“La cornice è la più bella invenzione della pittura”, così, citando Pierre-Auguste Renoir Franco Sabatelli chiosa la sua introduzione al catalogo della vendita che Pandolfini dedica alla sua raccolta il prossimo 22 marzo.
Sono poco più di dieci anni che Franco Sabatelli ha chiuso la storica bottega di Brera nella quale per cinquantacinque anni ha esposto, dopo avere scovato, raccolto, selezionato e studiato, cornici antiche di tutte le epoche e provenienze. Per essere precisi, come lui stesso afferma nel piacevolissimo pomeriggio passato in sua compagnia proprio per scrivere queste righe (che non gli renderanno totalmente merito), quel “tutte” è in relazione alla produzione italiana dal XVI al XIX secolo, il suo ambito collezionistico per eccellenza.
Un ventaglio già ampio che per altro lasciava spazio all’acquisizione di esemplari particolarmente importanti di altre epoche, ma quasi esclusivamente italiani perché altrove, come ci ricorda, la cornice che non viveva di vita propria, ma era subordinata al tema o alla scuola pittorica di riferimento, offriva quindi modelli ripetitivi. Un esempio in catalogo di questi “sconfinamenti” è una bella cornice del Quattrocento.
Le cornici, pur assolvendo al meglio la loro funzione d’interruzione spaziale tra ambiente e dipinto conferendo a quest’ultimo i confini di una giusta lettura, in Italia, o meglio negli Stati in cui era divisa la nostra penisola ognuno con una sua impronta culturale e stilistica, erano arredi compiuti, fini a se stessi, connessi agli stili coevi di mobili e arredi, speso anche a quelli architettonici.
Non stupisce allora che alla domanda se una di queste sue “ragazze” oltre ad aver fatto un buon matrimonio, come gli piace dire, gli è anche rimasta particolarmente cara per quello che era, risponde senza dubbio: “Il Cornicione”, un’opera monumentale – cm 360 x 280, romana del Seicento, decorata in argento, oro, lacca e scolpita a grandi volute e coppie di angeli e putti. Un mobile, un vero e proprio arredo, che per la sua unicità è stato oggetto di notifica ma anche di una storia interessante quanto avventurosa.
Antiquario e mercante, prima di tutto Franco Sabatelli è stato ed è collezionista; oggi conserva per sé una numerosissima serie di piccole cornici di ogni epoca e luogo, alcune nate per racchiudere dipinti, miniature, ritratti… altre create come modelli, e non è da escludere che alcune di queste siano proprio prototipo di quelle presentate nel catalogo della vendita.
Potrebbe essere il caso per due Sansovino entrambe eseguite a Venezia nel XVI secolo, una in legno intagliato e lumeggiato d’oro, intagliata a spirali e centrata nella fascia superiore da una testina di putto alato (lotto 116), l’altra totalmente dorata e intagliata a robuste volute (lotto 15), stimate rispettivamente 3.000/4.000 e 2.500/3.500 euro.
Il parallelismo tra i modelli, ma anche le cornici di dimensioni maggiori che accompagnano il quotidiano di Sabatelli, e il catalogo della vendita potrebbe continuare fino all’esaurimento di entrambi, focalizzandoci quindi sulle cornice che saranno esposte dal 17 al 20 marzo in Borgo degli Albizi ricordiamo una cornice, Bologna XVII secolo, in cartapesta dorata con la fascia percorsa al centro da un motivo di bacche e foglie la cui stima è di 2.000/3.000 euro (lotto 83), mentre è di 3.000/4.000 euro (lotto 146) la cifra con cui è a catalogo un’altra cornice sempre bolognese ma della fine del XVII secolo riccamente intagliata a nastri, volute fogliate e fiori, giocata sulla bicromia di legno scuro e oro.
Restando nel Seicento passiamo a Roma con due esemplari, uno degli inizi del secolo in legno laccato a fondo scuro con decori di ramage fioriti (lotto 21) in catalogo per la cifra di 2.500/3.500 euro, l’altro, che è valutato 3.500/5.000 euro, è di pieno Seicento ed è interamente dorato e decorato da un torchon di foglie e nastri. (lotto 42)
Per chiudere, come ricorda ancora Sabatelli, è importante sottolineare che la cornice è stata “sdoganata” da semplice oggetto d’artigianato divenendo degna di una lettura tecnica e storico-artistica solo negli ultimi decenni del Novecento, quando si è iniziato a farne largo impiego, con un vantaggio reciproco, in abbinamento alle opere di arte moderna e contemporanea, per comprenderlo è sufficiente camminare tra gli Impressionisti del Musée d’Orsay.