Scultore toscano o umbro-marchigiano attivo nella seconda metà del sec. XV
prossimo a Domenico Rosselli
(Pistoia 1439 - Fossombrone 1497/1498)
SAN GIOVANNI BATTISTA GIOVINETTO
statuetta in legno dipinto su base tornita, cm 62x24x16
Bibliografia
M.C. Fabbri, in Mostra dedicata all’effigie di San Giovanni Battista, catalogo della mostra, Firenze, Loggia Rucellai, a cura di S. Bellesi, Firenze 1994, pp. 56-57.
Un’aggraziata naivetè caratterizza quest’affabile statuetta lignea del Battista adolescente in atto di benedire, già presentata in occasione di una mostra sulla raffigurazione del Precursore allestita nel 1994 presso la Loggia Rucellai di Firenze - dove San Giovanni è particolarmente venerato quale patrono della città e della potente Arte della Lana -, come opera di uno “scultore toscano della seconda metà o fine del Quattrocento” influenzato da modelli donatelliani e di Desiderio da Settignano (Fabbri, op. cit. 1994).
Accogliendo un tale orientamento, possiamo osservare che la concisa sintesi formale, la gestualità un po’ meccanica, i tratti del volto arguti e appuntiti, con la peculiare conformazione a mandorla degli occhi e l’accentuata sporgenza del labbro superiore, così come la sottile, vibrante definizione grafica della rustica veste di pelliccia trovano suggestivi riscontri nei lavori in marmo e in pietra di Domenico Rosselli (L. Pisani, Domenico Rosselli a Firenze e nelle Marche, in “Prospettiva”, 102, 2001, pp. 49-66): uno scultore ben noto, formatosi nella bottega di Desiderio, cui spetta il ruolo di aver esportato le novità della plastica fiorentina del primo Rinascimento a Bologna (1460-61) e poi nelle Marche, a Pesaro (1473), Urbino (1475 ca.) e Fossombrone (dal 1480 ca.), dove i fragili, stilizzati santi ‘fanciulli’ del polittico scolpito per la Cattedrale offrono i più adeguati riscontri per prospettare un’attribuzione a questo maestro.
D’altra parte, la capigliatura posticcia (in stoppa o in cartapesta) che in origine completava la testa della figura, tale da far pensare a un “suggestivo prodotto di una religiosità popolare” eseguito per “specifiche esigenze liturgiche che ne prevedevano la temporanea esposizione o l’utilizzo in cortei processionali” (Fabbri, op. cit. 1994, p. 56), può chiamare in causa la produzione ‘polimaterica’ di varie botteghe d’intaglio attive nella Toscana meridionale e nell’area umbro marchigiana, non certo estranee alle più aggiornate sollecitazioni dei maggiori maestri fiorentini (cfr. C. Galassi, Sculture “da vestire”. Nero Alberti da Sansepolcro e la produzione di manichini lignei in una bottega del Cinquecento, catalogo della mostra, Umbertide, Museo di Santa Croce, Città di Castello 2005).
G.G.