Il ricco calendario di Pandolfini per il mese di maggio prevede, mercoledì 17, la vendita di due importanti collezioni di opere in maiolica, porcellana e terraglia del secolo XVIII con qualche importante esempio di opere del XIX secolo, in tutto circa 230 lotti, numero che si discosta per difetto dai reali pezzi posti in asta.
La composizione delle due collezioni ha permesso a Giulia Anversa e Alberto Vianello di produrre un catalogo che documenta in modo ampiamente esaustivo alcune tra le principali manifatture del Secolo dei Lumi quando la produzione di porcellane e maioliche era simbolo di prestigio e nobiltà e le manifatture erano spesso direttamente collegate alle Corti delle famiglie regnati o ai palazzi nobiliari, dove tra boudoir, salotti e salottini la cioccolata diventa un rito e il caffè “bevanda dell’intelletto”.
Le due collezioni presentate in asta sono frutto della passione e dell’attenta ricerca di due grandi appassionati e attenti cultori della materia e si possono dire veramente rappresentative sia per i collezionisti già affermati ma anche per chi volesse avvicinarsi a questo segmento di grande interesse culturale.
La collezione di Pietro Barilla vede protagonista la maiolica con alcuni importanti esempi rinascimentali tra i quali spicca un PIATTO, interamente istoriato al recto con una scena di accampamento romano riferibile all’assedio della città dei Rutuli da parte di Tarquinio il Superbo, eseguito nel 1545 circa nella bottega dell’urbinate Guido da Merlino la cui stima è di 25.000/40.000 euro (lotto 10). Inoltre, questo nucleo rinascimentale si caratterizza soprattutto per le opere, veramente selezionate, che esaltano l’importanza del decoro associato alla morfologia dell’opera, una tipologia che nel vecchio gergo del mercato antiquario era definita ”pezzi di forma”.
Come sottolineato in apertura il filo conduttore del catalogo, perché corpus centrale di entrambe le collezioni, sono alcune tra le principali Manifatture del Settecento a partire da quelle milanesi che qui brillano con la spettacolare ZUPPIERA a decoro Imari della manifattura di Pasquale Rubati, 1760 circa, in catalogo per la cifra di 3.000/4.000 euro (lotto 66).
Nella collezione Barilla, e d’altro canto diverso non poteva essere, la produzione maggiormente documentata è quella emiliana. In modo particolare colpiscono alcune opere della manifattura dei Conti Ferniani caratterizzate dal decoro “al giardino” o “alla colonna spezzata” come un gruppo di grandi caffettiere faentine, su tutte ne evidenziamo una dell’ultimo quarto del secolo e alta più di trenta centimetri che è stimata 800/1.000 euro (lotto 50), e la superba Zuppiera del servizio Pepoli Pamphili, datata 1760-65 di cui si conoscono pochi esempi ora custoditi in musei, in catalogo con la valutazione di 5.000/8.000 euro (lotto 48).
Di grande bellezza e fascino sono anche le due rare caffettiere, Imola seconda metà del Settecento, con decoro marmorizzato, così incredibilmente attuali come gusto materico e formale, entrambe in catalogo per 3.000/4.000 euro (lotto 34 e 35).
Tra gli esemplari insoliti troviamo il Trompe l’oeil che raffigura una lepre accucciata e che altro non è se non una raffinata zuppiera della manifattura di Pasquale Antonibon di Nove di Bassano, nel periodo della gestione Baccin tra il 1774 e il 1802, la cui stima è di 2.000/3.000 euro (lotto 79).
Nella collezione Barilla la porcellana è poi magistralmente rappresentata da poche e selezionatissime opere come il rinfrescabicchieri della manifattura di Geminiano Cozzi, Venezia 1770-75, decorato all’orlo dei portacalici da mascheroni femminili uniti l’un l’altro da ghirlande di foglie, valutato 5.000/8.000 euro (lotto 84).
Nella collezione romana in vendita prevale invece la porcellana con alcuni significativi e selezionati esempi di opere delle manifatture di Geminiano Cozzi a Venezia e di Pasquale Antonibon a Bassano, poi di Ginori, Meissen, della Real Fabbrica Ferdinandea e di Capodimonte.
