Mobili arredi ed oggetti d'Arte

tue 11 October 2011
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Giuseppe Vannes

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Giuseppe Vanneschi (Firenze notizie dal 1715 al 1737) ALLEGORIA DELLA FORZA DEL SONNO CHE INCATENA GLI ESSERI UMANI scultura in terracotta patinata, su base rettangolare in legno tinto a finto ebano, cm 61x51x41 alcuni danni Lopera è corredata da parere scritto di Sandro Bellesi, Prato, 25 luglio 2011 Lopera, che presenta alcuni danni dovuti a rotture più o meno recenti, mostra una scena allegorica caratterizzata da tre personaggi virili, effigiati in atto dialogante. Disposto in posa dominante rispetto alle altre figure appare Ercole, dal corpo muscoloso ma non eccessivamente possente, raffigurato con i suoi attributi iconografici più consueti, ovvero la pelle di leone e la clava, simboli di Forza. Poco distante da questi compare un giovane di bellaspetto, sostenente un bouquet di fiori e con la testa cinta da un serto di foglie e boccioli di papavero, identificabile,con probabilità con Morfeo, dio del Sonno. Inginocchiato ai piedi delle due figure, sedute comodamente su un dosso roccioso, appare infine un uomoimprigionato a una pietra con una catena al braccio sinistro, effigiato in posa ossequente di fronte al giovane dio. Seppur priva di riscontri iconografici pertinenti è probabile che la statua voglia alludere, attraverso le figure di Ercole e di Morfeo, alla Potenza del Sonno che imprigiona o aggioga a se ogni essere umano. Significative in tal senso appaiono le pose particolari delle figure, in particolare quelle di Ercole che poggia affettuosamente la mano destra sulla spalla di Morfeo, per sottolineare il suo sostegnoincondizionato, e delluomo con la catena al braccio, rivolto con umiltà e quasi prostrato davanti allefebico dio. Connotata da caratteri stilistici tipici della scultura tardobarocca toscana, la terracottamostra un linguaggio intriso di raffinato eclettismo, nel quale è possibile cogliere analogie lessicali stringenti con vari artisti fiorentini operanti tra la fine del Seicento e linizio del Settecento. Documentata ab antiquo in unimportante raccolta storica fiorentina, lopera, databile ai primi decenni del XVIII secolo,presenta requisiti stilistici e caratteri esecutivi strettamente affini a una terracotta con il Trionfo di Nettuno e Anfitrite, proveniente dalla stessa collezione, apparsa sul mercato antiquario nel 2000 sotto il nome di Giovacchino Fortini e poi assegnata, grazie alla presenza della sigla G.V.F. visibile sul retro della composizione, a Giuseppe Vanneschi (S. Bellesi in S. Bellesi M. Visonà Giovacchino Fortini. Scultura Architettura Decorazione e Committenza a Firenze al tempo degli ultimi Medici, 2 voll., Firenze, 2008, II, pp. 277-278 n. 14). In base a tali affinità lessicali risulta, pertanto, plausibile assegnare il gruppo statuario in esame al nome dello stesso scultore. Artista riemerso allattenzione degli studi storico-critici solo in tempi relativamente recenti, Giuseppe Vanneschi, del quale ignoriamo al momento gli estremi biografici, appare documentato nella Città del Giglio dal 1715, tempo dellesecuzione della terracotta sopra citata, fino al 1737, anno della realizzazione di alcune statue allegoriche destinate allapparato funebre allestito nella basilica di San Lorenzo a Firenze in occasione delle esequie di Gian Gastone de Medici, ultimo granduca della sua casata (B. Riederer-Ghros, Florentinische Feste desSpä EinBeitragzurKunst am Hofe der Letzen Medici 1670-1743, Frankfurt am Main, 1978, p. 308). Dati archivistici e informazioni tratte dalle fonti antiche ricordano, inoltre, che lartista prese parte nel 1724 agli allestimenti commemorativi connessi alla morte di Cosimo III de Medici (B. Riederer-Ghros, op. cit., pp. 225 e 236) e nel 1729 collaborò attivamente con il celebre bronzista Massimiliano Soldani Benzi alla realizzazione del maestoso Monumento funebre di Manoel de Vihlena, destinato alla chiesa maltese di San Giovanni a La Valletta (K. Lankheit, FlorentinischeBarockplastik. Die Kunst am Hofe der letzen Medici. 1670-1743, Mü 1962, p. 313 doc. n. 517).Artista perfettamente integrato agli orientamenti stilistici fiorentini del suo tempo, Vanneschi mostrò un elegante linguaggio operativo, nel quale convivevano, mirabilmente, accostamenti alle composizioni di ascendenza fogginiana e soldaniana e analogie tipologiche legate, soprattutto, a maestri come Fortini e Girolamo Ticciati, molto apprezzati nella Firenze di inizio Settecento. Come per la terracotta con il Trionfo di Nettuno e Anfitrite, loperaattesta contatti stilistici stringenti con il linguaggio di alcuni dei più interessanti scultori fiorentini primo-settecenteschi, tra i quali appare sufficiente citare, in questo contesto, Giovanni Baratta e il già menzionato Tacciati.