Gioacchino Assereto
(Genova, 1600 - 1649)
PROMETEO
olio su tela, cm 201,5x144
PROMETHEUS
oil on canvas, cm 201,5x144
Bibliografia
T. Zennaro, Gioacchino Assereto e i pittori della sua scuola, Soncino 2011, cat. A116, pp. 410-411.
Reso noto da Tiziana Zennaro nella monografia dedicata al pittore genovese, dopo il suo passaggio sul mercato antiquario, il dipinto si presenta quale ulteriore versione, con minime varianti, della composizione realizzata sulla tela già in collezione Koelliker a Milano (A. Orlando, Dipinti genovesi dal cinquecento al Settecento. Collezione Koelliker, Milano 2006, pp. 80-82). Differente risulta la testa e il collo dell’aquila e l’evidenza data al serpentello circa al centro sul terreno nell’opera qui presentata. La datazione suggerita per entrambe le tele è intorno alla metà degli anni quaranta, in stretta vicinanza all’affresco, con Marsia scorticato da Apollo, in palazzo Ayrolo Negrone a Genova, per il quale, secondo la testimonianza di Raffaele Soprani (Soprani 1674, pp. 162-163; 170-171), Gioacchino Assereto fu chiamato da Agostino Ayrolo nel 1644 a terminare la decorazione di un salotto rimasta incompiuta (Zennaro 2011, cat. A110, pp. 393-401).
Sono gli anni immediatamente successivi al rientro di Assereto a Genova da Roma dopo il quale alle ricchezze pittoriche apprese dai dipinti di Rubens e Van Dyck aggiunge la conoscenza del realismo esasperato di Ribera.
Il tema di Prometeo, figlio del titano Giapeto, incatenato e punito da Giove con l’atroce supplizio di avere quotidianamente il fegato divorato da un’aquila per aver donato all’umanità il fuoco rubato agli dei, è stato più volte frequentato da Assereto in tele che condividono con la nostra una certa ferocia, tipica del pittore la cui fantasia era stata del resto definita “terribile” dal già menzionato Soprani. Si veda il terrificante contorcersi e gridare del Prometeo dipinto a mezzo busto sulla tela del Musée de la Charteuse di Douai (Zennaro 2011, cat. A114, pp. 406-410), dove il disporsi in diagonale, le materiche stesure pittoriche e gli strappi luminosi sono caratteristiche che si ritrovano nella nostra tela e che potenziano la sua forte carica espressiva già implicita nel contenuto della scena ed esplicitata dalla drammatica mimica del titano.