Maestro di Popiglio
(attivo a Pistoia e a Pisa nel secondo e terzo quarto del sec. XIV)
MADONNA COL BAMBINO E QUATTRO ANGELI
1360 circa
tempera su tavola sagomata fondo oro, cm 132x70
alcuni restauri
Corredato da parere scritto di Andrea De Marchi e Linda Pisani
Il dipinto raffigura una Madonna in trono che regge il Bambino seduto sulle sue ginocchia ed è attorniata da quattro angeli. Il Bambino porta con sé un cardellino posato sulla sua mano sinistra, mentre due delle creature angeliche lo osservano adoranti, ed altre due, assise ai piedi della Vergine, lo allietano col suono di un piccolo organo a canne e di una viella. Entrambi i protagonisti della scena sacra si caratterizzano per un tono malinconico, dominato da uno sguardo quasi assente e premonitore - come del resto la presenza del cardellino, simbolo della Passione di Cristo - di un destino importante ma doloroso.
La tavola qui in esame è inedita e, secondo quanto comunica l’attuale proprietario, fu acquistata, circa quarant’anni addietro, da un collezionista di Toledo in Spagna.
Il dipinto, che, per le dimensioni, è immaginabile come il centro di un trittico o polittico, appare ben leggibile e giudicabile, nonostante i segni lasciati da vecchi interventi di restauro su alcune porzioni della superficie pittorica. Integrazioni a tinta neutra si ravvisano infatti in estese zone del nimbo di Gesù Bambino, nel bordo dorato del manto e della veste di Maria, ed anche nel margine punzonato della tavola. Sulla superficie pittorica si riconoscono inoltre altre stuccature (nella veste e nel manto della Vergine) e qualche ridipintura (nel volto dell’angelo in piedi a sinistra e nella stoffa che riveste la seduta del trono). Il supporto è stato risagomato con vertice a triloba ribassata, probabilmente per l’inserimento in qualche stucco tardo-barocco. Sul retro si notano inoltre i segni dell’alloggiamento di tre traverse, anche se permane il dubbio che non corrispondano a quelle originali (di prassi soltanto due), tolte quando la tavola fu privata dei suoi laterali. E’ infatti verosimile che fosse il centrale di un polittico.
Le sigle e la cultura figurativa dell’opera sono ben riconoscibili e permettono di identificare l’autore col cosiddetto Maestro di Popiglio, attivo fra il territorio pistoiese e quello pisano dagli anni trenta agli anni sessanta del Trecento. La tavola oggetto di questa scheda, inoltre, anche per parametri esterni come i dati della moda (si pensi agli scolli delle vesti, caratterizzati da una linea netta, come negli affreschi della Cappella Guidalotti Rinuccini di Giovanni da Milano), sembra appartenere alla fase tarda del maestro, sul 1360 circa.
Il Maestro di Popiglio (noto anche, ma impropriamente, come Maestro del 1336 e sovrapponibile in parte al cosiddetto Francesco pisano o Francesco dell’Orcagna) deriva il proprio nome critico da un pentittico raffigurante la Madonna col Bambino fra i santi Lorenzo, Pietro, Giacomo Maggiore e Giovanni Battista conservato nel Museo d’arte sacra di Popiglio, ma un tempo presso la chiesa parrocchiale del paese di Popiglio, sulla montagna pistoiese1.
Alcune delle opere più antiche di questo maestro rivelano i suoi debiti nei confronti di un altro anonimo, il cosiddetto Maestro del 1310, protagonista della scuola pistoiese del primo Trecento e caratterizzato da una tempra espressiva ancor più forte2. Non è un caso che, commentando il pentittico del Maestro di Popiglio raffigurante la Madonna col Bambino fra i santi Francesco, Giovanni Battista, Andrea ed Antonio abate, un tempo presso la cappella di Santa Lucia nella collegiata di Empoli ed oggi al museo della Collegiata, si sia parlato, di volta in volta, e con lessico colorito, di “figure aggrondanti“e di una “ferinità insieme raffinata e popolare”3. Alle opere principali del Maestro di Popiglio (il namepiece, il pentittico empolese e la Madonna col Bambino della collezione Acton nella Villa La Pietra di Firenze) rinviano anche alcuni dettagli della Madonna con il Bambino ed angeli qui in esame: simili sono, sebbene meno incisivi ed appuntiti, i lineamenti del volto del Bambino, i suoi densi boccoli biondi e persino la collanina su cui spiccano un vistoso ciondolo apotropaico in corallo ed una crocellina dorata, che, per la sua sistemazione sbilenca, sembra esser rimasta impigliata fra i ricami che impreziosiscono la veste del piccolo Gesù.
Tuttavia, come si accennava, la datazione della tavola sembra collocarsi nel decennio successivo alla metà del secolo, a notevole distanza dalle opere citate. Il prosieguo del percorso del maestro, che ha anche immediati riverberi nel territorio pistoiese, come mostrano una tavola ed un affresco a Montecatini Alto4, sembra puntare in direzione di Pisa e del suo circondario. Si tratta però di opere molto discusse, la cui piena definizione critica attende ancora un assestamento definitivo. Come nel caso del polittico, molto impegnato, giunto alla Collezione Cini di Venezia dalla raccolta Toscanelli di Pontedera e raffigurante San Paolo in trono fra i santi Giovanni Battista, Pietro, Filippo e Giovanni Evangelista. Per tale dipinto, di cultura orcagnesca, con riflessi di Giovanni da Milano e qualche tangenza con il pisano Giovanni di Nicola, è stata a lungo accreditata una provenienza dalla chiesa di Santa Caterina a Pisa, sulla base di un documento che registra la commissione nel 1364, da parte di donna Nuta di Vico, di un polittico destinato all’altare di San Paolo in quella chiesa5. Raffigurando San Paolo in posizione d’onore e potendosi datare negli anni sessanta del Trecento, il polittico ex Toscanelli era infatti un candidato forte per l’identificazione con l’opera citata nel documento. Tuttavia, di recente, alcuni rinnovati scavi d’archivio hanno rimesso in discussione questo collegamento. Si è infatti appurato che il pittore pisano di nome ‘Francesco’ che viene citato in quel documento per la realizzazione del dipinto è in realtà Francesco Neri da Volterra6 e perciò il polittico Cini, inconciliabile con lo stile del pittore volterrano, non può essere quello richiamato nel documento del 13647.
