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wed 19 October 2016
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Scultore marchigiano attivo intorno alla metà del sec. XV

€ 60.000 / 80.000
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Scultore marchigiano attivo intorno alla metà del sec. XV

Maestro Domenico dal Presepio? 
(documentato a Sarnano, Macerata, nel 1472)

MADONNA IN TRONO COL BAMBINO

statua in legno dipinto e dorato, cm 142x77x60

 

Bibliografia di riferimento

M. Giannatiempo López, in Rinascimento scolpito. Maestri del legno tra Marche e Umbria, catalogo della mostra, Camerino, convento di San Domenico, a cura di R. Casciaro, Cinisello Balsamo 2006, pp. 120-121, n. 7, pp. 122-123, n. 8.

 

 

Questa monumentale Maestà lignea grande al vero - raffigurante la Vergine assisa in trono (privo oggi dello schienale e dei fianchi) in atto di porgere un dono, ora perduto (probabilmente una melagrana, simbolo della Passione di Cristo e dell’unità della Chiesa), al Bambin Gesù che reca un globo dorato, tradizionale attributo del Salvator Mundi -, declina una concezione compositiva salda e solenne, riconducibile a modelli diffusi nella scultura lapidea veneta del secondo Trecento, con accenti espressivi più arguti e terragni, quali spiccano nei tratti vivacissimi del Bambino, e con una preziosa esuberanza decorativa di gusto tardo gotico: aspetti che inducono a ricercarne la paternità tra gli intagliatori attivi durante la prima metà del Quattrocento nelle regioni adriatiche dell’Italia centrale.

In un tale contesto la singolare conformazione del volto di Maria, dal collo e l’ovale assai allungati, la fronte alta, spaziosa e tondeggiante, le labbra e il mento prominenti, gli occhi con le palpebre profilate spalancati a manifestare gioia e uno stupore enfatizzato dalle sopracciglia inarcate e sollevate, insieme all’andamento geometrico, piramidale del panneggio, solcato da pieghe verticali che si frangono in ricadute spigolose, ci consentono di proporre un accostamento ad un gruppo di notevoli sculture in legno del territorio di Camerino, dove quest’arte fu particolarmente vivace fino a tutto il Quattrocento. Si tratta, in primo luogo, di una Madonna orante e un San Giuseppe conservati in Santa Maria di Piazza Alta a Sarnano, ritenuti parte di una complessa ancona prospettata in un lascito del 1462 (come suggerisce anche una derivazione ad affresco nell’abbazia di Piobbico anteriore al 1464) oppure, come la critica è oggi incline a supporre in base a recenti ricerche d’archivio, di un Presepio a figure mobili intagliato per la chiesa San Francesco poco dopo il 1470, presumibilmente da un maestro locale denominato nel 1472 “Domenico de presepio” del quale ben poco sappiamo (M. Giannatiempo López, op. cit. 2006, pp. 120-121, n. 7; E. Vissani, in Vittore Crivelli da Venezia alle Marche. Maestri del Rinascimento nell’Appennino, catalogo della mostra, Sarnano, Palazzo del Popolo, a cura di F. Coltrinari e A. Delpriori,

Venezia 2011, pp. 110-111, n. 4, pp. 178-179, n. 39). Al “medesimo intagliatore” delle due statue di Sarnano, ossia al probabile Maestro Domenico, Massimo Ferretti (in Da Biduino ad Algardi. Pittura e scultura a confronto, catalogo della mostra, Torino, galleria Antichi Maestri Pittori, a cura di G. Romano, Torino 1990, p. 73) aveva da tempo riferito anche la Madonna dell’Impollata di Cessapalombo e un’altra Madonna orante oggi a Parigi nel Museo Jacquemart-André già reputata abruzzese (stilisticamente più avanzata e forse riconducibile proprio al disperso Presepio del 1472): proposte in seguito confermate da Maria Giannatiempo López (op. cit. 2006, pp. 122-123, n. 8), che ha inoltre arricchito la personalità di questo scultore, “originale e isolato nel panorama della plastica lignea fiorita nella signoria dei Da Varano”, attribuendogli pertinentemente anche una Vergine annunziata presso privati, in precedenza creduta senese, e una Santa Lucia tuttora in San Francesco a Sarnano, databile in un momento anteriore (in Il Quattrocento a Camerino. Luce e prospettiva nel cuore della Marca, catalogo della mostra, Camerino, convento di San Domenico, a cura di A. De Marchi e M. Giannatiempo López, Milano 2002, pp. 185-187, n. 31), statua dove le spire affilate del manto offrono ulteriori riscontri alla nostra Madonna che ci appare la testimonianza più antica a noi nota del Maestro.

A confermare la pertinenza a questo nucleo dell’opera che qui si presenta - un tempo assai venerata, come suggerisce il velo scalpellato per applicare sulla testa una corona d’argento - concorre infine la raffinatissima policromia che, attraverso elaborate stesure di lacca e di azzurro intenso (ora virato in nero) sopra estese dorature punzonate e graffite, simula preziosi motivi tessili con esiti del tutto affini alle Madonne di Sarnano, di Cessapalombo, di collezione privata e del Jacquemart-André: una finitura verosimilmente affidata a un pittore di vaglia formatosi nel raggio del grande Gentile da Fabriano.

 

G.G.