Oltre cento vetri provenienti direttamente dalla collezione privata di Archimede Seguso, dalla sua abitazione veneziana a pochi passi da piazza San Marco, affacciata sul teatro La Fenice.
Stavano lì, dal 1999, a ricordare l’opera del grande maestro vetraio, a rappresentare quei settant’anni passati davanti alla bocca della fornace a Murano, seduto sullo scranno di legno, impegnato, come amava dire, “a soffiare l’anima” dentro una palla di vetro incandescente.
Ora Pandolfini ha il privilegio e l'onore di pubblicare e proporre al mondo collezionistico internazionale i vetri di Archimede Seguso.
Le opere proposte in asta il prossimo 27 novembre non sono opere qualsiasi, ma quelle di Archimede che lo stesso Archimede aveva scelto per la propria casa.
Realizzato in stretta collaborazione con il figlio Gino, il catalogo di vendita, primo in assoluto nel panorama internazionale, esplorando in ordine cronologico un percorso ricco di continue sperimentazioni e scoperte illustra in maniera completa l’intero operato di quello che comunemente viene ricordato come il più grande maestro vetraio muranese del Novecento.
Di lui scrisse con grande garbo ma estrema puntualità Rosa Barovier Mentasti: “…Archimede Seguso assume, agli occhi di chi conosce la storia e il mondo vetrario muranese, un valore emblematico, incarna, come poche altre personalità del nostro secolo, la tradizione del vetro di Murano al suo più alto livello e ne esprime le qualità più significative e attraenti, non solo sotto il profilo tecnico-artistico ma anche umano e culturale…”
Il nostro catalogo, che per l‘unicità diventa un vero e proprio volume di consultazione, partendo da un’opera giovanile realizzata quando il promettente Archimede lavorava nella fornace di famiglia, una deliziosa scultura in vetro policromo del 1932 raffigurante Donna con cerbiatto, arriva alla suggestiva serie di vasi intitolata La Fenice, realizzata nel 1996 all’indomani dall’aver assistito per l’intera notte, dalle finestre della propria abitazione per la quale temette il peggio, al rogo del Teatro La Fenice.
E in mezzo sessant’anni di creazioni, con un’attenzione particolare al decennio 1950-1960, periodo in cui maggiormente si manifestò la vena creativa del maestro, con un susseguirsi continuo d’innovazioni dal merletto agli anelli, alle piume, poi le alghe e le macchie...
E poi la scultura, il tentativo sempre riuscito di trasferire nella massa vetrosa umanità e vita di persone e animali: dagli incredibili ritratti delle persone care fino alla rappresentazione naturalistica di fagiani, volpi e papere, presente lungo tutta l’attività del maestro.
Molte delle opere proposte in asta vantano una ricca bibliografia, spesso realizzate per esposizioni d’arte internazionali, quali le Biennali di Venezia o le Triennali di Milano, oppure scelte dallo stesso Archimede per rappresentare il proprio lavoro nelle tante mostre che lo vedevano protagonista quando era ancora in vita e operativo, su tutte merita di essere ricordata l’importante monografica di Palazzo Ducale a Venezia, unico artista vivente insignito del privilegio di esporre le proprie opere in quello che fu il cuore della più grande repubblica marinara, la Serenissima.
Ci piace concludere ancora con le parole di Rosa Barovier Mentasti: “…Archimede Seguso si impone per il suo personalissimo stile di uomo e di artista: l’alta figura snella, non piegata dalla vecchiaia, i tratti del volto e lo sguardo acuto, la garbata asciuttezza dei modi, la suprema finezza progettuale ed esecutiva del suo lavoro vetrario non passano inosservati né si dimenticano….”