Due alzate
Savona, manifattura Salamone, Bartolomeo Guidobono (?), post 1695
Maiolica decorata in blu di cobalto e bruno di manganese con l’aggiunta di giallo, verde e arancio nello stemma
a) alt. cm 7,1; diam. cm 33; diam. piede cm 14
b) alt. cm 6,4; diam. cm 33; diam. piede cm 15
Sul retro, sotto il piede, stemma savonese in blu su ambedue
Intatte salvo profonde sbeccature al piede.
Corredato da attestato di libera circolazione
Earthenware, painted in cobalt blue and manganese with touches of yellow, green, and orange for the coat-of-arms
a) H. 7.1 cm; diam. 33 cm; foot diam. 14 cm
b) H. 6.4 cm; diam. 33 cm; foot diam. 15 cm
Beneath the base of both items, is a Savonese coat-of-arms painted in blue
In very good condition, with the exception of some heavy chips to foot
An export licence is available for this lot
Le due alzate in maiolica foggiata al tornio sono sorelle, parte della stessa serie. Hanno un piano piatto profilato da un orlo leggermente crescente e poggiano su un piede svasato ad anello. Il corpo sottile ha grana fine color camoscio rivestita da un sottile strato di smalto stannifero leggermente azzurrato, dalla stesura molto leggera sul retro.
La scena figurata è impostata in monocromia blu: la rapida esecuzione in sciolte pennellate blu di cobalto è poi ripassata con una sottilissima linea nera di manganese che, con fluida rapidità, ridisegna contorni, particolari e certi tocchi chiaroscurali. Solo lo stemma vede l’aggiunta di giallo uovo, arancio e pochi colpi in verde ramina.
Ambedue le scene pittoriche sono dominate da uno stemma matrimoniale bipartito: lo scudo a sinistra è trinciato da due bande diagonali blu in campo bianco, mentre lo scudo a destra porta una sottile croce rossa e ha i campi profilati con una fascia di piccole punte gialle e verdi. L’insegna araldica è dominata da una corona a sette punte d’imprecisa appartenenza marchionale. Una sottile cornice a volute chiude il motivo araldico.
Le insegne araldiche appartengono a due famiglie fiorentine Alamanni e Popoleschi. Le nostre maioliche testimoniano così il matrimonio tra Vincenzio Maria Alemanni (1672–1756) e Maria Maddalena Popoleschi che avvenne a Firenze nel 1695.
Le due scene si svolgono in un paesaggio realizzato con un gioco sintetico dal disegno fortemente stilizzato. Nel piatto a) la parte superiore è occupata da un paesaggio dipinto in estrema scioltezza e composto di un edificio a fortezza turrita e due monti dalla linea inclinata con la cima appuntita. Attorno allo stemma l’aria è mossa da virgole vibranti e, nella parte più alta, il cielo chiude l’orlo con nuvole scure. Al centro una giovane coppia “all’antica” è protagonista: i due sono seduti nel prato, lei tiene in mano un arco, un giovane uomo loricato regge uno scudo. Due putti gli sono accanto. È raffigurato un istante: le figure si muovono con naturalezza e paiono parlare tra loro sorridendo. Il bordo inferiore è incorniciato da zolle erbose e arbusti fogliati. Il piatto b) vede una scena ancora più viva: il movimento è accentuato. La giovane donna siede su un cocchio tirato da due pavoni. Il movimento delle braccia e il volo del suo mantello ci mostrano che è in velocità. Accanto, un ragazzino alato, correndo, porta una torcia ardente e due putti paiono partecipare allegramente alla scena. Il casale è dipinto nell’esergo e ciuffi erbosi e piante fogliate inquadrano la scena.
In ambedue i pezzi il retro della tesa presenta una serie corrente di girali. La marca è disegnata a filo sottile a punta di pennello fine, con una forma stilizzata quasi triangolare. Il fondo del pezzo b) porta anche una pennellata libera.
Questa tipologia decorativa “istoriata barocca” ebbe una straordinaria diffusione nella produzione savonese per più di un secolo, ma un piccolo gruppo di pezzi di sicura assonanza formale con le nostre alzate è stato individuato per la sua qualità formale artistica.
