Important Reinassance Maiolica

mon 27 October 2014
Live auction 25
44

TONDINO

€ 60.000 / 80.000
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TONDINO

Urbino, bottega di Guido di Merlino, Francesco Durantino?, “1543”

 

Maiolica decorata in policromia in blu, verde, arancio, giallo-arancio, bianco di stagno e bruno di manganese

alt. cm 5,2; diam. cm 23,9; diam. piede cm 8

Sul retro iscrizione “di ioue mutato/ in Toro 1543” (la data in cartiglio)

Etichetta con numero “30” stampato; coppia di etichette dell’antiquario “Bossi et Fils, Genes-Nice”;

 

Intatto, salvo lievi sbeccature all’orlo e segni di usura al piede

 

Corredato da attestato di libera circolazione

 

Earthenware, painted in blue, green, orange, yellowy orange, tin white, and manganese

H. 5.2 cm; diam. 23.9 cm; foot diam. 8 cm

On the back, beneath the base, inscription in blue ‘di ioue mutato/ in Toro 1543’ (the date in a cartouche)

Printed label ‘30’; two antique dealer’s printed labels ‘Bossi et Fils, Genes-Nice’

 

In very good condition, with the exception of some minor chips to rim and some wear to foot

 

An export licence is available for this lot

 

Il piatto, che presenta un profondo cavetto e una larga tesa appena inclinata, poggia su un piede basso privo di anello: questa forma è generalmente definita “tondino”.

La scena è inserita in un paesaggio roccioso con un albero e una rupe a fare da quinte. In basso, al centro della tesa, Europa, colpita dalla bellezza e dalla mansuetudine di un toro bianco comparso nella mandria del padre, vi monta a cavalcioni, voltandosi a guardare verso una figura, probabilmente Mercurio in veste di pastore o il padre Agenore. Sul lato destro tre fanciulle, le amiche con le quale era solita accompagnarsi, assistono alla scena. Al centro è raffigurata la seconda parte della narrazione, con Europa che si allontana nel mare a cavallo del toro in un paesaggio ricco di porti e insenature. Al centro della tesa, in alto, uno stemma gentilizio non identificato e molto simile a quello presentato al lotto 43 di questo catalogo, sembra appeso ad un ramo. Sul retro, orlato di cerchi concentrici gialli, al centro del piede è delineata in blu la scritta “di ioue mutato/ in Toro 1543” con la data inserita in un cartiglio.

Il soggetto del Ratto di Europa, tratto dalle Metamorfosi di Ovidio (Ov., Met. II, 858-875), fu uno dei temi maggiormente utilizzati nella maiolica istoriata grazie alla diffusione delle incisioni con questo soggetto. Si vedano ad esempio i piatti conservati nei Musei Civici di Pesaro, e in modo particolare quello attribuito a Sforza di Marcantonio e datato 1549 come esempio dell’utilizzo delle fonti iconografiche nella maiolica urbinate.

Un oggetto che interpreta il mito capovolgendo la prospettiva, con modalità tecniche e decorative molto simili al piatto in esame, probabilmente dovute ad una scelta iconografica simile, è una coppa conservata ancora nei Musei Civici di Pesaro e attribuita al “Pittore del Pianeta Venere”, vicino a Lanfranco delle Gabicce, anch’essa con la protagonista seduta di spalle.

Il confronto diretto con il piatto presentato al lotto 43 di questo stesso catalogo ci fa pensare ad un'opera della medesima bottega, ma alla mano di due pittori, anche per la presenza di uno stemma gentilizio simile ma non uguale. Una prima ipotesi attributiva a Francesco Durantino nella bottega di Guido di Merlino è da respingere, anche se alcuni caratteri stilistici del pittore si intuiscono al centro del piatto.

Si veda per completezza il confronto stilistico con altri pezzi affini assegnati allo stesso artista: un piatto con alcune varianti nella scena, sormontato da uno stemma non identificato e datato “1544”, pubblicato da Johanna Lessmann, e i piatti ad esso associati. Pure il piatto con Venere e Vulcano, conservato al Victoria and Albert Museum, in cui ad esempio il volto di Venere con i capelli dietro le orecchie e lo sguardo un po’ sognante richiama quello visto di profilo di una delle tre compagne di Europa nel nostro piatto.

Il confronto della calligrafia con il piatto presentato al lotto 43 di questo catalogo e le modalità stilistiche e pittoriche ci conducono ugualmente ad attribuire l'opera all' antica e rinomata bottega urbinate di Guido di Merlino.