Scultore toscano, sec. XVII
ANGELI
coppia di sculture in marmo, alt. cm 95
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Questa bella coppia di angeli in marmo, corredati sulla testa del sostegno metallico per un cero, doveva affiancare in origine un altare o dovevano essere parti di decorazione lapidea di un complesso architettonico di un edificio sacro. Le proporzioni dei due angeli, che osservati dal basso presentano un aspetto più armonioso, suggeriscono un’originaria collocazione in alto.
L’alta qualità esecutiva delle opere induce a pensare che possano essere state eseguite da una personalità artistica di una certa importanza. Il modellato morbido e sapiente, accurato nelle parti anatomiche e particolarmente sensibile nell’esecuzione dei volti dalla dolcissima espressione, attenua le mancanze e alcuni danni probabilmente dovuti alle conseguenze di un trasferimento dalla loro originaria ubicazione.
Nell’artificiosa posa delle figure inginocchiate e animate dal “contrapposto” delle teste, così come nelle chiome fluenti e quanto mai abbondanti, si coglie il ricordo di certi modelli che furono cari alla scultura fiorentina che dalla seconda metà del Cinquecento si inoltrò nel Seicento attraverso le esperienze di maestri come Giovanni Battista Caccini (1556-1613), Michelangelo Naccherino (1550-1622) e Felice Palma (1583-1625), fino ad Antonio Novelli (1600-1662) e Domenico Pieratti (1600-1656). In tal senso i due Angeli paiono discendere dalle generazioni di putti danzanti delle fontane e delle grotte di Pitti, ma ad una osservazione più attenta e dettagliata non sfugge come il loro autore sia ormai aggiornato sul linguaggio artistico che usiamo chiamare “barocco”, indirizzando dunque a una datazione ben inoltrata nel Seicento. A indicarlo sono chiaramente la tipologia delle nubi scolpite a fare da basamento, nonché la resa ormai languida delle carni (prive delle ridondanti muscolature di tradizione michelangiolesca), e pure l’esecuzione della capigliatura, mossa da ciocche ampie e corpose che mostrano una certa affinità con le soluzioni adottate, ormai nella seconda metà del secolo, da uno scultore come Carlo Marcellini (1643-1713), per esempio nella serie di angeli che impreziosiscono la navata della Santissima Annunziata a Firenze. Anche i panneggi che dalle spalle calano a coprire le pudenda degli angeli, tanto nella tipologia quanto nelle increspature, richiamano soluzioni care a Marcellini, si pensi alle coppie di angeli del basamento della cappella maggiore della chiesa fiorentina di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi. Formatosi negli anni settanta del Seicento nella Roma di Ercole Ferrata e Ciro Ferri e protagonista della Firenze artistica dei decenni a cavallo del 1700 che vide brillare l’astro di Giovan Battista Foggini (1652-1725), Marcellini fu tuttavia scultore profondamente segnato dalle entusiasmanti novità sentimentali della scultura berniniana. Nonostante le sculture presentino talune affinità con le opere di Marcellini, sarebbe incauto attribuirle con certezza alla mano dell’artista, che si distingue per un maggiore grado di languida sdolcinatezza barocca. Esse dovrebbero piuttosto spettare a un maestro di una generazione precedente, oppure ad uno scultore di un’area più periferica come Pisa o Carrara.
Bibliografia di riferimento:
Klaus Lankheit, Florentinische Barockplastik. Die Kunst am Hofe der letzten Medici: 1670-1743, München 1962; Cappelle barocche a Firenze, a cura di M. Gregori, Cinisello Balsamo 1990; Mara Visonà , Carlo Marcellini accademico “spiantato” nella cultura fiorentina tardobarocca, Pisa 1990; Repertorio della scultura fiorentina del Seicento e Settecento, a cura di G. Pratesi, Firenze 1993; Sandro Bellesi, La scultura tra il tardomanierismo e il barocco, in Storia delle arti in Toscana. Il Seicento, a cura di M. Gregori, E. Acanfora, Firenze 2001, pp. 29-44.