Maestro della lunetta di via Romana,
alias Bernardo di Stefano Rosselli
(Firenze 1450-1526)
MADONNA COL BAMBINO
tempera e oro su tavola, cm 49,5 x 34,8, superficie dipinta cm 47 x 33, spessore originale cm 2
Questa tavoletta presenta sui quattro lati la barba del gesso che risaliva sulla cornice originale, perduta quando il supporto, in spessore originale, venne rifilato, a segno che la superficie dipinta non è ridotta e il taglio, sia della valva in alto sia del bracciolo del faldistorio in basso, è quello illusionistico pensato ad arte dal pittore, per potenziare lo squarcio di ambiente. Il legno presenta un nodo in basso a destra, che non si è ripercosso in maniera significativa sulla superficie, molto ben conservata, anche in alcune finiture, come i tocchi di luce sulla veste rossa damascata della Vergine, e nelle lamine dorate, limitate ai due nimbi, a polsini e scolli e al laccio del mantello, fittamente operate coi punzoni e profilate con nero a vernice, di spettacolosa integrità. L'opera venne pubblicata da Bernard Berenson (Homeless paintings of the Renaissance, London 1969, pp. 178-179, fig. 320), come "homeless", con un'attribuzione dubitativa a Pier Francesco Fiorentino, mentre va ricondotta ad un gruppo di dipinti che Offner raggruppò sotto il nome di Master of the Via Romana Lunette, da una lunetta affrescata sul portale di una casa di via Romana (al nr. 27r), raffigurante la Madonna col Bambino fra due angeli, già pertinente ad un ospizio della compagnia del Bigallo, gruppo di opere che Everett Fahy ha ristudiato nel 1989 sotto il nome di "Argonaut Master" (E. Fahy, The Argonauti Master, in "Gazette des Beaux-Arts", CXIV, 1989, pp. 285-299; in quella sede, p. 292, lo studioso riporta il raggruppamento operato da Offner tra 1923 e 1927, con annotazioni nella Frick Art Reference Library di New York). Everett Fahy in quell'occasione raggruppava numerosi dipinti intorno a uno dei due cassoni del Metropolitan Museum con le storie delle Argonautiche (essendo il compagno di Biagio d'Antonio). In un secondo tempo lo studioso ha poi maturato la convinzione, come mi ha confermato oralmente, che in questo gruppo si nasconda la giovinezza di Jacopo del Sellajo, grazie al trait-d'union offerto dalla Madonna adorante il Bambino del Musée Tessé a Le Mans, ma anche che alcuni numeri del suo folto catalogo vadano scorporati, in quanto spettanti ad un alter ego di profilo minore, in sostanza il Master of the Via Romana Lunette offneriano, per cui si può prospettare con solidi argomenti un'identità invece con la fase iniziale del più giovane Bernardo di Stefano Rosselli.
Del dipinto in esame esiste una seconda versione, al Musée Bonnat di Bayonne (inv. 887: Musée Bonnat. Catalogue sommaire, Paris 1952, p. 79), che si differenzia per l'inserimento di un angelo nel varco della finestra di destra, già riferita da Everett Fahy a Bernardo di Stefano Rosselli. Come per la tavola Bonnat si possono infatti individuare palmari rispondenze con un pugno di dipinti, oltre alla sciupata lunetta di via Romana, ormai leggibile solo in una vecchia foto Alinari, in particolare con: una Madonna col Bambino e due angeli già nella pieve di Santa Maria a Fagna in Mugello, ora esposta nel Museo d'arte sacra Beato Angelico di Vicchio; una Madonna col Bambino dell'Academy of Arts di Honolulu (inv. 3046); una Madonna col Bambino della Strossmayerova Galerija di Zagabria; una Natività con due angeli del Museum of Fine Arts di Boston (inv. 03.562: cfr. L. B. Kanter, Italian Paintings in the Museum of Fine Arts Boston. I. 13th – 15th century, Boston 1994, pp. 165-167, cat. 47, come dell'Argonaut Master) e una Madonna adorante il Bambino e un angelo dello stesso museo (inv. 17.3223: cfr. Kanter, op.cit., pp. 163-165, cat. 46, come di