GRANDE PIATTO, MILANO, MANIFATTURA DI FELICE E GIUSEPPE MARIA CLERICI, 1769 CIRCA
Maiolica decorata con colori a piccolo fuoco e oro. Marcato: sul retro in corsivo “fabrica di Felice Clerici/in Milano”; cm 45x52 alt. 4,8
A LARGE PLATE, MILAN, MANUFACTORY OF FELICE AND GIUSEPPE MARIA CLERICI, CIRCA 1769
Bibliografia
R. Ausenda, Le fonti a stampa delle maioliche di Felice Clerici “a paesini e figure a smalto” in “Rassegna di Studi e Notizie”, XV, Castello Sforzesco di Milano,
1989/1990, p. 85;
R. Ausenda, “Figure” e “Chinesi”. Maioliche milanesi di Felice Clerici, catalogo della mostra, 1995, n. 10
Questa è l’opera più solenne della produzione della manifattura di Felice Clerici del Settecento a Milano. Lo dichiara la dimensione, la forma modellata a stampo derivata dall’argenteria, in “maiolica fina” con lo smalto ricco e pannoso, coi profili dorati e la decorazione pittorica con grandi rose sulla tesa e sette dame sedute al tavolo di lavoro, dipinta con colori preziosi, le porpore, nei toni di rosa e viola, derivati dal cloruro d’oro. Sul retro solennemente è marcata in corsivo “fabrica di Felice Clerici in Milano.” Le sette donne protagoniste lavorano con fusi moderni alla filatura della lana perché nello stabilimento dell’Ospedaletto di Sant’Ambrogio i Clerici producevano in un grande lanificio, accanto alla manifattura ceramica, diversi “nuovi” tessuti per la città: “camellotti”, velluti e flanelle. La formula spaziale è curiosa: il piano del tavolo, ellittico potenziato dal colore rosso, riprende la forma del piatto, mentre il piano pavimentale dipinto con un colore neutro leggero, con l’ombra portata delle gambe del tavolo e delle sedie, dando un leggero effetto di profondità. Le lavoratrici, protagoniste della scena, sono dame: hanno abiti dal ricco panneggio, ostentano eleganza e ricchezza in pizzi, cuffie e gioielli; i loro visi sono di raffinata esecuzione. E i loro strumenti “moderni” per la filatura tessile sono in bella mostra. Sulla tesa, è fortemente potenziato il gioco naturalistico del ramo spinoso, sinuoso, con belle rose, foglie e boccioli in una formula pittorica veramente straordinaria rispetto alla consuetudine milanese. I fiori, che derivano dal “Livre de Toutes Sortes de Fleures d’aprés Nature” disegnata da Jean Baptiste Monnoyer e inciso da Jean Vauquer verso il 1680, che aveva una larghissima diffusione tra gli ornamentisti europei, sono stati molto probabilmente dipinti da un decoratore ospite: lo stile è affine a quello degli “Hausmaler” tedeschi itineranti. Molto probabilmente questo grande piatto è stato realizzato pochi giorni prima del 26 Giugno 1769, quando Giuseppe II, figlio dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria, in visita a Milano, passò a visitare l’importate manifattura moderna della città. Ma non gli era stato consegnato come dono, a causa del difetto della bollitura del bruno che aveva tolto perfezione alla pellicola pittorica smaltata, come vediamo anche oggi. Infatti nell’inventario della manifattura dell’Ospedaletto compilato nel gennaio 1789 è citato questo magnifico “Ovato realone con lavorerio a Molino con donne”.
Raffaella Ausenda