Oscar Ghiglia
(Livorno 1876 - Firenze 1945)
RITRATTO DI SILVIA LEVI BONDI
olio su tela, cm 111,5x100,5
monogramma “S.LB” in alto a sinistra
PORTRAIT OF SILVIA LEVI BONDI
oil on canvas, 111.5x100.5 cm
monogram “S.LB” upper left
Provenienza
Collezione Camillo Bondi, Firenze
Collezione privata
Esposizioni
Ghiglia classico & moderno, Viareggio, Centro Matteucci per l’Arte Moderna, 6 luglio – 4 novembre 2018; Torino, Spazio espositivo Ersel, 24 gennaio – 24 febbraio 2019
Bibliografia
G. Papini, Oscar Ghiglia, in “Vita d’Arte”, I, 5, maggio 1908, p.275 (con il titolo Ritratto della signora Bondi)
O. Ghiglia, Autobiografia manoscritta, 1920, Fondo carte Ojetti, Roma, Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea (con il titolo Ritratto della Signora Silvia Bondi)
I. Morandini, Oscar Ghiglia nel ricordo della moglie, dattilografia, Firenze - Livorno 1946-1947
L. Lloyd (a cura di), Mostra retrospettiva di Oscar Ghiglia, catalogo della mostra (Firenze, Galleria Firenze, 29 maggio - 9 giugno 1948), Firenze 1948
L. Lloyd, Tempi andati, Firenze 1951, p.86
E. Matteucci (a cura di), Ghiglia classico & moderno, catalogo della mostra (Viareggio, Centro Matteucci per l’Arte Moderna, 6 luglio – 4 novembre 2018; Torino, Spazio espositivo Ersel, 24 gennaio – 24 febbraio 2019), Viareggio 2018, pp. 21, 74, 79, tav.3
L. Ghiglia e S. Zampieri, Oscar Ghiglia. Catalogo generale. Dipinti, Cinisello Balsamo 2022, p.180, n.35
Il bel ritratto presentato in catalogo è caratterizzato dal medesimo gusto secessionista del Ritratto della moglie Isa con cui Oscar Ghiglia si afferma alla Biennale veneziana del 1903.
Del resto, è proprio all’indomani della Biennale che i coniugi Silvia e Mario Bondi, proprietari dello studio del pittore, decisero di ovviare alla difficoltà di quest’ultimo nel pagare l’affitto proprio con la richiesta di un ritratto, così come racconta la stessa Isa Ghiglia: «quando venne il sig. Camillo, Ghiglia non c’era. Noi avevamo dato la disdetta allo studio perché non si poteva pagare la pigione, mi domandò perché si voleva cambiare. ‘Non state bene qua [sic]?’ Io risposi che non si poteva pagare l’affitto. ‘Quand’è così ci accomoderemo. Farà il ritratto a mia moglie’. […] Fu fatto alla Villa di Camerata, alle ‘Forbici’ sotto Fiesole. Ogni mattina andava su e spesso rimaneva a colazione con la signora. Una bella donna, di tipo ebraico, con un abito decolté rosso di velluto antico, cappello grande nero e l’ombra sul volto» (Cfr. I. Morandini, Firenze-Livorno 1946-1947, pp.27-28).
Nell'opera, rispetto all’evidente modello del Ritratto della moglie Isa, l’abito di velluto rosso e lo scranno sostituiscono la veste nera e la poltrona, mentre il punto di vista del fruitore si abbassa lievemente accentuando ancor più la solidità compositiva sottesa alla medesima intensità cromatica.
Il dipinto ha l’imponenza dei ritratti rinascimentali per quella che della modella è una posa di grande autorevolezza che non nasconde l’alto rango di appartenenza a quella società fiorentina che, a cavallo tra l’800 e il 900, ha connotato Firenze di un profilo cosmopolita.
Il carattere del ritratto, nonché la sua ricchezza di dettagli che ne definiscono un’ufficialità quasi regale sono il frutto della cultura di Ghiglia di una interpretazione della figura femminile secondo i canoni filtrati attraverso la conoscenza degli artisti nordici alle Biennali veneziane di inizio secolo.
Un percorso evolutivo che ha alle spalle la lezione della ritrattistica fattoriana nella sua espressività più classica. Si citano al riguardo il Ritratto della prima moglie Settimia Vannucci, della cognata Carlotta Scali e della signora Giuseppa Mecatti, ai quali Ghiglia guarda come ideale fusione tra passato e presente.