PIATTO, URBINO, BOTTEGA DI GUIDO DURANTINO (FONTANA), 1540 CIRCA
In maiolica dipinta a policromia con arancio, giallo, verde, blu, bruno di manganese nella tonalità nera, marrone e bianco di stagno. Sul retro al centro del cavetto in blu di cobalto la scritta “Tutia porta/Al temple aqua col cribulo”; diam. cm 29; diam. del piede cm 11; alt. cm 3,8
A PLATE, URBINO, WORKSHOP OF GUIDO DURANTINO (FONTANA), CIRCA 1540
Bibliografia di confronto
C. Bernardi (a cura di), Immagini architettoniche nella maiolica italiana del Cinquecento, cat. mostra, Milano 1980, pp. 47-48, n. 55;
J.V.G. Mallet, “In Botega di Maestro Guido Durantino in Urbino”, in “Burlington Magazine” 129, 1987, pp. 284-298;
J. Poole, Italian maiolica. Fitzwilliam Museum Handbooks, Cambridge 1997, p. 68, n. 29.
Il piatto ha ampio cavetto con tesa larga e obliqua e poggia su basso piede privo di anello. Il decoro, che occupa tutta la superficie ed è realizzato con abbondante uso dei pigmenti, raffigura il Sacrificio della vestale Tuccia che, ingiustamente accusata di aver violato il voto di castità, chiese di poter provare la propria innocenza sottoponendosi a una pena di prova, consistente nel tentare di raccogliere l'acqua del Tevere con un setaccio, prova riuscita dopo l’invocazione alla dea Vesta. La donna è raffigurata proprio con il setaccio ricolmo d’acqua tra le mani mentre si avvicina all’altare, su cui arde un fuoco, accolta da due sacerdoti barbati e con il capo velato. L’ara è collocata di fronte a un tempio porticato e con una copertura a cupola; sullo sfondo si scorge una città con edifici arrotondati, cupole e torri sormontate da curiosi e alti pennoni, e tra le due parti scorre un fiume.
Un confronto che aiuta a delimitare l’area di produzione è fornito da una splendida coppa, conservata al Museo Internazionale della Ceramica di Faenza (Inv. n .540) già attribuita a Nicola da Urbino, che raffigura una Scena di sacrificio al tempio di Apollo, come si deduce dall’iscrizione apposta sul retro nei modi grafici del maestro urbinate. Le due opere, stilisticamente molto differenti, condividono lo stesso humus culturale, più semplificato e corrivo nella nostra opera, più sofisticato e colto nell’opera del museo faentino. Ma è il confronto con un piatto del Museo Fitzwilliam di Cambridge che ci fornisce una collocazione più precisa: si tratta di un piatto istoriato con La regina di Saba che ascolta il giudizio di Salomone, firmato “nella Bottega di Maestro Guido Durantino” e databile agli anni ‘30 del Cinquecento (4). Lo stile, un poco corrivo, a larghe pennellate, e la forma delle architetture, in particolare quella della gradinata, ci inducono ad avvicinare con buona sicurezza l’opera in esame a quella del museo inglese.