PIATTO, MARCHE, PROBABILMENTE PESARO, BOTTEGA DI LANFRANCO GIROLAMO DALLE GABICCE, 1540-1550 CIRCA
in maiolica dipinta in policromia con bruno di manganese, verde, verde ramina, blu di cobalto, giallo e giallo arancio. Sul retro iscrizione in caratteri corsivi in blu cobalto "Questo sie qundo moise aue la lege"; diam. cm 28,8, diam piede cm 11,2, alt. cm 4,6
A DISH, MARCHE, PROBABLY PESARO, WORKSHOP OF LANFRANCO GIROLAMO DALLE GABICCE, CIRCA 1540-1550
Bibliografia di confronto
G. Biscontini Ugolini, Di alcuni piatti pesaresi della Bottega di Lanfranco delle Gabicce, in "Faenza", 2, 1978, tav. XIV;
L. Fontebuoni, Raccolta D. Mazza. Ceramiche rinascimentali, vol. 2, 1985–1986, scheda n. 30
Il piatto presenta cavetto profondo e larga tesa obliqua, e poggia su un basso piede privo di anello. L’ornato istoriato interessa l’intera superficie senza soluzione di continuità e raffigura l’episodio biblico nel quale Mosè riceve le tavole della legge, come spiegato dall’iscrizione in caratteri corsivi redatta in blu cobalto sul retro del piatto "Questo sie qundo moise aue la lege".
Il patriarca, raffigurato sulla tesa in alto a destra in cima a un monte parzialmente coperto da un albero che cresce su una roccia scoscesa, riceve le tavole da una nuvola parzialmente dipinta a risparmio sullo smalto con arancio e bistro. Al di sotto, al centro del cavetto, tre personaggi accompagnati da un gregge di pecore discutono, mentre in lontananza sulla tesa a sinistra si scorge un villaggio su una falda rocciosa unita alla terraferma con un ponte. Sembra che qui l'ispirazione sia tratta da una o più incisioni, magari rielaborate secondo l'estro del momento.
Il pittore dipinge con grande velocità riempiendo la scena con infiniti dettagli (steccati, ciuffi d’erba, cespugli), lumeggia con abbondante bianco di stagno e definisce i dettagli delle vesti e i contorni dei volti con abbondante bruno di manganese, che utilizza anche in maniera evidente per ombreggiare le rocce. Lo stile pittorico è deciso e rapido, ma non trova per il momento un riscontro stilistico preciso. Si tratta di un pittore che conosce la modalità figurative urbinati, ma senza la capacità compositiva delle stesse, forse più vicino alla cifra stilistica delle botteghe pesaresi e in particolare a quella di Lanfranco Girolamo dalle Gabicce, al riguardo del quale può essere utile un confronto con il piatto del Museo di Pesaro (inv. 4159) raffigurante la dea Latona che muta i villani in rane.