Felice Brusasorzi
(Verona, 1542 – 1605)
I 12 CESARI E ALESSANDRO MAGNO
serie di 13 dipinti, olio su tela, cm 103x88; cm 93x78; 91x76; 88x75
THE 12 CAESAR AND ALEXANDER THE GREAT
series of 13 paintings, oil on canvas, cm 103x88; cm 93x78; 91x76; 88x75
Provenienza
Verona, collezione Sagramoso di San Fermo
Collezione privata
Esposizioni
Cinquant’anni di pittura veronese 1580-1630. Verona, Palazzo della Gran Guardia, 3 agosto – 4 novembre 1974, nn. 11-22.
Bibliografia
B. Dal Pozzo, Le vite de’ pittori degli scultori et architetti veronesi. Raccolte da vari autori…. Verona 1718. Edizione a cura di Licisco Magagnato, Verona 1967, p. 284.
G. Da Persico, Descrizione di Verona e della sua provincia, Verona 1820-21, I, p. 200.
G. Biadego, Le vite dei pittori scultori e architetti veronesi (Ms. 1831-1834). Edizione a cura di D. Zannandreis, Verona 1891, p. 148.
F. Zava Boccazzi, Profilo di Felice Brusasorzi, in “Arte Veneta” XXI, 1967, p. 130-32; figg. 148-49.
L. Magagnato, in Cinquant’anni di pittura veronese 1580-1630. Catalogo della mostra, Verona 1974, pp. 62-64, nn. 11-22, figg. 33-49.
S. Marinelli, Verona 1540-1600. In La pittura nel Veneto. Il Cinquecento. A cura di Mauro Lucco, Milano 1998, II, p. 867
F. Dal Forno, La Galleria di quadri dei marchesi Sagramoso di San Fermo, in “Verona illustrata” 1993, 6, p. 33.
S. dell’Antonio, Felice Brusasorzi. Un percorso tra “maniera” e natura. Materiali per una ricerca monografica. Tesi di Dottorato, Università di Udine. Anno accademico 2005/2006, I, pp. 137-147; II, tav. 98; II, tavv. 153-179.
Opera dichiarata di interesse culturale particolarmente importante dal Ministero della Cultura, Segretariato regionale per la Toscana il 5 febbraio 2024, n. 13/2024.
The Italian Soprintendenza considers this lot to be a work of national importance and requires it to remain in Italy; it cannot therfore be exported from Italy.
Ricordata per la prima volta da Bartolomeo Dal Pozzo nel palazzo dei Marchesi Sagramoso a S. Fermo, la serie dei Dodici Cesari dipinta da Felice Brusasorzi negli ultimi anni del Cinquecento costituisce la personalissima interpretazione dell’artista veronese – o più verosimilmente del suo committente – di un tema particolarmente caro alla cultura umanistica.
La prima e più famosa serie dedicata agli Imperatori di cui Svetonio aveva narrato le vite è naturalmente quella dipinta da Tiziano per Federico Gonzaga a partire dal 1537, completata da Giulio Romano per la figura di Domiziano.
Conservata nella Sala di Troia nel Palazzo Ducale di Mantova fino alla vendita della collezione nel 1628, passò poi a Londra e infine a Madrid, dove andò perduta nell’Incendio dell’Alcazar nel 1734. Ne resta memoria, come si sa, nelle incisioni trattene da Egidius Sadeler, e nelle copie dipinte eseguite da Bernardino Campi nel 1562 per Alfonso d’Avalos, Marchese di Pescara, ora nelle raccolte del Museo Nazionale di Capodimonte (in deposito a Villa Rosebery, residenza della Presidenza della Repubblica a Napoli).
Fin dall’esposizione della nostra serie alla storica mostra veronese del 1974 ne è stata sottolineata la fondamentale indipendenza da quella tizianesca, il cui autorevole modello compare a tratti nelle pose dei Cesari ma non nella loro fisionomia o nella caratterizzazione psicologica dei singoli personaggi.
Assolutamente originale è altresì la loro definizione cromatica, se paragonata alla serie napoletana che verosimilmente riflette quella gonzaghesca anche per i toni accesi tra il bruno e il rossastro. Felice Brusasorzi ha scelto invece colori freddi, ove predominano il rosa e il verde su una base di grigio, appena rialzati dall’oro delle corazze, con un effetto generale che pare imitare consapevolmente la pittura a fresco.
Sebbene i singoli Imperatori siano identificati da iscrizioni riportate sulle cornici, la loro identità è ulteriormente specificata dalle immagini monocrome accompagnate da iscrizioni che compaiono su pilastri di sfondo.
Come indicato da Licisco Magagnato, e ulteriormente precisato da Sara dell’Antonio, si tratta di immagini tratte dalle monete emesse dai singoli Imperatori, oggetto di indagine e di collezionismo nella Verona del Cinquecento.
In particolare Sara d’Antonio fa riferimento, con puntuali riscontri per ogni figura, alla raccolta di monete di età imperiale riunita a Venezia dall’umanista e numismatico Sebastiano Erizzo, pubblicata con oltre cinquecento illustrazioni col titolo Discorso sopra le medaglie antiche con particolare dichiarazione di molti riversi.
Dopo una prima edizione a Venezia nel 1559, il Discorso fu ristampato tre volte nel corso del Cinquecento. Era certamente noto ai collezionisti di antichità presenti a Verona, tra cui il più noto Mario Bevilacqua (1536-1593).
Come più volte osservato, la facciata di palazzo Bevilacqua a Verona, progettata dal Sanmicheli, era appunto ornata da busti scolpiti di Imperatori romani che presentano confronti specifici con quelli dipinti da Felice Brusasorzi e qui presentati.