La lettura della mamma. giacomo balla e osvaldo pardo: amicizia e mecenatismo

Tra le punte di diamante dellaasta del 22 giugno c'è Giacomo Balla presente con una serie di opere provenienti da importanti collezioni private, tra queste ricordiamo un AUTORITRATTO, POINSEZIE ARDENTI, FIGURA E AMBIENTI, RITRATTO DI FRANCESCO VITELLESCHI NOBILI e NOTTURNO, su tutte spicca LETTURA, o LETTURA DELLA MAMMA o ancora RITRATTO DELLA SIGNORA PARDO del 1905, per la prima volta proposta sul mercato, offerta a 130.000/200.000 euro.

1906 – 1958: Giacomo Balla e i suoi collezionisti e mecenati
Nel 1895 Giacomo Balla arriva a Roma con la mamma Lucia dalla natia Torino, dove era nato il 18 luglio 1871. L’anno dopo, nel 1896, il ventiseienne Osvaldo Pardo arriva a Roma dalla natia Livorno, dove era nato nel 1869. In questi termini, la secondogenita del pittore, Elica scrive nel suo volume dedicato al padre: “In questi tempi [siamo nel 1896 quando Balla abitava a via Piemonte nda] conosce e diviene amico di un artista sensibile e come lui amante della montagna: Francesco Vitalini [1865-1905 nda], acquafortista il quale stima molto questo giovane pittore e lo presenta ad un signore che in seguito gli farà eseguire molti lavori: Osvaldo Pardo. E’ del 1899 la prima apparizione pubblica di Balla a Roma dove alla espone Impressionista alla LXIX Esposizione Riunite della Società Amatori e Cultori di Belle Arti entrando così in contatto con alcuni soci della Società: “Ma alcuni membri della Società Amatori e Cultori si interessano di lui, specialmente il futuro sindaco di Roma, Ernesto Nathan. Altri membri si interessano di lui, Osvaldo Pardo, al quale farà il ritratto” scrive Elica. Osvaldo Pardo nasce a Livorno nel 1869 e muore a Firenze nel 1949: frequenta il pittore e la sua famiglia commissionandogli i ritratti della famiglia e comprando opere per lo più figurative. Nel 1902 alla LXXII Esposizione della Società Amatori e Cultori Balla è presente con 13 opere: 11 sono ritratti. E’ la conferma pubblica della grande capacità ritrattistica di Balla: affianco al ritratto intimo della Famiglia Carelli (oggi a Napoli, Museo di Capodimonte) troviamo quello della Adelaide Ristori Marchesa Capranica del Grillo nel suo ottantesimo anno (oggi conservato a Roma presso la Società Dante Alighieri) e quello del segretario della Società Amatori e Cultori, il signor Rodolfo Pisani. In questo contesto, nel luglio del 1905 il Pardo commissiona al pittore il suo ritratto e quello della moglie, la signora Anetta (Roma 1868-Firenze 1941). Sempre leggendo Elica Balla apprendiamo un ricordo della stessa Nella, la figlia di Anetta ritratta da Balla nella tela intitolata Lettura della mamma esposta nel 1928 agli Amatori e Cultori: “Mi diceva la signora Nella Franchetti Pardo, ricordando la sua fanciullezza, di quando Balla iniziò il ritratto di sua madre con lei vicina: ‘Ricordo ancora che eravamo in salotto, seduta sul divano, e la mamma mi leggeva il libro di Topinino e che Balla, entrando con papà, appena ci vide gridò: ‘Bello, bellissimo! Ferme così’. In questo modo mio padre preferiva comporre i soggetti delle sue opere…

L’opera è sempre stata conservata dal committente Osvaldo Pardo, anche durante la guerra quando si rifugiarono nella tenuta “Il Loretino” vicino Firenze, come possiamo vedere nella fotografia della sala da pranzo insieme al ritratto di Osvaldo a destra, Fanciullettera, Vaso di rose bianche e Fanciulla ad Anzio. Proprio dalla tenuta toscana del Loretino, Osvaldo Pardo invierà a Balla una affettuosa lettera in seguito alla perdita della cara Elisa. E’ proprio l’amicizia di Balla con l’incisore Francesco Vitalini a portare il pittore torinese da poco arrivato a Roma ad entrare in contatto con Osvaldo Pardo:  “Un altro caro amico di Balla doveva essere stato Francesco Vitalini anch’egli amante della natura, amico fin dai primissimi anni, quando tra i pochi, comprese le eccezionali qualità del giovane artista ancora sconosciuto e con la sua bontà e gentilezza d’animo lo presentò a persone che potevano essergli utili, tra queste Osvaldo Pardo al quale Balla fece il ritratto. Il Vitalini appena quarantenne perì tragicamente mentre si recava a dipingere sulle montagne che amava”. In seguito al tentativo da parte di Balla di voler mettere all’asta le sue opere passatiste, nel 1915 Osvaldo Pardo, proprietario del negozio di lampadine elettriche Z in via del Tritone a Roma, mette a disposizione dell’amico-pittore i locali del suo negozio. L’amicizia con Pardo prosegue sia quando la famiglia Balla va ad abitare per il triennio 1926-1929, ospite dagli Ambron a via Aldrovandi, che quando si trasferisce a via Oslavia nel 1929. L’amicizia continua al punto che ritrae l’amico Pardo – non più giovane – nella tela del 1930 e si autoritrae nell’olio del 1945 come Autobal75enne: nel 1932 il Pardo scrive da Venezia, dove è in visita alla Biennale, una lettera dove “accludo come ti avevo promesso, uno cheque di L.1000, tante cose da tutti noi a tutti voi. Tuo Osvaldo Pardo. Venezia 5\9\1932”. Uno degli ultimi momenti di amicizia tra Osvaldo Pardo e la famiglia Balla è da ascrivere al maggio del 1946 quando “il vecchio amico Osvaldo Pardo aveva portato mia sorella nella villa in Toscana, mio padre aveva parlato con lui perché Lucetta cambiasse ambiente e potesse dipingere e distrarsi da quel brutto periodo […].