Bernardo di Stefano Rosselli). Questo pittore, un tempo confuso nel grande raggruppamento berensoniano del Maestro di San Miniato, sembra guardare intensamente alla fase lippesca giovanile di Jacopo del Sellajo e contaminarla con attenzioni anche ad Alesso Baldovinetti, evidenti specialmente nel vasto paesaggio della Madonna adorante il Bambino di Boston, che ha pure delle misteriose tangenze col gruppo del ferrarese Maestro della Madonna Cambo, a sua volta connesso con la formazione fiorentina di Francesco del Cossa nel settimo decennio del Quattrocento. Uguale è la pittura pastosa delle carni, con intensi arrossamenti, il segno stemperato sui volumi netti e taglienti dei volti, le palpebre marcate, l'illusione pittorica dei damaschi, la semplice freschezza con cui sono interpretati i veli lippeschi trapunti di semplici rosette, l'impasto di luce nelle bionde capigliature. Ci sono poi dei riscontri puntuali nello stesso gusto paesaggistico, in particolare nella Madonna adorante il Bambino e un angelo di Boston, nelle rocce scheggiate di tonalità cretosa fra torrenti copiosi di acque dalla superficie increspata, e identiche in entrambe le opere sono le operazioni dell'oro, pur declinate con combinazioni e fantasie diverse (si noti il ricorso dell'identico punzone, una rosetta a sei punte incluso in un bollo, ma anche il modo di sovrapporre i bolli per creare un effetto di collana, sullo scollo della nostra Madonna come lungo l'orlo del nimbo del Bambino di Boston, dove più impegnato è il tentativo di illudere lo spessore del piattello dell'aureola).
Il gusto assai vistoso per carnati luminosi e rosati, per stoffe sgargianti pittoricamente illuse, per paesaggi copiosi e fantastici, richiama anche il modello fondamentale di un pittore versatile e affatto particolare come Neri di Bicci, cui deve tanto, pur temperandone i modelli con quelli più aulici di fonte lippesca e peselliniana, mediati verosimilmente dal rapporto col giovane Jacopo del Sellajo. L'inserzione del gruppo sacro in una camera vistosamente aperta sui lati verso il paesaggio, da varchi architravati che sfondano le pareti laterali, collegandosi ad una grande valva absidale al centro, dipende da soluzioni sceniche care a Neri di Bicci, che così scomponeva e rimontava le suggestioni lippesche, e si ritrova in una Madonna col Bambino passata ad un'asta di Christie's a Londra il 1 aprile 1960, lotto 88, che potrebbe appartenere pure a Bernardo Rosselli, anche se non è immediatamente riconoscibile, probabilmente per estensive ridipinture (vedila riprodotta come di "ignoto fiorentino", ma a fianco della Natività di Boston, in Il 'Maestro di San Miniato', a cura di G. Dalli Regoli, Pisa 1988, pp. 98-99, fig. 73). Il semplice telaio architettonico aperto lateralmente sul paesaggio ricorda in particolare l'ideale pergula marmorea, traforata sull'oro, squadernata da Neri di Bicci nella Madonna col Bambino e quattro santi del Museo d'Arte sacra di Peccioli, del 1463, quando Bernardo aveva 13 anni ed era nella bottega di Neri. Aperture comparabili, seppur stagliare sul fondo oro, si trovano anche in alcune Annunciazioni di Neri, come quella assai suggestiva di Certomondo presso Poppi. Gustose sono le digressioni che animano gli squarci laterali sul paesaggio: cacciatori alla rincorsa di animali selvatici, un ponte di legno su un torrente gonfio d'acque, castelli sui poggi, filari di cipressi e conifere lungo la riva, e nelle nubi scherzi di pennello che delineano la testa di un drago. Non manca, in poco spazio, lo scorcio a sinistra di un poggiolo rosso, con un vaso di fiori in bilico, e sulla pertica della finestra, una colomba che si è poggiata un istante, giustificata come allusione allo Spirito Santo, ma alla fine tradotto in notazione aneddotica.
