GRANDE STUFA, PROBABILMENTE MANIFATTURA GINORI A DOCCIA, FINE SECOLO XVIII-INIZI XIX
in maiolica bianca, corpo cilindrico decorato nella parte centrale da tre bassorilievi raffiguranti scene classiche, e sormontato da vaso biansato con baccellature, mascherone e festoni, alt. cm 286, diam. cm 90 (vaso probabilmente non pertinente)
L’inventario dei modelli e delle forme presenti nella Manifattura di Doccia alla morte di Lorenzo Ginori avvenuta nel 1791 rivela l’esistenza di una stanza adibita alla lavorazione di stufe e di camini e occupata da un “lavorante”. Ciò porta ad ipotizzare un’attività alquanto ridotta rispetto, ad esempio, a quella “a rota delle maioliche”, per la quale risultano annotate due stanze impiegate da “lavoranti”(1). L’introduzione della produzione di stufe presso la manifattura va forse ricondotta alla volontà di Pietro Leopoldo di Lorena di impiegarle negli appartamenti di Palazzo Pitti. Non esistendo una tradizione manifatturiera di questo tipo, egli fece arrivare a Firenze dei fornaciai austriaci specializzati in questa lavorazione e li inviò a Doccia, dove nel 1765 fu realizzato il primo esemplare di stufa da ubicare nel Quartiere di Pietro da Cortona (2). Anche se l’interesse del granduca, per questo genere di produzione, si orientò verso la fondazione di una propria manifattura in Borgo Pinti (3), la documentazione della fabbrica Ginori - seppur parca sull’argomento - rivela un incremento della produzione di stufe a colonna negli anni Venti-Trenta dell’Ottocento, alcune delle quali ritengo possano essere identificate in esemplari a colonna in Palazzo Corsini in Parione e a stufa-camino in Palazzo Pitti (4). L’inventario di fabbrica denominato Galleria dei modelli. Catalogo generale databile alla fine dell’Ottocento rivela almeno un campionario di settantasette decori, per alcuni dei quali risultano essere impiegati gli stessi modelli (genericamente denominati “ornati”), assemblati in maniera diversa (5).
La similitudine della stufa qui presentata con un’altra conservata in una dimora fiorentina, pure in maiolica bianca e avente per pannelli centrali i medesimi rilievi, porta a ipotizzare la realizzazione nella medesima fabbrica. Stando ad una documentazione – con molta probabilità ad essa riferibile – si apprende che nel 1795 è stata eseguita presso la Manifattura Ginori una stufa su commissione di una famiglia nobiliare fiorentina (6). La citata stufa, in collezione privata, differisce dalla nostra per alcuni motivi ornamentali posti nei moduli al di sotto dei rilievi figurati, che potevano essere eseguiti direttamente sull’esemplare prima della cottura. I pannelli riproducono tre bassorilievi dei quali sono noti i calchi in gesso appartenenti alla raccolta di modelli della fabbrica di Doccia, a ulteriore testimonianza che la nostra stufa possa essere stata ivi realizzata. Si tratta del Dioscuro, del Satiro e dell’Ercole. Del primo è nota la derivazione dal marmo antico conservato al Museo Nazionale Romano (7), mentre degli altri due al momento non è conosciuta la fonte di derivazione. La presenza del Satiro nella raccolta del pittore Anton Raphael Mengs, iniziata a costituirsi nel 1768, è indicativa della fortuna di questo esemplare all’epoca del Grand Tour, che viene confermata dalla copia su tela eseguita nel 1771 da Tommaso Gherardini (8). Sul calco del Dioscuro è leggibile in grafia settecentesca la numerazione “36”, che nell’Inventario dei Modelli (1791-1806 circa) è riferibile alla voce: “Sotto questo N° 36 vi sono quattro bassorilievi grandi antichi rappresentanti i fatti di Ercole. E più vi sono compresi N. 44 bassorilievi di diverse grandezze rappresentanti diverse istorie, quali furono portati da Roma” (9). La descrizione dei rilievi porta a ipotizzare che anche gli altri due siano da ricondurre a questa voce, poiché la pelle di pantera sulla spalla del Satiro potrebbe essere stata scambiata per la Leonté di Ercole. Se l’indicazione “portati da Roma” fosse da ricondurre all’intera voce, potremmo ipotizzare che si tratti di calchi acquistati dal marchese Lorenzo Ginori durante gli anni Ottanta del Settecento, sull’onda di quelli comprati dal padre Carlo (fondatore della manifattura) un trentennio prima, per seguire gli orientamenti del gusto antiquario dei viaggiatori del Grand Tour (10). Tuttavia la seconda grafia con la quale risulta annotata la voce nell’inventario porta a ipotizzare un loro acquisto dopo il 1791, ovvero dopo la morte del Ginori quando, a seguito della giovane età del figlio ed erede Leopoldo Carlo, la direzione della fabbrica fu tenuta fino al 1806 da Giuseppe Ginori e Tommaso Puccini e fino al 1799 da Francesca Lisci (11). La produzione di stufe presso la manifattura, continuò anche durante l’età pupillare di Leopoldo Carlo, come testimoniato dai citati documenti del 1795 e da una nota di spesa del 1793, per la doratura di una stufa destinata a Sua Altezza Reale (12). Rispetto ai calchi, i relativi pannelli della stufa sono stati privati dell’ambientazione, come l’arco per il Dioscuro e la siringa per il Satiro, mentre si è mantenuta la rappresentazione del terreno. Sono stati inoltre coperti da foglie, introdotte anche nella manifattura nel tardo Settecento per le traduzioni in porcellana di composizioni di gusto antiquario. È da osservare che anche la dimensione dei pannelli differisce da quella dei calchi di circa dieci centimetri sia in altezza che in larghezza. Ciò è probabilmente da ricondurre alla curvatura del pannello stesso, all’eliminazione della cornice entro la quale è inscritta la figura nel calco e al lieve ritiro volumetrico a cui è sottoposta la terracotta durante il processo di cottura.