Da quest’ultima manifattura è uscita nel 1750 una bella e rara caffettiera con bocca prominente sottolineata dal decoro sfumato porpora, in catalogo con la valutazione di 2.000/3.000 euro (lotto 110), e con essa il piatto, seppur frammentario valutato 3.000/5.000 euro, probabilmente databile al 1750, periodo in cui la Manifattura era diretta da Giovanni Caselli (lotto 111).
Tra le “plastiche” colpiscono le cosiddette “caccine di Ginori” piccoli gruppi raffiguranti scene di caccia con i cani che braccano animali selvatici. Presenti nella manifattura di Doccia fin dal periodo del Foggini, queste piccole sculturine, passate dall’essere pomoli per ciste o zuppiere a oggetti decorativi autonomi, sembrano avere avuto a modello la scultura romana e la numismatica ellenistica. La descrizione delle tre a catalogo, stimate 3.000/5.000 euro, ci viene direttamente dagli inventari della Manifattura, che tra le dieci elencate descrivono le nostre tre, eseguite nel decennio 1760-70, come Manzo con cani, Cani con lepre e Porco con cane (lotto 106).
Interessante è anche l’assortimento di tazze rappresentative dei vari decori utilizzati dalla manifattura di Doccia come, ad esempio, le cinque tazzine con decoro cosiddetto “ a tavolino” prodotte attorno agli anni 1755-1760, la cui stima è di 1.000/1.500 euro (lotto 139).
Particolarmente significativa è la COPPIA DI ELEMENTI DI BASE in porcellana dura del 1750 circa raffiguranti dei putti musicanti, appartenuti ad una base di ebano che era sostegno della statua “Venere seduta nella conchiglia”, una copia in porcellana della statua degli Uffizi nota come “Venere al bagno”, la loro stima è di 1.000/2.000 euro ( lotto 149). Opere simili sono presenti nelle maggiori raccolte museali europee.
Per le manifatture italiane ricordiamo ancora un importante VASSOIO decorato con un bouquet e ghirlande fiorite, appartenuto al servizio Mocenigo prodotto nelle fornaci di Geminiano Cozzi nel 1770 circa, valutato 1.500/2.500 euro (lotto 204).
Straordinarie sono le ciotoline di Meissen in porcellana molto sottile decorate con scene di porto entro riserve a rocaille in oro e porpora databili al 1740 e stimate 1.500/2.000 euro (lotto 141), come sorprendentemente belle sono le due tazzine, sempre Meissen probabilmente databili al 1735, con decoro acromo a fiori di pruno in rilievo sull’esterno e in oro e policromia all’interno e sul piattino, inerite a catalogo per la cifra di 1.200/1.800 euro (lotto 158).
Sempre della manifattura tedesca negli anni tra il 1730 e il 35 viene prodotto il RARO piatto decorato nella parte superiore con un motivo Kakiemon con simbologie e caratteristiche orientali note come decoro Flyng Fox, associato nella parte inferiore a un motivo che simula una stoffa quadrettata con elementi di ricamo. Questo decoro deriva esattamente da ornati creati tra il 1680 e il 1725 ad Arita, e la manifattura di Meissen che già nel 1710 era tra i principali importatori di porcellane orientali, incluse fin da subito nei suoi decori d’ispirazione giapponese. Il Victoria & Albert Museun conserva una foglia e un piatto con il medesimo decoro del nostro che è stimato 8.000/12.000 euro (lotto 186).
E come accennato in apertura questa “Tavola settecentesca” lascia spazio ad alcuni importanti esempi del XIX secolo come il bel servizio da caffè, Napoli, Fabbrica Del Vecchio, post 1818: un vero servizio da meditazione con raffigurazioni tratte dagli affreschi pompeiani, che ci rammenta come il gustare il caffè fosse divenuto pratica di cultura di un epoca e non solo di gusto. Lattiera, zuccheriera, caffettiera e dodici tazzine sono in catalogo per 3.000/4.000 euro (lotto 215).