Nel 1939, nella celebre esposizione tenuta a Palazzo Reale di Genova, curata da Orlando Grosso e Giuseppe Morazzoni, i pezzi riconosciuti con questo carattere stilistico considerati della fine del ’600, sono definiti “ispirati ai Guidobono”. (Talvolta marcati con lo stemma e, raramente, anche con la “S”).
Giovanni Antonio Guidobono e suo figlio Bartolomeo sono grandi pittori, autori della decorazione di molte chiese liguri e piemontesi. La loro alta qualità artistica e freschezza stilistica farà sì che vengano chiamati come decoratori dai Savoia a Torino a Palazzo Madama. Il padre lavorava regolarmente come decoratore delle ceramiche della manifattura savonese Salamone: collaborazione viva fino al 1683, anno in cui si trasferisce a Torino. Alla sua morte, due anni dopo, il figlio Bartolomeo lo sostituisce con grandissimo successo. Bartolomeo (1654 – 1709) è un artista geniale: prosegue l’attività pittorica del padre dipingendo pale d’altare, decorazioni a fresco di edifici raggiungendo lo straordinario incarico di decorare sale di Palazzo Madama, ammirabili ancor oggi. Arrigo Cameirana (1997, 2001, 2002) e Cecilia Chilosi (2004) hanno studiato la più innovativa, magnifica serie ceramica dei Guidobono in figure libere, in acceso movimento con forti scorci dipinti “con mano in aria senza appoggio”. Ma è evidente che i Guidobono, anche se non si possono considerare gli inventori del dipingere con scene istoriate in monocromia blu, ne sono certamente molto raffinati esecutori.
Le nostre alzate si collocano con sicurezza in questo mondo ceramico: un piatto “reale” (45 centimetri di diametro) marcato con lo stemma di Savona e la lettera “S”, pubblicato da Cecilia Chilosi nel Thesaurus ligure è decorato con la stessa scena di Giunone sul cocchio con i pavoni di stile entusiastico (Collezione della Banca di Risparmio di Savona). La scena è certamente sorella di quella affrescata da Bartolomeo Guidobono su una volta di Palazzo Cambiaso Centurione a Genova. E si notano altre straordinarie assonanze con alcuni disegni considerati da Newcombe preparatori per questo lavoro: su un foglio, Giunone nel carro ha un movimento più libero dell’affresco e più simile a quello della maiolica, e un altro foglio con Venere e Adone vede la stesura a penna e “ampie acquerellature”, mostrando una straordinaria affinità tecnico-pittorica con lo stile decorativo della nostra maiolica, come aveva già rilevato Cameirana.
L’altra nostra alzata con le figure festosamente sedute a terra non trova in un’opera così alta culturalmente pilastri attributivi, ma è evidente la sua perfetta coerenza materica e tecnico-stilistica con il pezzo analizzato e la familiarità iconografica con le altre opere citate “dei Guidobono”.
I nostri pezzi sono stati prodotti nel 1695 o poco dopo. Quest’anno è l’ultimo di attività della manifattura Salamone con cui l’ormai celebre Bartolomeo Guidobono molto attivo alla corte torinese forse collaborava ancora. La presenza della lettera “S” nella marca del piatto affine citato, pubblicato da Cecilia Chilosi, lo conferma. Possiamo così pensare che le nostre alzate siano opere sfornate o nell’ultimo anno della manifattura citata o nei primi anni successivi in un’altra fabbrica di ceramica fina della vivace città ligure e la loro perfetta coerenza pittorica ci permette di considerarli, pur senza voler forzare, forse dipinti da Bartolomeo stesso.
A Bartolomeo stesso erano commissionate maioliche dai Duchi di Savoia e quella ligure era molto apprezzata anche Firenze dai Medici dalla metà del Seicento. Nel nostro stesso nostro anno, il 1694, in un inventario completo della Villa medicea di Poggio Imperiale si elencano più di mille pezzi in “Terra di Savona”. E oggi sono noti diversi piatti da parata decorati con scene istoriate dominate da scudi medicei.
“A Roma un vescovo, Alessandro Falconieri, appartenente a una famiglia aristocratica di origine fiorentina, possedeva una sottocoppa traforata stilisticamente coerente alle nostre e marcata allo stesso modo. Essa è databile dopo il 1691 grazie al carattere araldico dello stemma che porta nel decoro".
Raffaella Ausenda