tipico di quel Romanticismo internazionale che andava affermandosi a Firenze alla metà degli anni Trenta del secolo. Un impianto scenografico, quello, che, come sottolinea Vanessa Gavioli analizzando ritratti coevi al nostro nel catalogo della mostra dedicata recentemente a Bezzuoli a Palazzo Pitti, è «specchio di una società confortata dagli agi e dagli svaghi dell’intelletto»; di «una nobiltà il cui principale regno era la casa, dove si intratteneva confortata dal calore degli affetti familiari» (Gavioli 2022, p. 215).
L’identità della nostra giovane, probabilmente una rappresentante dell’aristocrazia fiorentina, resta un mistero. Stando alle notizie tramandate per generazioni dai proprietari del dipinto, Bezzuoli avrebbe ritratto in quest’occasione una componente della famiglia Corsini. Cosa non confermata né dalle memorie biografiche del pittore né dalla ricca documentazione conservata presso gli eredi di Bezzuoli i cui elenchi dei quadri da lui eseguiti in vita, redatti con precisione dai suoi discendenti nei decenni successivi alla morte, non fanno alcun cenno al quadro in questione. Tuttavia, la tela va a incrementare, ampliandola, la nostra conoscenza di Bezzuoli la cui attività di ritrattista fu fra l’altro esaltata dal critico Ugo Ojetti (1871-1946) in un noto articolo edito in un numero di “Dedalo” del 1920. E lo fa, non tanto perché il quadro qui esaminato anticipa un’iconografia fortunata che Bezzuoli avrebbe poi riproposto di lì a poco tempo nel più celebre dipinto raffigurante la granduchessa Maria Antonietta di Borbone. Ma anche perché la tela coincide con il superamento della prima attività di Bezzuoli come ritrattista, caratterizzata da riferimenti a modelli cari ad artisti francesi gravitanti a Firenze nel corso degli anni Venti del secolo quali in particolare Jean-Auguste-Dominique Ingres (1780-1864), a favore di una nuova fase in quel genere. Un momento, cioè, in cui egli supera il purismo neoquattrocentesco a favore di una pennellata più libera e sciolta, alla veneta, stesa su tele dalla tramatura più grossolana (com’è nel nostro caso) in rapporto a composizioni che, fra l’altro, allo sfondo neutro di ritratti quali quello fatto a Elisabetta Ricasoli nel 1825 (collezione privata) o alla signora Pistolesi, dipinto due anni dopo (Ospedale di Santa Maria Nuova), preferiscono aperture su Firenze e sull’amata campagna toscana dipinta con tratto più brioso rispetto a quella che si scorge alle spalle del Ritratto di Catherine Fanshawe, del 1826, recentemente riscoperto (Bezzuoli 2022, n. IV.6b, p. 229).
Contemporaneamente all’esecuzione del quadro qui esaminato, Bezzuoli doveva fra l’altro far fronte alle tante richieste di opere sia pubbliche che private. Nel 1834 lo troviamo infatti occupato a lavorare, oltre che alla prestigiosa commissione granducale per la decorazione di una sala della Meridiana di Pitti con le storie di Cesare, portata a conclusione solo due anni dopo, a tele che egli avrebbe poi inviato entro il maggio del 1835 alla volta della Polonia (dove nell’ottobre del 1834 spediva da Firenze una serie di ritratti), dell’Olanda e degli Stati Uniti andando a decorare abitazioni di facoltosi collezionisti di quei paesi. Fra tutte, ricordiamo il quadro disperso intitolato Cristoforo Colombo al Convento di Santa Maria di Rabida, commissionatogli tempo prima da un olandese, appunto, tale «signor Suermonds», e una replica in piccolo formato del celebre L’entrata di Carlo VIII a Firenze, dipinto con successo per il granduca Leopoldo II fra il 1827 e il 1829 (Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti), spedito da Bezzuoli da Firenze nella primavera del 1835 a tale G. Henry Whitney, nel Rhode Island, suo grande ammiratore (vedi Amedei 2022A, p. 170, e Amedei 2022B, p. 397).