 

In quella villa dove non mancava nulla, mia sorella dopo qualche giorno riprese a dipingere; i Pardo erano in molti, avevano servitù e con tutta comodità lei poteva ritrarre il bel paesaggio della Toscana che la circondava. Mio padre fu molto riconoscente all’amico e dipinse per lui un autoritratto assai luminoso che appartiene a quella serie di autoritratti con la giacca di flanella scozzese a tinte chiare”. La villa in Toscana è naturalmente la tenuta “Il Loretino” dove i Pardo si erano rifugiati coi loro quadri durante il Secondo Conflitto Mondiale e l’”autoritratto assai luminoso” è quell’olio che Balla realizza impiegando un inquadramento dal basso verso l’alto, accentuando la prospettiva in modo che appare solo l’angolo in alto del muro oltre al suo volto sorridente. Tre anni dopo, nel 1949, Osvaldo Pardo muore a Firenze. I quadri passano alla figlia Nella Franchetti Pardo (Roma 1900-1982), madre di Marcello (1926-2022) e dei due gemelli Vittorio e Giorgio (Roma 1928).  

 

In ordine cronologico, il secondo amico – collezionista legato a Giacomo Balla è il professor Angelo Bajocchi (il cognome poi viene italianizzato con Baiocchi), nato a Gavignano nel 1900 (morirà a Roma nel 1969). Il nodo di contatto tra le due personalità artistiche potrebbe essere stata la Prima Quadriennale d’Arte Nazionale dove Balla espone La seggiola dell’uomo strano che verrà acquistata dal professor Angelo Baiocchi. Scrive Elica Balla: “….solo un acuto osservatore lo avrebbe potuto notare: La seggiola dell’uomo strano… Il quadro fu ceduto ad un professore amante d’arte e studioso di cose antiche”.

L’ abitazione di via Oslavia accoglieva sia vecchi amici che collezionisti, sia compagne delle figlie Elica e Luce che nobildonne dell’aristocrazia romana. E’ sempre Elica a scrivere degli incontri in Casa Balla: “Venivano i signori Bettini e il proff. Baiocchi a parlare di problemi d’arte. Il professore era un collezionista ci portava a far vedere libri rari e pietre antiche lavorate, amava l’arte e ammirava molto quella di Balla, acquistò alcuni quadri e mi padre gli fece anche un ritratto a pastello…. Ecco una lettera del professore che definisce bene la sua amicizia e ammirazione per mio padre: Roma 5 marzo 1941. Gentilissimo Balla, sento vivo il bisogno di ringraziarla per avermi fatto trascorrere nel suo studio, sabato scorso, un pomeriggio che non dimenticherò. Dissi alla sua Figliola che i suoi quadri sono più belli del vero…Solo allora il pittore realizza quella simpatia immaginativa che nel campo dell’arte è il segreto unico della creazione. E’ la natura morta sullo sfondo dei tessuti, L’Estate che tutta bianca nudasi, la ‘Piantina’, l’ ‘Autocaffè’, oltre che l’interpretazione tecnicamente meravigliosa del vero sono l’espressione di una personalità estesa e titanica. Questo volevo dire alla sua Figliola quando dissi che i suoi quadri sono più belli del vero. Ritirerò un disegnino di nudo (vuol farmene conoscere il prezzo?). Cordialmente il suo ammiratore Angelo Bajocchi”. Sono di questi anni le spiritose dediche che troviamo sui retri delle opere acquistate dal Baiocchi: si va da Al carissimo Bajocchi, al Simpatispiritual Bajocchi scritto sopra una fotografia dell’Autocaffè per concludersi con un Le piace? dietro ad un piccolo autoritratto del 1946. Nell’estate del 1941 il Baiocchi scrive una lettera a Balla dal suo paese nativo di Gavignano (vicino Roma): “Io spesso rivedo i suoi quadri, riascolto la sua voce, cerco di indagare il mistero di quel suo occhio limpido che tutto vede ed apprezza nella giusta misura e la cui purezza non da adito se non a ciò che è degno. […] Il mondo in sua compagnia mi riappare ancora una volta nuovo, primitivo, favoloso, quale in realtà è. A tutti loro, anche da parte di mia moglie e dei pupi, ricambio i migliori saluti; a Lei un cordiale abbraccio dal suo Aff.mo Angelo Bajocchi”. Sul finire del Secondo Conflitto, il professor Baiocchi frequentava Casa Balla: “ci si incontrava per farci gli auguri soprattutto perché la guerra finisse”, scrive Elica Balla e aggiunge “Venuto il professor Baiocchi al quale papà ha fatto il ritratto”. Angelo Baiocchi morirà nel 1969, lasciando la sua collezione ai figli Giuseppe, Claudio, Luigi e Maria. Nel 2004 la Banca d’Italia acquista in asta La seggiola dell’uomo strano.  

