TONDINO CON STEMMA ARALDICO
Faenza, bottega di Pietro Bergantini, circa 1531
Maiolica decorata in policromia con giallo chiaro, turchino, verde, rosso e lumeggiature bianche su fondo azzurro-grigio “berettino”
alt. cm 4,5; diam. cm 25,2; diam. piede cm 6,8
Sul retro, sotto il piede, è delineata al centro una spirale
Restauro alla tesa, con integrazione pittorica prevalentemente sul retro del piatto: la rottura traccia un semicerchio nella parte in basso a destra della tesa, poco sopra una felatura passante; come si verifica di frequente il restauro mimetico con integrazione pare coprire una porzione maggiore rispetto all’entità del danno.
Corredato da attestato di libera circolazione
Earthenware, covered with a ‘berettino’ glaze and painted in light yellow, turquoise, green, red, and white highlights
H. 4.5 cm; diam. 25.2 cm; foot diam. 6.8 cm
On the back, beneath the base, is a blue spiral
Restoration to broad rim, with associated repaint mainly on the reverse: the crack forms a semicircle at 5 o’clock on the broad rim, slightly above a heavy hairline crack; as it often happens, mimetic restoration with repaints covers an area larger than the damage
An export licence is available for this lot
Il piatto o tondino, integralmente ricoperto da smalto “berettino”, ha un profondo cavetto e una larga tesa appena obliqua. Il decoro mostra uno stemma al centro del cavetto racchiuso in un medaglione incorniciato da una fascia decorata in bianco su fondo azzurrato.
Sulla tesa si estende una decorazione “a grottesche monocrome” su fondo blu, in una variante che prevede una disposizione simmetrica centrata, nei punti cardinali, da mascheroni intervallati da teste di amorini e delfini affrontati, connessi da girali continue. Sul verso, all’interno del piede, si registra la presenza di una spirale blu; tutt’intorno sulla tesa vi è un motivo “alla porcellana” disposto simmetricamente col fioretto a corolla continua, tra serpentine, dipinto in blu.
Lo stemma, dipinto in piena policromia (d’argento a tre bande doppie merlate di rosso), è quello della famiglia Salviati di Firenze, le cui cariche pubbliche ricoperte nella Repubblica fiorentina furono molto importanti, con il record di 63 priori, 21 Gonfalonieri di Giustizia e 6 alti prelati. La famiglia nel ‘400 e ‘500 era annoverata fra le più importanti del patriziato fiorentino (posizionata al terzo posto fra i maggiori contribuenti della città), ma a partire dalla metà del XVI secolo andò incontro a una graduale trasformazione che la portò ad essere una delle tante casate gravitanti intorno alla corte medicea. I Salviati, che avevano costituito la propria potenza economica soprattutto su attività finanziarie e commerciali, mutarono sia le direzioni degli investimenti sia, più profondamente, il proprio modus vivendi. A partire dal 1532 (anno della trasformazione di Firenze in monarchia ereditaria) la mercatura e il cambio non furono più considerate dai Salviati fra le attività su cui concentrare gli investimenti: essi trovarono nella rendita fondiaria e nelle cariche diplomatiche e di corte introiti più consistenti e sicuri, che permisero loro di far fronte alle ingenti spese per mantenere il lussuoso tenore di vita.
Il tondino si aggiunge a una serie appartenente a un servizio commissionato dalla famiglia Salviati probabilmente alla bottega Bergantini attorno al 1531. La scelta del decoro della tesa e lo stile dello stemma ci portano alla comparazione con un piatto conservato nelle collezioni del British Museum di Londra, di dimensioni e decorazione più importanti, databile probabilmente al 1531 e recentemente studiato da Wilson. Proprio le minori dimensioni e la forma spiegano la scelta decorativa così essenziale nel piatto in esame in rapporto all’esemplare di raffronto: ciononostante ci sembra che l’attribuzione alla bottega di Pietro Bergantini sia indiscutibile. La tesa del piatto è stilisticamente molto vicina a quella dell’esemplare del British Museum: si vedano in particolare la foggia dei mascheroni e degli amorini, nonché la maniera tanto accorta di lumeggiare con il bianco sopra smalto le parti turchine per farle risaltare sul fondo blu. Anche il piatto londinese non presenta sul retro, il simbolo consueto della “palla quadripartita”, ma un motivo molto più complesso, ed entrambi gli esemplari recano sul retro una decorazione “alla porcellana” in cui il fiore principale è delineato con un ductus molto marcato e semplificato.
Come ricordano Carmen Ravanelli Guidotti e Timothy Wilson all’importante piatto londinese sono collegate altre opere: quattro piccoli piatti; una oliera datata 1531 del Victoria and Albert Museum di Londra, una coppa su alto piede conservata al Museo Civico di Torino, anch’essa datata 1531; lo splendido piatto istoriato con il Parnaso del Museo Internazionale della Ceramica di Faenza datato sul retro 1531; una coppa conservata nella Repubblica Ceca; un piatto venduto a Parigi nel 1927. E l’esemplare qui presentato è certamente uno dei quattro piatti con stemma appena citati.
Timothy Wilson rimarca il fatto che i Salviati furono importanti committenti di maiolica, ed elenca alcuni dei servizi con stemma della famiglia, anche con decori differenti, tra cui un servizio riferibile alla bottega Guido Durantino/Fontana.
Con la consueta attenzione, anche Carmen Ravanelli Guidotti ha elencato le maioliche con stemma Salviati a noi note.
Il piatto è accompagnato da un expertise di Alavoine Antiquités di Parigi degli anni settanta del secolo scorso, che fa riferimento agli esemplari di confronto ormai canonici per questo servizio.
Giovanni Conti nel libro sull’arte della maiolica in Italia segnala il nostro esemplare come appartenente alla collezione Jean-George Rueff, ne pubblica l’immagine e lo attribuisce alla Ca’ Pirota.