ARCADE I DIPINTI DAL SECOLO XVI AL XVIII

Firenze, 
gio 3 Ottobre 2024
Asta Live 1324
104

Francesco Curradi

€ 8.000 / 12.000
Stima

Francesco Curradi

(Firenze, 1570 – 1661)

DIO PADRE CREATORE

olio su tela, cm 100x128,5

L’opera, in ottimo stato conservativo, illustra all’interno di un ameno paesaggio, con un lago dalle placide acque argentate e montagne di varia altezza digradanti verso il fondo, la figura del Dio Padre, disposto sopra piccole e soffici nubi poco distanti dal suolo, con le mani protese in atto benedicente e la testa alonata da un triangolo bianco leggermente dorato, elemento, quest’ultimo, allusivo alla Santissima Trinità ovvero alla qualifica del Signore come Dio unico e trino. In prossimità e a leggera distanza dal Signore sono messi in evidenza fiori di varia specie definiti con colori per lo più smaltati e animali in coppia o singoli, tra i quali è possibile riconoscere un leone e una leonessa, conigli, anatre, cervi, un elefante e un cavallo. In alto, nella volta celeste, si individuano, invece, insieme a uccelli in volo, il sole e la falce della luna in fase calante. In base a tali elementi descrittivi, il dipinto mostra una sorta di summa di alcuni giorni della Creazione, così come tramandato nel libro della Genesi, per l’esattezza quelli compresi tra il terzo e il sesto, giorni che previdero la creazione delle terre emerse e della vegetazione, del sole, della luna e delle stelle e, infine, quella degli animali.

Frutto di un colto linguaggio stilistico e figurativo deferente alle linee artistiche di tendenza più in voga nell’arte fiorentina del primo Seicento, il dipinto presenta nella particolarità descrittiva dei tratti dei volti delle figure caratteri interpretativi che consentono di poterlo assegnarlo al catalogo giovanile di Francesco Curradi, artista toscano tra i più acclamati nell’ambito della pittura sacra regionale in età post-controriformata.

Figlio del battiloro Taddeo, Francesco Curradi, nato nella Città del Giglio nel 1570, fu introdotto in giovanissima età allo studio della pittura sotto la guida di Giovan Battista Naldini, maestro vasariano con il quale collaborò in età più matura per alcuni anni. Divenuto pittore indipendente intorno al 1587, tempo nel quale è registrata la sua immatricolazione all’Accademia del Disegno di Firenze, l’artista dette inizio entro breve tempo a una serrata attività, contrassegnata stilisticamente, in un primo momento, dall’adesione al dettato tardo-manierista toscano e alle novità di matrice naturalistica derivate dalla conoscenza delle opere di Santi di Tito. L’attrazione per la pittura “riformata” del Cigoli e del Passignano caratterizzò la sua produzione nel primo Seicento, periodo nel quale Curradi si affermò come uno dei più sensibili e raffinati esponenti della pittura sacra fiorentina. Il tono umilmente sereno delle sue figure, la mancanza di effetti concitati e melodrammatici e l’intonazione realistica delle sue scene, dove il divino si intercala nella quotidianità umana, furono tra gli elementi primari e caratterizzanti delle sue composizioni religiose, molto richieste entro e fuori la città di Firenze e nel contado toscano. Maestro di molti giovani pittori fiorentini più o meno importanti, Francesco Curradi morì in tardissima età a Firenze nel 1661 (per la biografia e l’elenco aggiornato delle opere dell’artista si veda S. Bellesi, Catalogo dei pittori fiorentini del ‘600 e ‘700, 3 voll, Firenze, 2009, I,  pp. 116-119 e II, figg. 366-387; con bibliografia precedente).

Il dipinto, del quale ignoriamo la provenienza originaria e i passaggi di proprietà avvenuti nel corso del tempo, risulta sicuramente collocabile al primo Seicento, in un tempo nel quale Francesco Curradi manifestò, in modo ben più che evidente, la volontà di conciliare nelle proprie creazioni elementi descrittivi e compositivi ancora legati alla cultura fiorentina dell’ultimissimo Cinquecento con aperture verso la nouvelle vague locale legata in prevalenza, oltre alle opere d’inizio secolo di Bernardino Poccetti, al linguaggio del Cigoli e del Passignano e dei loro adepti. Richiami alla pittura tardo-cinquecentesca risultano evidenti essenzialmente nella descrizione “alla fiamminga” del paesaggio derivata, ad esempio, dalla conoscenza delle opere di Adriano Fiammingo e di Alessandro Allori (pensiamo soprattutto agli affreschi di Allori con paesaggi presenti nel terrazzino degli appartamenti di Cristina di Lorena in Palazzo Pitti: S. Bellesi, Interventi decorativi a Palazzo Pitti tra fine Cinquecento e primo Seicento in “Paragone”, 1998, 21, pp. 49-52) e nella resa, sempre di matrice stilistica nordica, degli animali, definiti con scarso rigore naturalistico come quelli proposti, tra gli altri, in vari cicli di arazzi prodotti nel primo tempo dell’Arazzeria Fiorentina, come la serie di Spalliere con grottesche e animali, tessuta da Giovanni Rost e Nicola Karcher su disegni del Bachiacca e quella delle Cacce al Poggio a Caiano realizzata da Benedetto Squilli e Giovanni Sconditi su modelli di Giovanni Stradano (Per queste opere si veda L. Meoni, Gli arazzi nei musei fiorentini. La collezione medicea. Catalogo completo, I. La manifattura da Cosimo I a Cosimo II (1545-1621); Livorno, 1998, pp. 172-185 e pp. 210-223). Aperture verso le novità già seicentesche si sottolineano, invece, nell’impostazione e nella resa tipologica del Dio Padre, in linea, come già indicato, con la poetica di artisti come Cigoli, Passignano e Poccetti. Tali caratteri si ritroveranno poi anche in alcune delle prime opere di uno dei più cari allievi di Curradi, ovvero Cesare Dandini, come attesta ad esempio l’Ecce Homo della collezione Michelucci (si veda S. Bellesi, Catalogo, op. cit., II, fig. 390). 

Confronti pertinenti che consentono l’assegnazione dell’opera in esame a Curradi si individuano essenzialmente dalla lettura tipologica di alcuni protagonisti o figure marginali presenti, ad esempio, in dipinti come L’anima di un bambino condotta alle porte del Paradiso in collezione privata, il Martirio di santa Margherita presso Giovanni Pratesi, il Cristo flagellato alla colonna nella Galleria Bosoni a Milano e, ancora, l’Investitura del figlio Filippo prima della partenza di Luigi IX di Francia già presso la Galleria Il Cartiglio a Firenze (per queste opere si veda  S. Bellesi, Catalogo, op. cit., II, figg. 366, 374, 383 e 387).

 


 

THE CREATION

oil on canvas, cm 100x128,5

 

€ 8.000/12.000

 

Il dipinto è corredato da parere scritto del prof. Sandro Bellesi.