Mario Puccini
(Livorno 1869 - Firenze 1920)
IN VENEZIA
carboncino su cartone, cm 149x83
firmato in basso a sinistra
IN VENICE
charcoal on cardboard, 149x83 cm
signed lower left
Provenienza
Galleria d'Arte Capitani, Milano
Collezione privata
Bibliografia
G. Razzaguta, Virtù degli artisti labronici, Livorno 1943, p.24
V. Jacoponi, L'illuminazione pubblica ieri e oggi a Livorno, in "La Rivista di Livorno", 3, Livorno 1954, p.164
G. Razzaguta, Livorno nostra, Livorno 1958, p.148
R. Monti, R. Tassi e F. Tassi, Mario Puccini, Firenze 1992, p.436, n.22
«Puccini adoperò il disegno in modo assolutamente singolare e per certi versi inconvenzionale .
Infatti ad un diradata attività di studi e di appunto abbreviato dal vero, egli contrappone un nutrita serie di grandi fogli “compiuti” spesso di dimensioni più vaste delle stesse tele o tavolette su cui andava dipingendo. È questa una pratica inusuale, non solo in Toscana, in anni in cui -tranne che negli anfratti più sofisticati della cultura d’aura secessionista-, il disegno era sempre concepito come mezzo primario per fermare l’impressione o come studio -anche elaborato e dilatato- per la costruzione di ulteriori e definitive immagini. Questi grandi (a volte grandissimi) fogli misurati centimetro per centimetro da un segno fermo, capace di definire intricatissime strutture di irraggiamenti, sovrapposizioni, fasciature volumetriche, e poi di mutarsi internamente, cambiare tessitura e divenire vero e proprio spazio-colore, ponendosi dunque in totale autonomia, non hanno precedenti forse in tutta la pittura italiana del momento. [..] Questi disegni nell’ampia partitura da foglio d’accademia, sono la testimonianza spesso qualitativamente altissima, di un procedimento ardito di selezione compositiva; infatti la coloratura del nero è ridotta alle sue potenzialità spaziali e si definisce come irradiazione dei segni maggiori, quelli che determinano la complessità della trama nodale. L’immagine, inquadrata “sul motivo” vien sottoposta ad una selezione coloristica e tonale, come nelle vecchie tecniche del “ton gris”, innestando in uno spazio di “misura” un colore astratto, mentale assolutamente naturalistico.»
Raffaele Monti , Mario Puccini, Firenze 1992, p.99