Jacopo della Quercia
(Siena 1371 ca. - 1438)
LA PRUDENZA
mezza figura sagomata in marmo, cm 37,5x24x15
Bibliografia di riferimento
F. Caglioti, in Da Jacopo della Quercia a Donatello. Le arti a Siena nel primo Rinascimento, cat. della mostra, Siena, Santa Maria della Scala, a cura di M. Seidel, Milano 2010, pp. 78-79, n. A.21
Immagine di grande eleganza e vigore espressivo, che nonostante la superficie dilavata conserva ancora intatto un particolare fascino dichiarando la notevole statura del suo autore, questo marmo raffigura la Prudenza, una delle quattro Virtù Cardinali, caratterizzata secondo un’iconografia diffusa nel Trecento da una testa coronata trifronte, con volti di età diverse: sul retro compare infatti, sbozzato ma ben visibile, un volto senile barbato. L’opera, oggi priva della mano destra (in origine scolpita separatamente e innestata), presenta un caratteristico taglio del busto trilobato, secondo una tipologia ben attestata nella scultura tardogotica, sia per le figure incastonate nei compassi quadrilobi dei sarcofagi che per quelle poste all’apice delle cuspidi: una destinazione quest’ultima cui meglio si addice la lavorazione sul retro, dove inoltre reca lo scasso per una staffa metallica che poteva sostenere il pezzo a una certa distanza dalla parete.
Caratterizzata dalla nitida cadenza falcata del panneggio, dal piglio vigoroso della mano che afferra il panneggio e dalla connotazione carnosa dei tratti fisionomici, l’opera sembra distinguersi dai simili busti lobati di cultura veneta e masegnesca, cui la tipologia potrebbe indurci ad associarla - come, ad esempio, la serie di mezze figure di Profeti conservata nel Kunsthistorisches Museum di Vienna o i Santi della Tomba di Paola Bianca Spinola in San Fermo a Fano (W. Wolters, La scultura veneziana gotica (1300-1460), Venezia 1976, pp. 225-226, n. 148, pp. 232-233, n. 161) -, manifestando una maggiore modernità che, nel rigore formale delle pieghe, nel gesto risoluto e negli accenti naturalistici riscontrabili nei volti e nell’articolazione prensile della mano, richiama gli esordi di Jacopo della Quercia - protagonista assoluto della scultura a Siena, Lucca e Bologna nella prima metà del Quattrocento - in un momento collocabile tra la Madonna della melagrana nel Duomo di Ferrara (1403-8), il Monumento sepolcrale di Ilaria del Carretto in San Martino a Lucca (1406-8) e il Polittico Trenta in San Frediano (1416-22), dove le cuspidi recano figure apicali di concezione affine.
Il nostro marmo, infatti, s’imparenta strettamente con un busto inedito di collezione privata che rappresenta una figura femminile coronata in atto di sorreggere una spada, identificabile dunque nella Giustizia, del tutto simile nel taglio mistilineo, nelle cadenze del panneggio e nella mano artigliata, come anche nella mancanza dell’altra mano: opera già orientata verso la gioventù di Jacopo da Giancarlo Gentilini (relazione inedita, 1989). Inoltre, i due marmi qui riuniti trovano efficaci riscontri fisionomici, nelle grandi orbite dilatate, posturali, nell’accentuata torsione del polso e nell’arpeggio delle dita, e pure nella particolare ricaduta del manto sulla spalla sinistra, con altre due mezze figure di identica tipologia sagomata raffiguranti la Temperanza e la Fortezza (Parigi, Galerie Ratton & Ladrière) recentemente riferite da Francesco Caglioti (op. cit. 2010) proprio a Jacopo della Quercia (la Temperanza, poi riprodotta anche da retro in Galerie Ratton & Ladrière, D’Agostino di Duccio à Caffieri, catalogo della mostra, Parigi 2012, pp. 10-11) “e aiuto” (la Fortezza) con una datazione intorno al 1410-1415.
Per quanto nei due marmi francesi il carattere quercesco appaia più marcato, per la maggiore ampiezza della postura e l’esuberanza del panneggio, possiamo dunque ricondurre i quattro busti, raffiguranti le Quattro Virtù Cardinali, a una medesima struttura, come del resto confermano le misure (l’altezza della coppia, leggermente resecata in basso, è cm 35,7) e la presenza in tutti del foro squadrato tergale per l’ancoraggio: una struttura monumentale affidata a Jacopo della Quercia verso il 1410, portata avanti con l’ovvio concorso di collaboratori in un arco temporale prolungato e forse mai ultimata, reimpiegando variamente le sculture superstiti (i busti rivelano infatti una diversa vicenda conservativa). Si tratta presumibilmente del monumento funebre celebrativo di un personaggio eminente o meglio di un apparato civile, essendo queste le qualità che regolano il comportamento dell’uomo virtuoso e l’armonia della vita sociale: assai pertinente, a tal proposito, appare quindi il richiamo di Caglioti (op. cit. 2010, p. 79) al marmoreo Portale della Sala del Concistoro in Palazzo Pubblico a Siena, eseguito da Bernardo Rossellino nel 1446, che nel progetto iniziale, approntato forse verso il 1414 quando ne furono intagliate le ante da Domenico di Niccolò dei Cori, prevedeva quattro mezze figure delle Virtù Cardinali.
G.G.