Resta dunque aperta l’indagine sul polittico Cini - che infatti è stato inquadrato anche nell’ultima attività di Giovanni di Nicola, pittore pisano probabilmente formatosi con il senese Lippo Memmi - 8 e nell’assenza di riferimenti documentari certi è plausibile tornare a considerarlo come un esito della fase finale del percorso del Maestro di Popiglio. Esso parrebbe inoltre traghettare a Pisa soluzioni compositive e strutturali pubblicate a Pistoia: col tramite del polittico Cini, si spiega infatti più agevolmente la somiglianza strutturale fra il polittico di Taddeo Gaddi per l’altar maggiore di San Giovanni Fuorcivitas di Pistoia, e il polittico di Agnano di Cecco di Pietro, che ne condivide il registro intermedio coi santini a mezzo busto interposto fra le cuspidi ed il registro coi santi a figura intera9.
I punti di maggior contatto fra la tavola qui schedata e il polittico Cini chiamano in causa soprattutto la raffigurazione dell’Annunciazione: basti pensare al profilo dell’Arcangelo da affiancare idealmente ad uno degli angeli in profilo che fanno corona alla Madonna col Bambino. Oltre alla somiglianza dei tratti (fatta eccezione per una certa sommarietà nella definizione delle mani), colpisce soprattutto il chiaroscuro intenso usato con funzione modellante.
In sintesi, sembra da proporre una datazione all’inizio degli anni sessanta del Trecento ed un inquadramento nella tarda attività del Maestro di Popiglio.
Note:
1 Per questo polittico e per un trittico di analoga cultura figurativa raffigurante la Madonna col Bambino fra santo vescovo e santo Stefano e nelle cuspidi San Paolo e San Pietro cfr. U. Feraci, I polittici trecenteschi, in Popiglio. Museo d’arte sacra, a cura di P. Peri, Pistoia 2010, pp. 68-71. Per Feraci, che si allinea alla posizione critica di M. Boskovits (Pittura umbra e marchigiana, Firenze 1973, pp. 19, 40), il primo polittico sarebbe opera del Maestro di Popiglio, mentre il secondo si dovrebbe ad un altro, anonimo maestro pistoiese. Si tratta in effetti di un gruppo composito, forse meritevole di qualche espunzione, ma che nel complesso sembra poter convivere in un unico corpus.
2 Sul ‘Maestro del 1310’, così definito a partire dalla grandiosa Maestà al Musèe du Petit Palais di Avignone, datata in quell’anno in base all’epigrafe in calce al dipinto, cfr. A. De Marchi, Come erano le chiese di San Domenico e San Francesco nel Trecento? Alcuni spunti per ricostruire il rapporto fra spazi ed immagini, sulla base dei frammenti superstiti e delle fonti, in Il Museo e la città. Vicende artistiche pistoiesi del Trecento, Pistoia 2012, pp. 13-19.
3 Per tali metafore cfr. P.P. Donati (Per la pittura pistoiese del Trecento- II Il Maestro del 1336, in ‘Paragone’, XXVII, 1976, 321, pp. 3-15 ), al quale si deve l’individuazione della personalità critica del maestro; e A. Paolucci, Il Museo della collegiata di Sant’Andrea in Empoli, Firenze 1985, scheda 2, p. 37.
4 Cfr. L. Pisani, Pittura a Pescia e dintorni fra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo, in Sumptuosa Tabula Picta. Pittori a Lucca tra Gotico e Rinascimento, catalogo della mostra (Lucca 1998) a cura di M. T. Filieri, Livorno 1998, p. 99 figg. 66-67.
5 Per il documento cfr. P. Bacci, Il Trionfo di San Tommaso di Francesco Traini e le sue attinenze con la scuola senese, in ‘La Diana’, V, 1930, p. 171; per il collegamento col polittico cfr. W. Cohn, Franco Sacchetti und das ikonographische Programm der Gewöllemalereien von Orsanmichele in ‘Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz’, VIII, 1958, p. 73.
6 Si tratta di un pagamento, ulteriore, che chiarisce l’identità di tale Francesco: cfr. M. Fanucci Lovitch, Artisti attivi a Pisa fra XIII e XVIII secolo, Pisa 1991, pp. 118, 147.
7 Federica Siddi ha inoltre notato l’assenza nel polittico Cini di qualsiasi riferimento all’iconografia domenicana, come sarebbe invece avvenuto se l’opera avesse avuto attinenza con Santa Caterina, chiesa dei domenicani di Pisa. Per il polittico Cini cfr. F. Zeri, Dipinti toscani e oggetti d’arte della collezione Vittorio Cini, Vicenza 1984, pp. 13-16 e ora la scheda di F. Siddi, nel nuovo catalogo in corso di preparazione a cura di A. Bacchi e A. De Marchi.