Il craquelé che attraversa, in maniera più o meno evidente, l’intera superficie della stufa e i ritiri dello smalto, visibili in particolare sulle figure, sono da ricondurre alla reazione avuta dallo smalto durante la cottura.
Come già affermato, la scarsa documentazione visiva e la generica descrizione negli inventari della manifattura di Ginori di Doccia dei modelli destinati alla decorazione di stufe, non consente di attribuire con certezza il nostro esemplare a questa fabbrica. Tuttavia, come abbiamo visto, essa produsse stufe prima degli anni Novanta del Settecento e proseguì questa attività – stando alle attuali conoscenze - almeno fino agli anni Trenta dell’Ottocento, ma non è da escludere che si protrasse anche oltre. Questo genere di produzione però si diffuse in altre manifatture del granducato, probabilmente sotto l’incoraggiamento di Pietro Leopoldo che nel 1777, forse a seguito del fallimento della sua Fabbrica Reale delle Stufe chiusa nel 1775, liberalizzò la circolazione delle “terre di argilla” necessarie per questa attività (13). Tuttavia la presenza nella Manifattura di Doccia dei citati calchi in gesso di gusto antiquario riprodotti sui pannelli della nostra stufa e del calco raffigurante la ghirlanda posta al di sotto rafforza l’ipotesi di una possibile produzione all’interno della manifattura. La citata stufa in collezione privata avente la medesima struttura e quasi la stessa decorazione della nostra deporrebbe ulteriormente a favore di un’esecuzione da parte della Manifattura di Doccia, se accettiamo che il detto documento del 1795 sia ad essa riferibile.
Discorso a parte merita il vaso biansato: le scarse testimonianze documentarie e visive rivelano la presenza di vasi denominati di “Villa Medici” (a cratere) o “Etruschi” come decorazione della parte più alta delle stufe (14). Un’analisi condotta sul campionario - attualmente noto - di vasi storicamente eseguiti alla Manifattura Ginori, non ha portato all’identificazione dell’esemplare associato alla nostra stufa, dalla quale peraltro differisce per il tipo di smaltatura. Da un punto di vista del modellato, i mascheroni e le ghirlande appaiono meno raffinate rispetto agli elementi decorativi presenti sulla stufa e anche stilisticamente, così assemblati, portano a ipotizzare l’esecuzione del vaso ad una datazione successiva a quella proposta per la stufa, da ritenersi eseguita tra il tardo Settecento e il primo ventennio dell’Ottocento.
Rita Balleri
(1) Archivio Ginori Lisci (Firenze, di seguito AGL), filza XXXVII, Inventari stilati nel 1791.
(2) D. Rapino, I sistemi di riscaldamento, Firenze 2003, p. 239.
(3) Ibidem.
(4) R. Balleri, Modelli della Manifattura Ginori di Doccia. Settecento e gusto antiquario, Roma 2014, pp. 182, 216 e 257.
(5) Archivio Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia (Sesto Fiorentino), Galleria dei modelli. Catalogo generale, fine del XIX secolo (invv. 1802-1975).
(6) R. Balleri, cit., p. 257.
(7) M. Papini, in L’età dell’equilibrio 98-180 d.c. Traiano, Adriano, Antonino Pio, Marco Aurelio, catalogo della mostra a cura di E. la Rocca, C. Parisi Presicce con A. Lo Monaco, Roma 2012, pp. 318-319, cat. III.26. Per il modello di Doccia vedi R. Balleri, cit., p. 242, cat. 119. Un calco di questo soggetto è noto anche nella collezione di Mengs (M. Kiderlen, Die Sammlung der Gipsabgüsse von Anton Raphael Mengs in Dresden, München 2006, pp. 294-295, cat. 255).
(8) Per il calco del Satiro Dioscuro nella raccolta di Mengs si veda: M. Kiderlen, cit., p. 295, cat. 256. Per la pittura del Gherardini si veda: S. Meloni Trkulja, in Il fasto e la ragione. Arte del Settecento a Firenze, catalogo della mostra a cura di S. Sisi, R. Spinelli, Firenze 2009, p. 298, cat. 108.
(9) K. Lankheit, cit., p. 147, 52:36.
(10) R. Balleri, cit., p. 257.
(11) L. Ginori Lisci, La porcellana di Doccia, Firenze 1963, p. 97; R. Balleri, La “Pittoria” di Doccia e la decorazione su porcellana durante il primo trentennio dell’Ottocento, in Lusso ed eleganza. La porcellana francese a Palazzo Pitti e la manifattura Ginori (1800-1830), catalogo della mostra a cura di A. d’Agliano, Firenze 2013, p. 60.
(12) AGL, filza IV, Spoglio della Fabbrica delle Porcellane di Doccia, 23 settembre 1791-31 luglio 1799, doc. cit. in R. Balleri, cit., p. 217, cat. 102.
(13) D. Rapino, cit., pp. 241-242.
(14) Si veda gli esemplari in Palazzo Pitti e in Palazzo Corsini in Parione (R. Balleri, cit., pp. 216-217, catt. 100-102).