 

Gli ultimi anni della sua vita, Giacomo Balla gli trascorre sempre dedicandosi alla pittura: Ho sempre dipinto, sto dipingendo, dipingerò fino all’ultimo istante scrive in un taccuino. Durante gli anni quaranta (fino al 1951 circa quando realizza il ritratto a Benedetta Marinetti) infinite sono le sue pitture dove le cosiddette nature morte prendono vita sotto il suo pennello per diventare Nature vive, dove i volti femminili prendono vita e movimento dall’atmosfera luminosa che gli avvolge, dove il verde della natura rinasce a vita nuova sotto le veloci pennellate di Giacomo Balla... Tuttavia, dopo il compimento degli ottant’anni durante il quale la Galleria Origine gli dedica la mostra per festeggiarlo, la salute del pittore andava peggiorando. E’ sempre Elica Balla ad aggiornarci con i suoi ricordi: “Il dottor Rotella gli faceva iniezioni per curare i nervi”; poi durante l’estate del 1952 anche a causa del troppo caldo, la salute di Balla va peggiorando. Diversi dottori si alternano i Casa Balla, dal professor Corelli al Dottor Levi della vita, dal dottor Sgambati al professor Bonone. Il 10 maggio del 1954 arriva in Casa Balla la lettera del “Signor Barr, direttore del Museo d’Arte Moderna di New York, con un assegno di un milione. E’ stato così pagato il quadro Lampada ad Arco acquistata dal Museo americano. Papà è stato più contento, ha detto al dottor che è lui che ci porta fortuna”, scrive Elica nel 1986. Il dottore di qui parla Balla è ora il giovane medico Alberto Jacovoni. Nato in provincia di Teramo (Isola del Gran Sasso 1896 – Roma 1969), viene introdotto in Casa Balla verso il 1954 – 1955 dall’anziano dottor Sgambati come suo allievo. Leggiamo i ricordi di Elica Balla: “Nell’autunno del 1955 nostro padre non sta bene. Scrivo così nel diario: 15 ottobre 1955 – Notte faticosa, papà fa discorsi tristi, io non resisto e scoppio in lacrime e in pianto ridotto, telefono al dottor Jacovoni che viene a mezzogiorno. Questo medico era allievo del dottor Sgambati: adesso sostituiva il dottore di prima che non veniva più. Sgambati ci aveva mandato questo il quale amava molto l’arte”. Nella collezione del dottore, infatti, figurano diverse opere degli anni Dieci (ricordo Linea di velocità + vortice già Casa Balla n.411; il disegno regalato al dottore nel 1963 Forme rumore già Casa Balla n. 289), come lavori degli anni Quaranta. 

Dramma di paesaggio su faesite e diversi Ultimi disegni realizzati a china nell’ultimo anno di vita: tutti lavori regalati dalle Signorine Balla proprio per sdebitarsi delle cure del giovane dottore, così presente negli ultimi anni di vita del pittore, come scrive Elica nel 1986: “Scrivo nel diario: Oggi 8 gennaio 1956 - Sole limpido. Papà non sta bene… alla sera è venuto il Dottor Jacovoni. E nel 1957 aggiunge: “In quell’ultimo anno della vita di nostro padre, l’unica persona che veniva spesso era il dottor Jacovoni; ho già detto che gli piacevano molto i quadri e trovava sempre un momento per venire sia pure molto in fretta”.  Giacomo Balla morirà nella sua stanza di via Oslavia a Roma il 1marzo 1958. Alberto Jacovoni morirà nel 1969, lasciando la sua collezione ai figli Giovanni, Alessandro, Maria Vittoria e Roberto.

Elena Gigli