Bartolomeo Mendozzi
(Leonessa (Rieti), c. 1600- ? dopo il 1643)
SUONATRICE DI VIOLA CON DUE BAMBINI CANTORI
olio su tela, cm 68x99
A FEMALE PLAYER WITH TWO SINGING CHILDREN
oil on canvas, cm 68x99
Provenienza
Inghilterra, collezione privata
New York, Christie’s, 30 ottobre 2018, n. 35
Bibliografia
A. Héméry, Nicolas Tournier. Un peintre caravagesque, 1590 – 1639, Paris 2001, p.170, ill. p. 67.
F. Curti, Bartolomeo Mendozzi alias Maestro dell’Incredulità di San Tommaso: un allievo di Manfredi nella Roma degli anni Trenta e Quaranta, in Barocco in chiaroscuro. A cura di Yuri Primarosa, Roma 2020, p. 53, fig. 13.
M. Pulini, Bartolomeo Mendozzi da Leonessa. Un Maestro del Seicento tra l’Incredulità e il caso Ducamps e i nuovi documenti, Rimini 2022, p. 80, n. 20; ill. p. 22.
Pubblicato per la prima volta come opera di Nicolas Tournier e in asta a New York con quella attribuzione, il bel dipinto qui offerto è stato al centro dei recentissimi studi inaugurati da Francesca Curti che, sulla base di un’intuizione di Giuseppe Porzio, hanno consentito di dare un nome e, almeno in parte, una biografia all’artista caravaggesco celato fino a pochi anni fa sotto il nome di Maestro dell’Incredulità di san Tommaso.
Intitolato al dipinto di tale soggetto conservato a Roma presso palazzo Valentini, il gruppo era stato riunito in primo luogo da Gianni Papi che in occasione di un convegno di studi dedicato a Nicolas Tournier aveva proposto di individuare l’anonimo maestro nel Jean Ducamps, o Giovanni del Campo, citato da fonti biografiche e documenti (Tournier e le sue relazioni con l’ambiente artistico romano, in Nicolas Tournier et la peinture caravagesque en Italie, en France et en Espagne. Atti del convegno (2001), Toulouse 2003, in particolare pp. 109-14, figg. 50-64).
Un indizio diverso e risolutivo veniva invece da Giuseppe Porzio che nel 2015 proponeva di restituire all’anonimo Maestro anche le tele della cappella di San Carlo nel Duomo di Rieti (A Rediscovered Concert. The Master of the Incredulity of Saint Thomas and Jean Ducamps. Benappi, Firenze 2015).
Sono appunto queste le opere che, citate in un documento reatino del 1777 come opera di “Mendozzi” hanno consentito a Francesca Curti di avviare una ricerca documentaria, oltre che puramente stilistica, che ha consentito di ridare un nome al Maestro (Su Bartolomeo Mendozzi caravaggesco dimenticato: per l’identificazione del Maestro dell’Incredulità di San Tommaso, in “Nuovi Studi 25, 2020, pp. 75-109).
Al catalogo completo di Bartolomeo Mendozzi, o per meglio dire Bartolomeo “della Leonessa” date le non univoche letture del suo cognome riportate nei documenti, è poi dedicata la recentissima monografia di Massimo Pulini (Pulini 2022, cat. 22) che ripubblica il nostro dipinto ponendolo in relazione con altre opere particolarmente affini nel corpus del Maestro. Tra queste, è da ricordare in maniera specifica la Madonna addolorata in asta da Pandolfini il 26 febbraio 2019, lotto 152, dove è ripetuta in altra veste la stessa modella della nostra violinista, ma anche altre opere già ritenute di Nicolas Tournier, come il notissimo Giocatore di carte di Palazzo Barberini.
I documenti raccolti da Francesca Curti accertano la presenza di Bartolomeo Mendozzi (detto anche “da Leonessa” o “da Spoleto”, dalla cui giurisdizione Leonessa dipendeva) negli Stati d’Anime romani a partire dal 1620, all’Accademia di San Luca – dove ricoprì una serie di incarichi di prestigio – dal 1627, e nella Congregazione dei Virtuosi del Pantheon dal 1640.
L’assenza di documenti che ne certifichino la presenza a Roma tra il 1631 e il 1636 coincide probabilmente con un ritorno in patria e, più specificamente, con la esecuzione delle pale d’altare (Martirio di San Lorenzo e di Santo Stefano, rispettivamente) nella cappella di San Carlo nel Duomo di Rieti che vari motivi inducono a datare in quegli anni, come pure della Crocefissione con Maria, la Maddalena e i Santi Giovanni e Bonaventura nella chiesa di San Francesco a Leonessa.
Sarà opportuno ricordare che proprio la chiesa di San Pietro di questa città conserva la splendida pala (Incoronazione della Vergine con il Battista, San Francesco e la Maddalena) finalmente ricondotta a Bartolomeo Manfredi, a dimostrazione del legame della committenza locale con gli artisti caravaggeschi attivi a Roma.
Allievo verosimilmente di Manfredi, Bartolomeo Mendozzi sembra poi gravitare, nell’ambito di quanti praticavano la “manfrediana methodus” nella cerchia immediata di Tournier e del Valentin. “Allievo di Manfredi” è comunque chiamato nell’inventario redatto da Antonio delle Cornia, conoscitore dell’ambiente caravaggesco, che nel 1635 censisce quattro suoi dipinti nella collezione di Vittorio Amedeo I di Savoia. Sue opere erano presenti nella collezione di Vincenzo Giustiniani, e la sua attività è documentata anche nelle Grotte Vaticane nel 1630. Interessante osservare che nell’ambito di questa commissione egli si trovò a lavorare a fianco di quel Tomaso Dovini (poi storpiato in Luini) in cui è stato riconosciuto un altro pittore affine al Tournier, chiamato Il Caravaggino.