Important Old Master Paintings

tue 17 November 2015
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Scuola umbro-abruzzese, metà sec. XIV

€ 20.000 / 30.000
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Scuola umbro-abruzzese, metà sec. XIV

MADONNA

Scultura lignea policroma, alt. cm 147

 

Provenienza

collezione privata, Parma

 

Bibliografia

E. Carli, Per il “Maestro della Santa Caterina Gualino”, in Studi in onore di Giulio Carlo Argan, Roma 1984, I,  pp. 59-63; G. Previtali, Due lezioni sulla scultura “umbra” del Trecento. II. L’Umbria alla sinistra del Tevere, in “Prospettiva”, 38, 1984, p. 41; G. Previtali, Studi sulla scultura gotica in Italia”, Torino 1991, p. 81, nota n. 12; M. Lucco, Opere d’arte da una collezione privata, Parma 1993, p. 18-19.

 

La scultura è stata pubblicata  per la prima volta nel  1984 da Enzo Carli (in “Studi in onore di Giulio Carlo Argan”) proponendone l’identificazione in una Vergine annunciata in quanto priva di caratteri e attributi iconografici che consentissero di riconoscervi una santa. Carli riteneva che questa opera facesse parte di un gruppo sceltissimo di statue lignee ricostruito dal Previtali nel 1965 (“Sulle tracce di una scultura umbra del Trecento. Il “Maestro della Santa Caterina Gualino” in “Paragone” 181, 1965) e riferito ad una personalità da lui convenzionalmente denominata “Maestro della Santa Caterina Gualino”. Carli rilevava, pur nella diversa impostazione, affinità formali tra la nostra statua e la Madonna con Bambino di collezione privata esposta nel 1961 alla Mostra dell’Antiquariato di Firenze, quali il modulo facciale allungato, il naso affilato, le labbra sottili e sensibili, le arcate orbitali rialzate e fortemente scandite. Riguardo alla provenienza, Carli propendeva per collocare la statua in ambito umbro-abruzzese, dove a seguito di movimenti di artisti, reciproci contatti e assimilazione di modelli iconografici si costituisce un’area stilistica caratterizzata da una cospicua serie di sculture dovute ad artefici diversi, tutte databili entro il secondo decennio del Trecento. La nostra opera presenta una figura altocinta, dalle spalle robustamente costruite, dai panneggi ricchi e mossi, con la serpeggiante vicenda lineare del bellissimo bordo dorato del manto. Lo studioso riteneva possibile riferire questa opera all’ultima fase del “Maestro della Santa Caterina Gualino”, proponendone una datazione intorno al 1330-1335. D’altra parte, Previtali nel 1991 fece osservare che la bella Vergine annunciata (sulla quale nutriva dubbi dal punto di vista iconografico) mostrava alcuni tratti estranei a questo gruppo, come ad esempio nell’uso dei punzoni che “non rende agevole l’inserzione nel catalogo del maestro della Santa Caterina Gualino”. In seguito la statua è stata nuovamente presa in esame da Mauro Lucco nel 1993 in un’attenta scheda specifica, nella quale lo studioso ripercorre gli studi compiuti, in particolare dal punto di vista iconografico e stilistico, riferendo l’opera ad un anonimo artista di ambito umbro-abruzzese.

Inconsueta è la posizione delle braccia: la mano sinistra sembrerebbe protesa per sorreggere un Bambino, di cui però non esiste traccia, ma Carli faceva notare che il braccio sinistro proteso in avanti in segno di saluto, si trova nella Vergine dell’Annunciazione scolpita nel 1394 da Piero d’Angelo per la chiesa di Benabbio e che la mano destra forse reggeva un libro. Dunque, la mancanza di tracce del punto di attaccatura portava Carli a scartare l’ipotesi che la Vergine potesse tenere in braccio un bambino, ma che possa trattarsi di una Vergine annunciata fu poi messo in dubbio, come già indicato, dal Previtali e successivamente dal Lucco stesso il quale, facendo riferimento agli studi di Michael Baxandall (Pittura ed esperienze sociali nell’Italia del Quattrocento, 1978), rileva che il gesto di benevolenza soleva essere compiuto stendendo la mano destra e non la sinistra. Nonostante l’assenza di un ancoraggio oggi visibile, Mauro Lucco ipotizza pertanto che l’opera raffiguri una Madonna col bambino stante, ricalcando i modelli che circolavano in quegli anni in Italia e consueti al gusto gotico francese. Senza qui escludere l’ipotesi che si tratti di una Vergine annunciata dalla posa assai insolita, forse in atto di sostenere tra le mani un cartiglio srotolato, sembra più plausibile ritenerla in origine una Madonna col Bambino intagliato separatamente, secondo una modalità tecnica ben attestata in area centroitaliana, cosa che meglio spiega la postura sollevata, protesa e inarcata delle mani, l’intaglio un po’ indefinito sul ventre, l’andamento ‘a culla’ del manto e la bacchetta di legno scolpita tra le dita della mano destra che poteva costituire lo steli di un fiore (forse in metallo) offerto al figlio.

Un’attenta analisi stilistica, consentiva inoltre a Lucco di avanzare una datazione tra il 1330 e il 1350: infatti, si tratta ancora di una scultura cava sul retro, ma che presenta un’accurata lavorazione sui lati, a testimonianza di un graduale avanzamento nel processo di affrancamento della figura dalla parete. Inoltre la statua si distingue dalle altre opere del “Maestro della Santa Caterina Gualino” per solidità volumetrica, monumentalità e vivezza naturalistica, “colta com’è in un lento e solenne incedere, più che nell’elegantissima stasi dell’hanchement gotico, o nella perfetta immobilità” che si ritrova nelle altre opere del gruppo. L’opera dà l’impressione di appartenere ad una generazione culturale più moderna del “Maestro della Santa Caterina Gualino”, “staccatasi quasi da una sua costola, ma non per questo necessariamente distanziata di molti anni”.

Come indica Lucco nel suo contributo, la nostra Madonna presenta un diverso modulo  proporzionale  tra le varie parti del corpo, soprattutto tra testa e busto, le spalle ben aperte diverse da quelle delle altre opere di poco precedenti nelle quali le spalle risultano esili e gracili e di conseguenza le teste troppo abbondanti. Il punzone che cinge il perimetro della veste impreziosisce la bella figura e rappresenta un termine post-quem piuttosto rilevante: questa innovazione tecnica, infatti, non è mai stata usata prima degli anni venti del XIV secolo. La scultura si distingue per la figura longilinea dolcemente modulata e animata dalle sporgenze dei gomiti che determinano ampie pieghe del manto; essa costituisce per i suoi caratteri rivoluzionari ed innovativi una testimonianza importante della crescita espressiva e plastica che l’arte scultorea stava compiendo sulla metà del XIV secolo in tali aree meno esplorate. Allo stato attuale degli studi Mauro Lucco propende per ricondurla a un seguace del Maestro della Santa Caterina Gualino, attivo nell’area umbro abruzzese negli anni tra il 1330 e il 1350.