PIATTO, URBINO, BOTTEGA FONTANA, PROBABILMENTE ANTONIO PATANAZZI, 1540-1550 CIRCA
in maiolica dipinta in policromia con bruno di manganese, verde ramina, blu di cobalto, giallo e giallo arancio; diam. cm 31,2, diam. piede cm 21,4, alt. cm 4,5
A DISH, URBINO, WORKSHOP OF FONTANA, PROBABLY ANTONIO PATANAZZI, CIRCA 1540-1550
Bibliografia di confronto
J. Lessmann, Herzog Anton Ulrich-Museum Braunschweig. Italienische Majolika, Katalog der Sammlung, Brunswick 1979, nn. 243-245;
J. Lessmann, Italienische Majolika Aus Goethes Besitz Bestandskatalog Klassik Stiftung Weimar Goethe-Nationalmuseum, Weimar 2015, p. 246 n. 96
Il piatto ha un ampio cavetto, tesa larga e appena obliqua, orlo arrotondato, e poggia su un piede ad anello. La decorazione interessa l’intera superficie del fronte con la rappresentazione della salita al Calvario: Gesù caduto sotto il peso della croce cerca di rialzarsi appoggiandosi a un masso, mentre le guardie lo incitano colpendolo con nodosi bastoni e verghe; alle sue spalle, all’uscita della porta delle mura raffigurate sullo sfondo, una folla con soldati e pie donne segue il percorso del condannato.
La scena, probabilmente ispirata a un’incisione della Bibbia illustrata, risente dell’humus culturale urbinate, dove l'arte di Raffaello veniva assiduamente seguita proprio grazie alle riproduzioni a stampa delle sue opere. Si ravvisa infatti una certa vicinanza a opere del pittore urbinate, ed in particolare alla tela del Calvario oggi al Prado di Madrid, di cui circolava tra le botteghe la riproduzione a stampa ad opera di Marcantonio Raimondi. Infatti un piatto con uguale soggetto è stato prodotto nello stesso periodo nella bottega di Mastro Domenico, oggi conservato al Goethe National Museum. In entrambe le opere i pittori usano liberamente le fonti, aggiungendo e indulgendo su dettagli del tutto originali. Il nostro pittore si sofferma in particolare sull’edificio che circonda la scena e sulla strada aperta di fronte al corteo, realizzando la raffigurazione alla luce della propria tecnica e stile pittorico: le figure hanno visi piccoli, quelle femminili con labbra sorridenti, le ombre sono realizzate con sottili tratti, mentre i volti, i dettagli delle vesti e delle armature sono lumeggiati in bianco di stagno. Questi dettagli, oltre ad un ordine compositivo particolarmente accorto anche nella realizzazione dei particolari della vegetazione e nella resa del legno della croce, ma soprattutto i volti delle figure ci indirizzano a ricercare l’autore di questo piatto nell'ambito dei Patanazzi, opera forse proprio di Antonio, attivo dapprima nella bottega Fontana e poi imprenditore di sé stesso, dopo il 1540, ma comunque sempre legato alla bottega dello zio Guido Durantino e del cugino Antonio, di cui ripercorre alcuni stilemi stilistici, arrivando a firmare in autonomia la propria opera solo nel 1580. Ci pare che a lui si possano associare le figure del soldato con lorica lunga segnata anatomicamente, come pure le teste piccole coperte da elmi con visiere e i piedi piccoli allungati e appuntiti, che ricordano quelli presenti nel bacile oggi conservato all'Herzog Anton Ulrich di Braunschweig con La vittoria di Abramo, dove riconosciamo anche i volti sorridenti associabili con quelli della folla del nostro piatto.