Simone Pignoni
(Firenze 1611-1698)
ALLEGORIA DELLA TEMPERANZA
olio su tela, cm 87x73
Il dipinto è corredato da parere scritto di Sandro Bellesi, Prato, 4 febbraio 2013
"L’opera, selezionata su tinte contrastanti dalle forti accensioni smaltate, presenta una giovane donna di bell’aspetto e dallo sguardo ricco di sottile malizia in atto di sostenere una brocca d’oro con il beccuccio rivolto verso il basso. La presenza della brocca, attributo simbolico ricorrente di varie figure muliebri mitologiche e allegoriche, è da ricondurre in questo caso alla Temperanza, una delle Quattro Virtù Cardinali, come indica anche il bacile circolare, appena accennato, dipinto nella parte inferiore sinistra della composizione. Brocca e bacile ricorrono infatti con frequenza in età moderna nelle raffigurazioni pittoriche dedicate a questa virtù, uno dei fondamenti del dogma cristiano, dove compare solitamente una bella fanciulla nell’atto di versare liquido da un contenitore a un altro, in modo da mescolare l’acqua con il vino, ovvia allusione all’uomo temperante e alla moderazione dei sensi e dei piaceri terreni.
I particolari caratteri stilistici e pittorici consentono di poter assegnare l’opera al catalogo autografo di Simone Pignoni, figura artistica tra le più intriganti e carismatiche nel pantheon artistico fiorentino del Seicento.
Nato nel capoluogo toscano nel 1611, il Pignoni fu indirizzato in giovane età allo studio della pittura inizialmente nella bottega di Fabrizio Boschi e poi nel più qualificato atelier di Francesco Furini, artista con il quale lavorò con frequenza fino alla morte di questi, avvenuta nel 1646. Attratto dalla malizia interpretativa e dalle formule figurative tipiche del lessico furiniano, il pittore si specializzò in opere sacre e profane, dove campeggiavano, essenzialmente, giovani efebi dall’aspetto androgino o suadenti fanciulle in pose ammiccanti e sensuali. Autore di dipinti sacri e profani, oggi solo in parte riferibili a dati cronologici certi, Simone Pignoni fu apprezzato fino in tarda età dai committenti locali più importanti, che si avvalsero, costantemente, del suo pennello per l’arredo delle proprie quadrerie. Al momento della morte, avvenuta nella città natale nel 1698, l’artista lasciò un nutrito numero di seguaci, che preservarono la sua lezione fino ai primi decenni del Settecento (per una traccia biografica e bibliografica sull’artista si veda Bellesi 2009, I, pp. 223-225).
Interessante e inedita acquisizione al catalogo del Pignoni, l’opera, databile con probabilità tra la fine degli anni quaranta del Seicento e l’inizio del decennio successivo, trova parametri di confronto in varie composizioni dell’artista, riferibili allo stesso tempo, dove compaiono figure femminili disposte nella stessa posa e dagli identici caratteri tipologici, tra i quali merita di essere ricordata, per l’alta qualità stilistica, la raffinata Santa Caterina d’Alessandria, già nella raccolta Bigongiari a Firenze, oggi presso la Caripit a Pistoia (Cantelli 1983, figg. 624-625). Perfettamente adeguata alla lezione del maestro Furini, nella sigla del volto della donna e nelle pennellate calde ricche di impasti, l’opera attesta, in modo marcato, interessi particolari per le arti applicate, come rivela la curatissima definizione del vaso dorato finemente cesellato, rapportabile a oggetti presenti nelle più belle composizioni pittoriche del naturamortista Andrea Scacciati, databili a un’età leggermente più avanzata".
Bibliografia di riferimento: G. Cantelli, Repertorio della pittura fiorentina del Seicento, Fiesole, 1983, figg. 624-625; S. Bellesi, Catalogo dei pittori fiorentini del ‘600 e ‘700. Biografie e Opere, Firenze, 2009, I, pp. 223-225.