L’anno di esecuzione del nostro dipinto, lo stesso in cui fra l’altro Bezzuoli ritraeva anche la famiglia Antinori al Parco delle Cascine nel rispetto di un modello compositivo caro alle Conversation pieces britanniche (Bezzuoli, n. IV.8, p. 233), vede dunque il pittore all’apice della sua carriera, iniziata nel 1796. In quell’anno, Bezzuoli risulta iscritto all’Accademia di Belle Arti di Firenze presso la quale segue i corsi di pittura tenuti, fra gli altri, dal francese Jean-Baptiste-Frédéric Desmarais (1756-1813). Fin da subito egli mostra l’abilità nell’uso del colore alla maniera degli olandesi e fiamminghi e soprattutto dei veneti e dei bolognesi del Cinque e del Seicento (da lui studiati personalmente in due viaggi fatti subito dopo la Restaurazione del 1815) innestato su un impianto disegnativo solido derivatogli dallo studio attento dei maestri del primo Rinascimento. A quell’originale marca linguistica, lontana dai più rigidi modelli neoclassici promossi all’Accademia nel corso del primo Ottocento dal magistero di Pietro Benvenuti (1769-1844), di cui Bezzuoli fu vice per molti anni, quest’ultimo unisce un’accorta attenzione per la resa anatomica dei corpi grazie alla frequentazione dei corsi di anatomia pittorica tenuti all’Ospedale di Santa Maria Nuova da Paolo Mascagni (1755-1815) poco prima del 1815. Il risultato fu un ricercato equilibrio fra pastosità cromatiche, rispetto per il disegno e adesione al dato naturale che non viene meno anche in anni più maturi. Lo dimostra il nostro quadro. Si noti, a tal proposito, l’attenzione con cui Bezzuoli registra l’anatomia della ritratta, immersa in un’atmosfera domestica ma aristocratica in cui la luce, proveniente dall’alto a sinistra, plasma le rotondità delle braccia, delle mani e del volto, tinto nelle guance da una spolverata di cipria dai toni magenta. È, quello, un linguaggio pittorico figlio di una mano che valse al pittore l’appellativo di novello Rubens o Van Dyck (Della vita 1855, p. 20, e Gavioli 2022, p. 215), e che Ugo Ojetti avrebbe definito «espertissima»; abile cioè nel registrare la «sensualità squisita» delle donne da lui ritratte (Ojetti 1920, p. 273) nel rispetto di un gioco fra luci e ombre che, nel nostro caso, danno plasticismo a una composizione degna, nelle parti lasciate scoperte dalla veste di velluto rosso, di un busto marmoreo di Lorenzo Bartolini (1777-1850), amico e ammiratore di Bezzuoli.
Il recente restauro del ritratto ha fatto emergere le maestria del pittore nella resa dei velluti, dei gioielli (da confrontare, in questo caso, con quelli indossati in un altro celebre ritratto di Bezzuoli dipinto due anni dopo, raffigurante Marianna Rucellai de’ Bianchi in collezione privata, Bezzuoli 2022, n. IV.9, p. 235) e infine dei trapassi di luce e colore che caratterizzano Firenze vista al tramonto dimostrando, se mai ce ne fosse stato bisogno, la maturità acquisita anche in un genere, la veduta paesistica, appunto, per il quale egli fu lodato e apprezzato dai contemporanei.
Michele Amedei
Bibliografia
M. Amedei, «The best colorist of the present Italian school». Bezzuoli e i rapporti internazionali: amici, allievi, committente,in V. Gavioli, et al., Giuseppe Bezzuoli (1784-1855). Un grande protagonista della pittura romantica, catalogo della mostra (Firenze, Gallerie degli Uffizi, Museo della Moda e del Costume, 29 marzo - 5 giugno 2022), Firenze 2022, pp. 169-183.
M. Amedei, Notizie biografiche da uno spoglio documentario, in V. Gavioli, et al., Giuseppe Bezzuoli (1784-1855). Un grande protagonista della pittura romantica, catalogo della mostra (Firenze, Gallerie degli Uffizi, Museo della Moda e del Costume, 29 marzo - 5 giugno 2022), Firenze 2022, pp. 394-401.
Giuseppe Bezzuoli (1784-1855). Un grande protagonista della pittura romantica, catalogo della mostra (Firenze, Gallerie degli Uffizi, Museo della Moda e del Costume, 29 marzo - 5 giugno 2022), a cura di V. Gavioli, et al., Firenze 2022.
Della vita e delle opere del professore cav. Giuseppe Bezzoli maestro di pittura nella I. e R. Accademia di Belle Arti e membro delle più celebri Accademie di Europa. Memorie raccolte da alcuni scolari ed amici, Firenze 1855.
V. Gavioli, Giuseppe Bezzuoli ritrattista, in Eadem, et al., Giuseppe Bezzuoli (1784-1855). Un grande protagonista della pittura romantica, catalogo della mostra (Firenze, Gallerie degli Uffizi, Museo della Moda e del Costume, 29 marzo - 5 giugno 2022), Firenze 2022, pp. 205-217.
U. Ojetti, Bezzuoli ritrattista, in “Dedalo”, I, 1, 1920, pp. 263-277.