Come Neri di Bicci era avvezzo a policromare stucchi e terrecotte degli scultori contemporanei, così questo pittore deve avere intrattenuto rapporti analoghi con le botteghe dei principali scultori contemporanei, verosimilmente policromando prodotti seriali e ricavandone importanti suggestioni compositive. La composizione richiama immediatamente modelli scultorei post-donatelliani dell'ambito di Antonio Rossellino, per il taglio stesso un po' di tralice, con un solo bracciolo del faldistorio a vista. Questo rapporto può essere circostanziato. Il dipinto infatti riproduce in sostanza, con qualche variante di dettaglio (ad esempio nel diverso rapporto tra la mano destra della Madre e quella del Bambino) una invenzione ricondotta al lucchese Matteo Civitali, verso il 1461-1462, da Francesco Caglioti (in Matteo Civitali e il suo tempo. Pittori, scultori e orafi a Lucca nel tardo Quattrocento, catalogo della mostra di Lucca, Cinisello Balsamo 2004, pp. 296-301), nell'ipotesi di una sua giovanile frequentazione fiorentina della cerchia di Antonio Rossellino, di cui esistono un marmo bellissimo nella chiesa di San Vincenzo Ferrer e Caterina de' Ricci a Prato e numerose repliche in terracotta e stucco policromi. Il pittore ha reinventato giusto il velo stretto da un cercine, riproposto nel solco della tradizione lippesca-donatelliana, ma riprende la posa del Bambino che accavalla i piedi in maniera identica e gioca con una lunga collana di perle di corallo che gli passa tra le mani. Egli riprese anche l'idea di un cordiglio con nappe alle estremità e una fibbia sul petto che ferma i lembi del mantello. Va notato che un'altra Madonna col Bambino del gruppo giovanile del probabile Bernardo Rosselli (già Londra, Christie's 5 luglio 1990, lotto 185) è derivata en revers da un celebre prototipo in marmo di Antonio Rossellino, attestato dal marmo dell'Ermitage e da numerose repliche.
È probabile che questa derivazione non abbia tardato di molti anni rispetto alla elaborazione e riproduzione del prototipo nei primissimi anni sessanta. Se è giusta l'identificazione del Maestro della lunetta di via Romana con Bernardo di Stefano Rosselli questi, nato nel 1450, frequentava dal 1460 la bottega di Neri di Bicci e potrebbe avere dipinto un'opera simile, appena affrancato e autonomo, poco dopo il 1465. Bernardo, cugino di Cosimo di Lorenzo Rosselli e del pittore e incisore Francesco di Lorenzo Rosselli, figlio di un fornaciaio, aveva bottega tra via Porta Rossa e piazza Santa Trinita ed ebbe poi una lunga carriera, che è stata ricostruita da Anna Padoa Rizzo (Ricerche sulla pittura del ‘400 nel territorio fiorentino: Bernardo di Stefano Rosselli, in "Antichità viva", XXVI, 1987, 5-6, pp. 20-27; Ead., in Maestri e botteghe. Pittura a Firenze alla fine del Quattrocento, catalogo della mostra a cura di M. Gregori, A. Paolucci e C. Acidini Luchinat, Milano 1992, pp. 104-105, 2001, p. 82). Tra 1472 e 1474 è documentato operoso nella Badia di Passignano, dove affrescò le lunette con le Storie dei progenitori del refettorio. Come Neri di Bicci con le Ricordanze, anche Bernardo ha lasciato un Libro di bottega, scoperto in collezione privata da Anna Padoa Rizzo e purtroppo ancora inedito. Rispetto alle opere sicure sue ci sono affinità morfologiche, ma anche obiettivamente uno scarto qualitativo. Nei dipinti della maturità di Bernardo, in genere di destinazione provinciale, i tipi si fanno più stereotipi e vacui e i panneggi più piatti, anche se le scene ripropongono paesaggi tersi e marmi luminosi, indizi di un'educazione nel settimo decennio del secolo, tra Neri di Bicci e il cugino Cosimo Rosselli, allora imbevuto in parte degli ideali ancora della "pittura di luce" (si veda ad esempio la pala col Compianto di Cristo e santi di Santa Maria a Lamole presso Brucianesi, o la pala della chiesa dei SS. Bartolomeo e Jacopo a Terrossola presso Bibbiena, datata 1497).